“Serafino story”, quando Arquata divenne un set: «Tutto merito di nonna Fausta»

A QUASI 60 anni dall’uscita della pellicola di Germi, il personaggio interpretato da Celentano continua a vivere nel cuore del Piceno, dove fu protagonista. Un'ondata di affetto che non cenna a placarsi. Maurizio Perna e la titanica mostra curata insieme a Dario Nanni, frutto di anni di ricerche sul campo: centinaia di foto, documenti, aneddoti ed articoli di giornale: «Vidi il film per la prima volta da bambino in un cinema parrocchiale di Ancona. Da lì tutto è cambiato»
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di Luca Capponi 

 

E pensare che Pietro Germi “sconfinò” nel Piceno grazie alla signora Fausta di Castel Trione, frazione di Amatrice. Quest’ultima, certo, non poteva immaginare. Ma tant’è. Fu lì che, attorno al 1967, il regista arrivò a inerpicarsi per trovare la location adatta al film che aveva in mente, “Serafino”, con protagonista la star del momento, Adriano Celentano. Cercava un posto malmesso, con animali, contadini e allevatori ruspanti, in grado di restituire l’atmosfera paesana vecchio stampo che aveva in mente.

 

Il mitico Serafino

 

Il sopralluogo però non ebbe esito positivo. Il posto era molto pulito, gli abitanti non erano “fuori dal mondo”, non tanto quanto li avrebbe voluti il regista.

 

«Uscirono tre persone da un macchinone alla cui vista le famiglie del posto si allarmarono un po’. Nonna Fausta uscì dalla propria abitazione a chiedere chi fossero e cosa volessero. Con un gran sorriso uno di loro rispose: “Sono Pietro Germi, un regista, stiamo cercando il posto adatto per girare un film”. La signora offrì loro il caffè, Germi chiese spiegazioni sul perché il paese non fosse come glielo avevano descritto, anche a livello “architettonico”. Le disse anche che il paese era troppo bello e lei troppo gentile. “I luoghi che cerca si trovano non molto lontano da qui, verso Arquata”, rispose Fausta».

Dustin Hoffman e Pietro Germi sul set di “Alfredo Alfredo”, girato ad Ascoli nel 1971

 

Il destino cambiò più o meno in quel momento. Di lì a poco nell’immaginario fervido di Germi sarebbero arrivate Spelonga, Capodacqua, Colle e compagnia. L’Arquatano. Il luogo ideale, quello che si attagliava perfettamente alla storia che aveva in mente. A raccontare l’aneddoto è Maurizio Perna, uno che con quel destino ha avuto non poco a che fare. La sua storia con “Serafino” inizia temporalmente circa due anni dopo. Aveva 8 anni suppergiù quando i genitori lo portarono a vedere il film in questione in un cinema parrocchiale di Ancona, alla fine degli anni ’60.

 

Da quella visione, idealmente, è partita un’avventura che, oggi, si materializza in centinaia di foto, documenti, testimonianze e aneddoti che Maurizio ha raccolto nel corso del tempo. Materiale copioso, che costituisce l’ossatura di una mostra a tema che vale la pena di visitare. Dentro, infatti, si trova tanta di quella vita vissuta che Germi cercava e che con lungimiranza aveva cercato di imprimere nella memoria per far sì che non si perdesse, travolta dai ritmi della modernità. Volti, usanze e modi di essere scoloriti dal bianco e nero, ma che parlano ancora con tenacia di tutto un entroterra montano, tra Marche e Lazio, a cui lo spopolamento prima e il sisma adesso stanno dando il colpo di grazia. Posti che, così com’erano, non ci sono più.

 

Il testo continua dopo l’immagine 

 

È proprio Maurizio, dalla città in cui vive dal 1972, Perugia, a raccontare come tutto ha avuto inizio. E come certi legami possano resistere, anzi rinvigorirsi, quando è il cuore a comandare.

 

«I miei genitori rimasero affascinati da “Serafino“, perché gli ricordava la vita quotidiana passata nel paese natio dell’Appennino umbro-marchigiano, vicino Colfiorito – spiega -. Mi parlavano spesso di come Germi era riuscito a tratteggiare situazioni e vicende per loro familiari, che avevano realmente vissuto. Anche io, avendo frequentato il paese fino ai 18 anni, ho un ricordo vivido di questa vita lenta, di pastori e contadini. Solo dopo riuscii a scoprire dove era stato girato il film, non lontano da Perugia, in zone tra i Monti della Laga e i Sibillini che già frequentavo e che quindi conoscevo molto bene: quando realizzai che erano le stesse location utilizzate da Germi, fu un’emozione incredibile».

 

Si sa che tutte le emozioni di un certo tipo hanno un effetto potente sull’animo. Basta solo attendere, a volte. Uno dei tanti passaggi televisivi del pastore buono impersonato dal “molleggiato”, ad esempio.

 

«Un giorno scattò una molla nel mio cervello – conferma Perna -. Mi trovavo proprio nel paesino dei nonni, e guarda caso un pomeriggio d’estate programmarono “Serafino” in tv. Vedendolo, mi è venuta l’idea di trovare materiale relativo al film per poterlo poi conservare a livello personale, per avere un ricordo. La prima telefonata che feci fu alla libreria “Rinascita” di Ascoli Piceno per chiedere se avessero qualcosa che trattasse di “Serafino”, foto o libri. Mi risposero che c’era un opuscolo che parlava di Spelonga dove erano state incluse anche delle fotografie. L’autore era Dario Nanni, che poi è diventato il co-autore della mostra fotografica, architetto di Spelonga ma che vive ad Ascoli. Lo contattai e da lì nacque questo sodalizio, l’idea di poter fare qualcosa insieme».

 

«All’inizio, ribadisco, la mia ricerca era prettamente personale, volevo conservare per me ciò che trovavo – continua -. Poi però Dario mi suggerì potevo arricchire il tutto direttamente nei posti dove avevano girato il film, così cominciai a bussare a tutte le porte, letteralmente, tra Amatrice e soprattutto Arquata e dintorni. Fu così che la mole di materiale divenne davvero elevata. La ricerca della documentazione che va da foto ad articoli di giornale dell’epoca fino a moltissime descrizioni ed aneddoti, è stata molto lunga e faticosa, ma bellissima, e ci ha portato ad ampliare quella che fu la vecchia mostra, allestita con pochissimi pannelli. Oggi siamo arrivati a ben trenta pannelli». 

Un ricerca partita nel 2008, che ha portato Maurizio anche ad approfondire ulteriormente la conoscenza di tante persone. A coglierne la gentilezza e la spontaneità. Senza sosta, coadiuvato dal figlio Gabriele.

 

«Con mia grandissima sorpresa, tutti mi hanno dato qualcosa, una foto, un ricordo, un articolo di giornale – conferma -. È grazie anche alla generosità degli abitanti di queste zone che poi ha deciso di riunire tutto in una mostra aperta al pubblico. Siamo riusciti anche ad interpellare parecchi attori, comparse, collaboratori. All’inizio, come ho detto, andavo casa per casa. Poi con il tempo sono riuscito a trovare tante cose anche grazie ai social. Addirittura mi ricordo che per trovare gli articoli dei giornali dell’epoca siamo andati una volta alla Biblioteca Comunale di Ascoli e una in quella di Rieti. Ancora oggi, nonostante siano passati anni, riusciamo a trovare qualcosa».

Maurizio Perna

 

Operazioni del genere nascondono un doppio effetto benefico: da un lato restituire storia ad un territorio, dall’altro fermare in maniera semplice, per così dire, il tempo ed i suoi effetti. Riassaporandolo, anche solo per un istante.

 

«Prediligo i film del neorealismo, da De Sica a Visconti passando per Rossellini, Lattuada – spiega Perna -. Ma per Germi ho una passione particolare; oltre alle storie intense, mi piacciono le ambientazioni dei suoi film, location sempre molto particolari. Per “Serafino” ci furono critiche negative, molti dissero che aveva perso l’intensità dei suoi contenuti, ma ebbe un enorme successo tra il pubblico. Anche se nel ’68 la corrente neorealista era terminata, in “Serafino” Germi continua a tratti su quella linea utilizzando moltissime persone dei paesi scelti come comparse, le fece parlare, le inquadrò con la camera in primissimi piani, cogliendone tutta l’espressività».

Gabriele Perna

 

«Vero, con la mostra abbiamo voluto fermare il tempo e ricordare che fu un evento eccezionale soprattutto per realtà così piccole, ritrovarsi all’improvviso in mezzo a un set cinematografico con tanto di regista del calibro di Germi – continua -. L’atmosfera e la genuinità che la dimensione paesana trasmetteva è quello che appassionò Germi. Scegliendo Spelonga, selezionando i volti, non solo di attori già conosciuti, ma di gente del posto, aveva in mente di recuperare l’atmosfera di una dimensione perduta, di ingenuità, se vogliamo. In fondo Serafino è un grande ingenuo, alle prese con la malafede dei parenti».

 

Gli aneddoti sono davvero tanti, e tutti interessanti. Dall’arrivo del Molleggiato ad Amatrice insieme alla mamma Giuditta, alla moglie Claudia Mori ed ai figli (alloggiarono nel rinomato albergo “La Conca”), fino alle sorelle Mezzetti (Anna Maria di 15 anni e Aurora di 17 anni), anch’esse di Amatrice; Celentano, scrupoloso nell’abbigliamento, notò i loro prodotti nel piccolo laboratorio familiare di maglieria artigianale e cominciò ad ordinare maglioni su maglioni, tra cui quelli che indossa nel film, tanto che le sorelle arrivarono a dover trascurare la normale clientela.

 

 

«Claudia Mori ai tempi era un’icona di stile, per le ragazze dell’epoca era un punto di riferimento – svela Perna -. La parrucchiera Fernanda, che faceva i capelli a tutte le signore e alle ragazze di Amatrice, diventò la parrucchiera personale della Mori. Tutte nel ’68 volevano i capelli come lei. Fernanda ogni mattine andava a pettinarli nell’albergo. Ma c’è di più. La domenica la famiglia Celentano si recava a messa e tutti andavano a vedere come si vestivano. Quello che colpì la popolazione fu che la mamma di Celentano, in piena primavera metteva, sempre i sandali leggeri, fini, con sopra il cappotto».

Dario Nanni, che cura la mostra insieme a Perna

 

Perna è arrivato anche a contattare le figlie di Francesca Romana Coluzzi, che nel film è Asmara, Gino Santercole (storico membro del Clan di Celentano, che nel film è un militare) e lo scenografo/arredatore Andrea Fantacci, ma anche interpreti di parti minori e comparse.

 

«È stata veramente una bella ricerca – conclude sorridendo – ho coinvolto talmente tanta gente che sinceramente non mi ricordo più nemmeno i nomi». 

 

Comprensibile, è dire poco. Da ricordare, ora, non resta che una cosa molto più semplice: per tutto il mese di agosto, infatti, la mostra curata da Nanni e Perna sarà visitabile in quel di Spelonga nell’ambito della Festa Bella, suggestiva rievocazione della Battaglia di Lepanto che si tiene ogni tre anni in loco. Appuntamento da segnare sul taccuino.

 

“Serafino story”: quanti omaggi per “fiorin” Celentano

 

 

 

 

 

 

 

 


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