Si è concluso “Armillae“, il 1° Convegno Internazionale sull’Anellone Piceno ideato e curato dall’antropologo Giacomo Recchioni, direttore del Museo Vidacilius. Una due giorni interessante in cui davanti ad un folto e attento pubblico si è ripercorsa la storia di quello che è considerato un elemento enigmatico e fortemente identitario del territorio Piceno facendo il punto sugli studi che lo riguardano grazie agli interventi di Stefano Papetti, Giacomo Recchioni, Carlo Bachetti Doria, Oronzo Mauro, Americo Marconi e Walter Scotucci. Quest’ultimo, dopo i saluti del sindaco Marco Fioravanti e del consigliere Patrizia Petracci, per la prima volta ha esposto la sua tesi inerente l’uso di questo reperto risalente al VI sec. a.C.
«Partendo – spiega Scotucci – dalla considerazione che le sacerdotesse della Dea Cupra erano certamente dedite a bagni, lustrazioni e balli rituali collegati alle acque, dispensatrici di fecondità e di vita, ai riti di purificazione, di passaggio, di iniziazione e più in generale a rituali legati alla sfera della fertilità, al sole, alla primavera e alla rinascita della vita, ho ipotizzato un uso dell’anellone, fino ad oggi mai proposto che ho presentato per la prima volta proprio in occasione del convegno. In base a tale ipotesi sei giovani donne vestite di tuniche bianche leggere (pepli) danzano in cerchio equidistanti, con grazia, in pose fluide e movimentate, con i vestiti che svolazzano al ritmo della danza e con i capelli raccolti in acconciature classiche. Al centro è sospeso un anellone di bronzo a sei nodi, equidistanti anch’essi. Da lì partono sei cinture (di cuoio ?) larghe e tese che scorrono intorno all’anello, tra un nodo e l’altro mantenendolo sospeso, che si tendono avvolgendosi alla vita di ogni danzatrice».
«Le sei cinture tese formano qualcosa di simile ai raggi di una ruota mentre le sei donne equidistanti girano, ballano e si muovono con grazia creando un magico effetto di tensione e di armonia con gli abiti e le pieghe che fluiscono seguendo il ritmo cadenzato del ballo in un’atmosfera eterea, dinamica e solenne – continua – . Le cinture emanano, nel movimento, un leggero bagliore, quasi fossero raggi simbolici di luce o fasce di energia che si dipartono dall’anellone (lucido e dorato) e raggiungono le danzatrici. È il ballo rituale e simbolico delle sacerdotesse della Dea Cupra che partecipano alla loro danza sacra mantenendo nel movimento una perfetta geometria della scena che si svolge all’aperto o in un giardino. Una danza rituale che allude al magico incastro tra la forza del Sole e la forza della Terra dove pure abitano le acque della generazione tanto care alla dea. L’anellone conferma dunque, secondo questa ipotesi e anche in base all’uso che se ne propone, una chiara valenza cosmica di simbolo solare peraltro già attestata in letteratura».
A dare lustro all’iniziativa Armillae 2025, moderata dalla giornalista Piersandra Dragoni, è stata la visita del Ministro per la Famiglia Eugenia Roccella a cui il personale del Museo Pimu ha donato una riproduzione dell’Anellone Piceno.
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