di Luca Capponi
Una voce immortale. Che neanche falsità, invidia ed ipocrisia sono riuscite a spegnere. Nonostante i tentativi innumerevoli che pure l’avevano confinata lontano, in un’emarginazione indotta. Dove la sua immensa arte era ridotta a materia da sagra.
De Gregori, nel suo brano-ritratto “Mimì sarà”, aveva utilizzato la metafora dei cani che ci “girano intorno con le bocche fumanti”, quelli che “stanotte alla porta li sento abbaiare”. Erano quelli che l’avevano demolita, la cui gran parte orbitava attorno al mondo dorato della musica da lei stessa frequentato.
Sono passati trent’anni dalla scomparsa di Mia Martini. Domenica Rita Adriana Bertè. Per tutti Mimì. “Tanti nomi per un’unica immensa artista”. Così viene giustamente descritta all’inizio dell’omaggio che, nella serata di lunedì 8 dicembre, è andato in scena in un Teatro Filarmonici sold out per l’ultimo appuntamento della rassegna “Filo di Arianna”, organizzata dalla meritoria associazione “Ascoli Piceno Festival”.
Diciotto live (più sette destinati alle scuole), tutti caratterizzati da qualità e selezionati con cura dalla direzione artistica di Giuliano De Angelis. Refrain confermato anche dallo show finale, dove i 30 dell’Orchestra Duchi d’Acquaviva e del Bettino Padovano Pop Ensemble, diretti dal maestro Roberto Molinelli, e la voce di Vanessa Chiappa hanno accompagnato il pubblico nel mondo di Mimì. Lì, tra le sfumature graffianti dell’anima di un’interprete unica.
Dalla nascita a Bagnara Calabra, siamo nel 1947, fino agli anni dell’infanzia trascorsi proprio nelle Marche, dove si era nel frattempo trasferita la famiglia, tra Porto Recanati e Ancona; dal primo contratto discografico firmato a 14 anni passando per il rapporto burrascoso col padre; e poi il successo dopo la dura gavetta, la sorella Loredana, gli anni romani, fino agli amori infelici, su tutti quello con Ivano Fossati, le calunnie e le malelingue di chi sul carro ci sale solo quando conviene.
Nello spettacolo, il racconto (voce recitante di Nicola Gaggi) si mescola ai capolavori riarrangiati: “Minuetto” (scritta per lei da Califano), “Padre davvero”, “E non finisce mica il cielo” “Gli uomini non cambiano”, “Cu’mme” con il mito Roberto Murolo, persino “Stiamo come stiamo”, portata a Sanremo 1993 in coppia proprio con Loredana, fino al finale da colpo al cuore che è “Almeno tu nell’universo”, la canzone della rinascita, il passo definitivo verso il sublime.
«Occhio, che è veramente forte», diceva di lei l’immensa Mina nel 1979, alla domanda su chi fosse la voce femminile più interessante del futuro prossimo. Futuro che è andato ben oltre, perché il tempo ha sancito ciò che le bugie hanno provato a infangare. E cioè che Mia Martini è divenuta, a suo modo, eterna. Come un diamante.
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