La dottoressa Maria Teresa Nespeca
di Franco De Marco
Il 2 luglio, giovedì, riaprirà l’Hospice di San Benedetto.
«E riaprirà anche con un solo ospite», annuncia convinta la dottoressa Maria Teresa Nespeca direttrice del Distretto di San Benedetto dell’Area Vasta 5.
Il problema fu anche oggetto di una polemica da parte delle organizzazioni sindacali.
Ora, invece, riprenderà regolarmente, come tutti gli altri reparti del “Madonna del Soccorso” dopo la fine della fase clou della pandemia, in attesa, naturalmente, che giungano i primi ospiti.
Anche questo, dunque, è un segnale di ritorno alla normalità.
Il servizio offerto dall’Hospice è come noto molto particolare ed ha risvolti non solo medici ma anche e forse soprattutto psicologici.
Si tratta di una struttura di accoglienza e ricovero di malati terminali, in maggior parte oncologici, dove l’obiettivo è fornire le migliori cure palliative quando non è più possibile farlo a domicilio.
L’esplosione del Coronavirus ha inevitabilmente provocato il venir meno della fruizione di questo servizio a seguito del fatto che per i familiari – la cui presenza accanto al malato è decisiva – non potevano essere presenti accanto al paziente per il divieto, ancora vigente in linea generale in tutte le Marche, di visitare i ricoverati.
«Stiamo avvisando tutti i responsabili delle Unità operative dell’Area Vasta 5 e i medici di famiglia – spiega Maria Teresa Nespeca – che appunto dal 2 luglio il servizio sarà regolarmente in funzione.
Indipendentemente dalla presenza o meno di ospiti.
Il personale utilizzato sarà sempre lo stesso di prima del Coronavirus ovvero 6 infermieri, 6 oss e un coordinatore oltre al medico e allo psicologo.
Se nella prima fase di avvio non arriveranno ospiti, questo personale potrà magari essere utilizzato per eventuali sostituzioni ma sarà sempre a disposizione dell’Hospice».
Ma come potrà essere risolto il problema della presenza, accanto al malato, dei familiari?
Se durante il lockdown i familiari hanno scelto di non portare il malato terminale in ospedale è stato proprio per l’impossibilità di stargli vicino.
I decessi di questi malati terminali sono dunque avvenuti a casa.
Ora come potrà essere rimosso questo ostacolo sempre garantendo la massima sicurezza rispetto al Coronavirus?
L’inaugurazione dell’Hospice di San Benedetto
«Stiamo valutando tutte le possibilità per garantire un servizio adeguato. Compresa la vicinanza del familiare», assicura la direttrice del Distretto sambenedettese.
Si attendono, evidentemente, anche le nuove disposizioni dell’Asur.
Difronte ad un malato terminale non è accettabile, dal punto di vista umano, vietare la vicinanza di un proprio caro. In questo caso, più di altri, non può essere sufficiente il contatto tramite telefonino o I pad o magari attraverso una barriera di plexiglass. Troppo crudele.
Ci sarà una deroga o comunque un protocollo particolare?
L’Hospice di San Benedetto, gestito dal locale Distretto, è collocato al quinto piano dell’ospedale “Madonna del Soccorso”.
Venne inaugurato nel dicembre dell’anno scorso come, giustamente, una grande conquista di civiltà.
Ci sono otto posti letto in altrettante camere separate l’una dall’altra.
Camere anche personalizzate nel senso che si cerca di far sentire il paziente, per quanto possibile, come se fosse nella propria abitazione.
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