Giorgio Montanini
di Luca Capponi
In un paese dove la dignità è merce rara, gente come Giorgio Montanini rappresenta l’eccezione. Il caso limite. La mosca bianca. Colui che non vince mai in un mondo di trionfalisti. E che dalla sua ha solo l’eloquio. Come tutti i comici, pochi, degni di questo nome.
«Quelli come Keaton o Chaplin vengono dalla miseria, dal dolore, dalla tragedia, sono personaggi che possono permettersi di essere spietati perché perdono sempre». “Eloquio di un perdente”, appunto, è il titolo dello spettacolo che Montanini, fermano classe 1977, porterà al teatro Ventidio Basso giovedì 19 aprile alle 21. «Il titolo non c’entra con lo spettacolo in sé ma vuole essere un monito, in un momento in cui i comici elevano il loro status a quello di politico, di asceta, ecumenici quasi come Bergoglio, e non si rendono conto invece di rappresentare solo una bestemmia culturale e democratica» affonda il Nostro, come sempre senza peli sulla lingua, riferendosi in maniera esplicita a personaggi come Benigni o Grillo.
«Il primo poteva diventare un grande ma è passato da film come “Berlinguer ti voglio bene” a paraculate come “La vita è bella”. Il secondo, invece, non è mai stato mai nemmeno un comico ma solo uno con battute da bar che mio padre con la terza media ne faceva di migliori. -prosegue- Il comico è l’antitesi esatta del politico; il comico non cerca il consenso, il politico sì, e nel momento in cui l’intervento del comico diventa un programma politico tradisce la sua missione, spezza l’equilibrio democratico. Siamo tornati a un livello primitivo, non abbiamo più l’evoluzione culturale che ci permette di distinguere quale sia uno e quale l’altro».
Sul palco del Massimo ascolano Montanini ovviamente non si risparmierà, spaziando tra attualità, luoghi comuni, narcosi collettiva, con il solito piglio corrosivo, da vero stand up comedian di razza. Con molti meno filtri rispetto alle sue, comunque ardite rispetto alla media del contesto, parentesi televisive: “Nemico pubblico”, sua creatura in tutto e per tutto, ma anche le incursioni a “Ballarò”, “Nemo” o “Le Iene”.
«Il piccolo schermo è un mezzo come il teatro o la stampa, con cui ho un rapporto meraviglioso. Il mio obiettivo non è fare tv, ma utilizzarla per raggiungere più persone possibile e veicolare ciò che voglio dire; se poi la tv non mi permetterà più di farlo, amen, la vera dimensione del comico è quella dal vivo. Sicuramente non mi vedrete mai a fare il giudice ad X Factor come Agnelli o a Zelig, non andrei mai in un programma della De Filippi, perché uno spazio del genere distruggerebbe il mio messaggio». Poi la stoccata, tornando sul leader degli Afterhours:
«Quelli come Manuel Agnelli e Fabri Fibra rappresentano il peggio, gente che si è venduta e ha tradito ciò che era in nome dei soldi, prendendo in giro molti. Gente come loro al giorno d’oggi è la normalità, invece dovrebbe essere il contrario. Io non mi venderò mai, per nessuna cifra: morirò con meno soldi, ma felice».
«Mi piace toccare i nervi scoperti, è il mio motivo, non ho paura della reazione della gente, godo nel farlo» racconta col suo tono sempre irriverente. Che a volte, soprattutto nel mare magnum della rete, viene tacciato di essere gratuitamente provocatorio. «Se devo parlare di oncologia a un convegno con i migliori dottori del mondo non vado là a dire che il tumore si cura col bicarbonato, nessuno mi si filerebbe. -spiega- Discuto della qualità della mia comicità con colleghi o chi ne capisce, il pubblico può applaudire o alzarsi, venire o meno, ma entrare nel merito non glielo concedo».
Infine il calcio, una delle sua passioni (è interista), tanto che spesso è intervenuto come ospite a “Quelli che il calcio” o “La Domenica sportiva”. Un altro mondo, quello del pallone, particolarmente controverso, tra eccessi e scandali. «A me piace il calcio, ma se il risultato di una partita deve diventare motivo di vita o morte allora no, chi pensa questo è un cretino, la vita è fatta di altre cose. -conclude- Ci deve essere la consapevolezza che il calcio vecchia maniera non esiste più, è globalizzato anch’esso. Però almeno guardando le giocate di gente come Ibrahimovic o Icardi mi gaso perché vedo qualità, vedo i numeri, anche se c’è show business. Non come ad X Factor, per esempio, dove c’è solo business perché la qualità fa schifo».
Che poi, anche se alla fine non avesse detto “schifo”, avremmo capito lo stesso. D’altronde una delle capacità che ha Montanini è quella di comunicare in maniera efficace, oltre la parola. Proprio come i comici, quelli veri. Sempre più eccezione in un mondo che non pensa più.
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