di Gabriele Vecchioni
La Provincia di Ascoli Piceno fa parte della regione Marche; ha una superficie di 1.228,23 kmq e una popolazione di poco più di 200.000 abitanti (circa il 14% della popolazione delle Marche), residenti in 33 comuni. Prima del 2009 comprendeva anche quella che è, attualmente, la provincia di Fermo (l’istituzione della quale è del 2004), che ha una superficie di 862,77 kmq, 40 comuni e poco meno di 170000 abitanti (circa 11% del totale regionale). Insieme, le due province costituivano il nucleo centrale della cosiddetta regione picena, un attributo rimasto al capoluogo Ascoli Piceno ma presente anche in località dell’Ascolano (esempio, Acquaviva Picena), del Fermano (Belmonte Piceno) e del Maceratese (Potenza Picena, Loro Piceno).
Al di là della riuscita politico-economica di questa suddivisione che, di fatto, ha creato due mini-province, qui vogliamo analizzare brevemente l’origine dell’entità territoriale.
«Il termine “Piceno” si riferisce sia a un’antica popolazione italica, sia a una regione storica dell’Italia centrale, e a un dialetto sabellico (Enc. Treccani)». I Piceni erano stanziati nel territorio compreso tra i fiumi Foglia (nelle attuali Marche settentrionali) e Aterno (nell’attuale Abruzzo).
L’antico popolo piceno (i Picenti), era composto (in epoca preromana) da diverse tribù di agricoltori e pastori, stanziatesi nella Penisola durante l’Età del Ferro (circa tra secc. X-VIII AC). Parlavano una lingua affine all’umbro o derivata da una sua fase arcaica.
L’occupazione di aree delle Marche meridionali da parte di queste popolazioni si deve al rito del ver sacrum, una migrazione sacra di gruppi tribali che, per ridurre la pressione antropica sul territorio dell’area sabina, si spostavano alla ricerca di terre fertili e nuovi pascoli per il bestiame. I gruppi erano “guidati”, nella ricerca, da un animale totemico; nel caso dei Piceni, l’animale era un picus, nome latino del picchio verde, uccello sacro a Marte: oppure da una figura mitica, il re Pico: il picchio (o Pico) avrebbe dato il nome ai Piceni.
I Romani denominarono Picenum la regione abitata dai Picenti; in realtà, l’Ager Picenus era il territorio a nord del fiume Tronto e l’Ager Praetuttianus (abitato dai Pretuzi) la parte meridionale.
In età augustea (dal 44 AC al 14 DC, il periodo, cioè, compreso tra la fine della Repubblica e l’inizio del Principato, la forma di governo di Augusto) il Piceno diventò la V Regio.
Dopo aver visto l’origine del nome passiamo a esaminare brevemente le caratteristiche del territorio. Prima però, un’avvertenza: i lettori interessati a conoscere il susseguirsi degli eventi che hanno portato dal Picenum fino alla costituzione delle due piccole province “picene” attuali, potranno avere soddisfazione effettuando una facile ricerca, anche in rete.
La provincia, pur se poco estesa e con una popolazione non-elevata, è un contenitore di diverse peculiarità, con un ricco patrimonio, materiale e immateriale. Vediamo alcuni punti particolarmente interessanti, iniziando dall’aspetto fisico del territorio.
Nell’area montana del Piceno si incontrano due Parchi Nazionali: quello dei Monti Sibillini, all’interno del quale è situato il Monte Vettore (tetto delle Marche, 2476 metri) e il Gran Sasso-Laga, comprendente la vetta più alta dell’intera catena appenninica, il Gran Sasso, 2912 m, e quella più elevata del Lazio, il Monte Gorzano, 2.458 metri.
La costa della provincia (il litorale sabbioso si affaccia sull’Adriatico e si estende per circa 20 km) presenta una buona varietà di spiagge, sia attrezzate sia libere, con alcuni tratti protetti (la sentina di Porto d’Ascoli).
Interessante anche i cosiddetti “luoghi dell’acqua”, con corsi d’acqua di buona portata, cascate e laghi, tra i quali quello glaciale di tipo alpino di Pilato, il più alto (a 1941 m) lago naturale delle Marche.
La provincia contiene anche interessanti memorie storiche, quali le architetture difensive come rocche (Arquata del Tronto), fortezze (Ascoli Piceno) e castelli (Marano e Sant’Andrea a Cupramarittima): testimonianza di eventi e personaggi del Piceno.
Una menzione speciale va ai luoghi della spiritualità, che ricordano come il territorio piceno sia stato, nel tempo, luogo di pellegrinaggio: troviamo monumenti importanti, quali la chiesa di San Francesco nel capoluogo, l’Abbazia di San Benedetto a Valledacqua, una frazione di Acquasanta Terme; Santa Maria della Rocca a Offida e il convento di San Giacomo a Monteprandone. Interessante la presenza templare a Castignano e all’Eremo di San Marco, sul colle omonimo che domina la città di Ascoli.
Una così cospicua presenza di testimonianza storiche ha favorito la nascita e il consolidamento di storie fantastiche che rendono il Piceno una “terra leggendaria”. Ricordiamo, oltre ai miti della fondazione di Ascoli con il contributo del picchio (che, per inciso, è stato scelto per essere effigiato sullo scudo regionale), le storie relative al Lago di Pilato, alla Fate della Sibilla e al Ponte di Cecco.
La presenza sul territorio di tante memorie, di borghi antichi e di città dalla storia millenaria ha portato alla volontà di realizzare rievocazioni storiche che, nel corso degli anni, hanno attirato migliaia di turisti, con una buona ricaduta sulle attività economiche. Tra queste celebrazioni, la Giostra della Quintana ad Ascoli, la Festa Bella di Spelonga di Arquata, che si ripete con cadenza triennale e diverse altre. Vanno ricordati anche i carnevali storici di rilevanza nazionale (Ascoli Piceno, Offida, Castignano, Pozza-Umito di Acquasanta Terme).
Per completare l’aspetto turistico di questa attrattiva provincia, basta ricordare il ricco sistema museale piceno (sul territorio sono presenti circa 80 interessanti realtà. Ne ricordiamo solo alcune: la Pinacoteca ascolana, Il Museo del Mare di San Benedetto del Tronto, i Musei Sistini del Piceno, una rete di musei di arte sacra (es.: Montalto delle Marche).
Per concludere questo rapidissimo excursus del Piceno, ricordiamo le sue eccellenze gastronomiche. Le ricette della cucina locale sono legate alla tradizione e così, in una regione dove bastano poche decine di chilometri per passare da ambienti di montagna al mare, è possibile apprezzare menu di carne e di pesce. Prodotti della terra come il pregiato tartufo nero, lo zafferano e l’anice verde; ricette elaborate: olive all’ascolana e brodetto alla sambenedettese, solo per rimanere nell’ambito delle specialità più conosciute in campo nazionale (e internazionale). Per i dolci, i funghetti di Offida e il frustingo, tradizionale prodotto dell’entroterra.
Lo spazio a disposizione ci impedisce di dilungarci, pertanto solo poche righe per menzionare gli antichi mestieri della popolazione: i ramai di Force, i cavatori di travertino di Acquasanta, le bravissime operatrici del merletto a tombolo di Offida.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati