di Maria Grazia Lappa
Il sole ha raggiunto il punto più alto nel cielo e, lentamente, comincia il suo viaggio al contrario. Paradossalmente, il Solstizio d’estate, il 21 giugno, rappresenta l’inizio dell’oscurità e il cammino verso l’inverno. I Romani avevano posto Giano, il dio bifronte, a sorvegliare l’andare e venire, l’alto e il basso, il pro e il contro, il tempo e le cose.
La Chiesa ha dedicato al Solstizio d’inverno e d’estate due figure di San Giovanni. La notte di San Giovanni, che cade tra il 23 e il 24 giugno, è una festa magica, ricca di riti e leggende, legata al solstizio d’estate e alla figura di San Giovanni Battista. Nell’entroterra, nei paesi della dorsale appenninica, questa festa è molto sentita e ha un ruolo di grande importanza, arricchita da riti propiziatori: il falò, la raccolta della rugiada (simbolo della luna), delle erbe e la preparazione dell’acqua di San Giovanni, il tutto intriso di magia e tradizioni popolari, che ancora oggi resistono fiere al tempo.
Nel martoriato comune di Montegallo esiste una frazione, oggi completamente distrutta, chiamata Rigo, dove si trovava la chiesa di San Giovanni, che dipendeva da San Giovanni in Laterano a Roma. La splendida chiesa era in pietra arenaria, con una torre campanaria del XVI secolo, una facciata semplice e lineare, e un campanile a vela con due campane. All’interno, era conservata una splendida pala d’altare del XVI secolo, raffigurante la Madonna in trono con il Bambino tra San Giovanni Battista e San Sebastiano. In questo piccolo borgo, incastonato tra valli e fossi, la festa di San Giovanni era particolarmente sentita. Tra le montagne della Sibilla, questa tradizione assume un significato molto profondo. È una festa vissuta in maniera comunitaria, un momento di gioia, ma anche di inquietudine e paura, che ribadisce l’eterna lotta tra il bene e il male, l’interrogativo umano sul perché della gioia, della luce e della vita. Ma nello stesso tempo, si interroga sull’inganno e sul male, poiché la stessa luce che va oltre la vita può bruciare e distruggere.
In questa fase si sviluppano i riti beneauguranti più importanti dell’anno. In questo contesto, si creano energie cosmiche che potenziano i riti magici. Nell’Appennino piceno, terra di santi, maghi e negromanti, la notte di San Giovanni diventa la notte delle streghe, dei folletti, dei malefici e degli incantesimi. È una notte di riti, alcuni particolarmente cari alla gente, come la raccolta delle erbe, che in questo momento sprigionano energie positive, virtù curative e protettrici. Nell’immaginario collettivo, queste erbe vengono utilizzate anche per scacciare i demoni. Secondo la tradizione, si raccolgono le erbe, ancora intrise di rugiada, che simboleggia la luna. Tante sono le piante che, in questo periodo, assumono particolare importanza: artemisia, iperico (erba di San Giovanni), felce maschio, lavanda, ribes, salvia (dal latino salus, salute), verbena, rosmarino (fonte di gioventù), rosa, ginestra, spighe.
Un ruolo fondamentale viene assunto dall’acqua di San Giovanni, che viene associata a quella battesimale, purificatrice e rigeneratrice. Erbe profumate e fiori vengono lasciati nell’acqua all’aperto durante la notte incantata che precede la festa. Secondo la tradizione popolare, bisogna lavarsi il viso volgendo verso il sole nascente. Per i Romani, il giorno di San Giovanni era il giorno della fortuna, ecco perché la notte di San Giovanni è il momento ideale per bruciare vecchie erbe e piante nei falò e raccogliere quelle nuove da impiegare nelle future “operazioni magiche”. Era anche l’occasione per accendere focolari propiziatori per allontanare il maligno, e nelle antiche società rurali si chiedeva la protezione dei campi. È il momento per raccogliere le noci ancora immature per preparare il nocino e apporre sotto il cuscino un mazzetto di erbe di San Giovanni per avere sogni premonitori.
Insomma, una notte magica, considerata decisiva per il destino dell’intero anno solare, in cui le persone cercano la fortuna. È una notte mistica, festeggiata da molte culture in diversi modi, con falò rituali, lavacri di purificazione e altre pratiche divinatorie: è il momento in cui il fuoco combatte le tenebre. È l’occasione per riflettere su quanto sia importante custodire le vecchie tradizioni per proiettarsi nel futuro. L’entroterra verrà ricostruito, ma oltre al patrimonio architettonico, sarà necessaria la riscoperta delle radici più autentiche. È fondamentale riscoprire i racconti, che vanno oltre la bellezza dei luoghi, per ritrovare il patrimonio orale, le feste antiche e le leggende, che ancora oggi danno vita all’identità di quei straordinari luoghi.
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