Crisi Hp, verso l’esubero 100 dipendenti. La rabbia dei sindacati: «L’azienda ci ha sempre negato il confronto, nessuno non si è mosso»

ASCOLI - Cigl, Cisl, Uil denunciano la situazione che ha portato alla cassa integrazione straordinaria della grande azienda metalmeccanica: «Avevamo avvertito, ma non siamo mai stati ascoltati. Ora fondamentale l'aiuto delle istituzioni»
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Seduti Alessandro Pompei (Fiom-Cigl), Samuele Puglia (Fim-Cisl) e Raffaele Bartomioli (Uilm), in piedi Luca Di Mattia, Matteo Fabbiani, Roberto Moretti e Stefano De Cesaris (Rsu)

 

La rabbia di chi aveva visto i nuvoloni all’orizzonte ma il cui grido di allarme non è stato ascoltato. La crisi dell’Hp Composites, secondo i sindacati di Ascoli Fiom-Cigl, Fim-Cisl e Uilm, poteva essere gestita in maniera migliore. E invece ora rischia di tradursi in un vero e proprio terremoto sociale.

 

Dopo le dimissioni del dg Levato, l’annuncio di “crisi aziendale” e lo scoppio di una vera e propria «bomba», come la definisce senza mezzi termini Samuele Puglia di Cisl, ora i dipendenti dell’azienda, 537, andranno in Cigs, Cassa integrazione guadagni straordinaria, per i prossimi 12 mesi. Cassa integrazione che non sarà anticipata dall’azienda, che non ha pagato il welfare ai dipendenti a causa dei problemi economici in cui versa. Non a caso c’è bisogno di uno snellimento: a farne le spese, nel primo taglio previsto, dovrebbero essere circa 100 dipendenti.

 

I sindacati ammettono le proprie responsabilità, ma al contempo ci tengono però a fare chiarezza e raccontare la loro versione dei fatti: un muro netto alzato dall’azienda che, negli ultimi anni, ha continuato ad andare dritta per la propria strada nonostante gli avvisi e qualche perplessità.

 

Raffaele Baronali, Uilm

«La notizia della crisi ci ha colto di sorpresa, ma un po’ ce la aspettavamo – spiega Raffaele Baronali segretario provinciale Uilm – Il nostro confronto con l’azienda non è mai stato chiaro, continuo, costruttivo. Dai bilanci erano nette le difficoltà dell’Hp dal 2020, dopo il covid. Da anni le commesse non arrivavano, e nonostante questo non c’è mai stato un ricorso ad ammortizzatori ordinati. L’azienda ha cercato sempre di andare avanti fino a quando è scoppiata questa bomba, che non si può definire in altro modo. Parliamo di un’azienda con 540 persone, l’azienda metalmeccanica più grande del territorio. Abbiamo già sentito la Regione: mercoledì ci sarà un tavolo territoriale. Il nostro scopo ora è sia quello di tutelare reddito e occupazione, sia capire il nuovo piano industriale, affidato all’Advisor. Pretendiamo un piano strutturale chiaro e trasparente. Il piano di rilancio deve iniziare subito, insieme alla cassa integrazione».

 

L’Advisor al lavoro è lo studio legale Salonia Associati, di Roma. «Di loro ho avuto una buona impressione», spiega Alessandro Pompei di Fiom-Cigl. Al momento questa sembra l’unica nota positiva.

 

Alessandro Pompei, Fiom-Cigl

«Noi siamo interlocutori interni dell’azienda, abbiamo denunciato sempre tutto nei luoghi opportuni anche se non pubblicamente – spiega il segretario provinciale del sindacato – E dal 2020 c’è sofferenza particolare, con problemi sia interni, sia di costi. Confindustria non si è mossa, la proprietà francese non si è presentata. C’è stata una totale chiusura da parte dell’azienda verso la parte sindacale. Non c’è stata mai una risposta vera ai nostri avvertimenti, comunicati internamente all’azienda. Noi questa situazione l’avevamo denunciata. Il confronto lo abbiamo sempre cercato, voluto, perseguito, ma non è stato voluto. E ora c’è una crisi aziendale, strutturale. Siamo preoccupati perché trovare nuovi canali produttivi in questo momenti è complicato. Questo ora è importante: abbiamo bisogno di una collaborazione istituzionale costruttiva. Sono toccati 537 dipendenti: interi paesi della vallata sono pesantemente coinvolti a livello occupazionale. Il problema è sociale: non si tratta solo di gestione sindacale, ma anche territoriale. Parliamo dell’azienda metalmeccanica più grande, la più grande in assoluto dopo Pfizer. Con Salonia abbiamo parlato: l’Hp deve essere ricapitalizzata. Ora vogliamo i fatti, vogliamo capire quello che serve ed entrare nel merito degli strumenti, come potrebbe essere la Zes».

 

Intanto il primo passo sarà la Cassa integrazione guadagni straordinaria.

 

Samuele Puglia, Fim-Cisl

«La Cigs si può fare per fare per diversi motivi – spiega Samuele Puglia, responsabile regionale Fim-Cisl – Per “crisi aziendale” è un colpo: non si tratta di una riorganizzazione interna, ma di una crisi vera e propria, ormai conclamata. Parliamo di -25% Ferrari, -40% Maserati, la Porche è scappata. Ora ci sarà da diversificare, andare su nuovi mercati. Forse bisognava fare prima ciò che oggi invece è strettamente necessario. Ora ci vuole un piano di rientro efficace e anche ben visto da istituti bancari e fornitori. La preoccupazione è evidente, non possiamo minimizzare».

 

Anche i membri della Rsu (Rappresentanza Sindacale Unitaria), ossia le “sentinelle” dei sindacati all’interno dell’azienda, non ci stanno, raccontando che la direzione dell’Hp ha sempre negato ogni tipo di problema, «come se noi inventassimo le cose. E il risultato eccolo qui, un risultato frutto solo delle scelte della direzione», ci tengono a ribadire. Nel corso della conferenza raccontano più aneddoti, come ad esempio il fatto che, secondo loro, l’azienda si nascondesse dietro al fatto che aveva in corso una causa giudiziaria per non rivelare i veri dati della crisi, per “segreto istruttorio”.

 

I DETTAGLI DELLA CRISI – Mentre raccontano la loro versione, i sindacati leggono all’occorrenza anche documenti ufficiali, come i comunicati e contro-comunicati scambiati nell’ultimo anno con l’azienda. Nei fogli si può leggere di come siano scesi i ricavi da Ferrari, Motosport e Maserati. E che “la crisi non è recuperabile nel perimetro attuale”, per questo ora si parla di snellimento. Che toccherà, stando a quanto ipotizzato per ora sui documenti, circa 100 dipendenti.

 

E ancora: dal 2022 al 2023 il finanziamento dell’azienda è salito dal 2% a 5%. Tradotto: i costi sono schizzati. Nel 2024 il costo del denaro salito a 5,1. L’azienda, insomma, avrebbe indebitamenti importanti. L’orizzonte, per l’Hp e i suoi dipendenti, al momento appare purtroppo tutt’altro che roseo.

 

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