Fumo nero dall’ex Ocma,
il Comitato “Aria pulita”
chiama i Carabinieri

ASCOLI - Nella zona industriale vicino a Villa Sant'Antonio. «Come è possibile bruciare rifiuti vicino in un’area cosi a rischio? Chiediamo un controllo continuo su una zona così delicata dal punto di vista ambientale». Era accaduto altre volte
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Il fuoco all’interno dell’ex Ocma da cui si è sprigionato il fumo denso e nero

Allarme, nella tarda mattinata di ieri, 21 gennaio, per un fumo denso e nero proveniente dall’ex Ocma, nella zona industriale di Campolungo. Preoccupati, alcuni residenti di Villa Sant’Antonio sono andati immediatamente a controllare e hanno notato che qualcuno, all’interno dell’ex stabilimento, nell’area di proprietà della Cedi, in corrispondenza del cancello 4, stava bruciando del materiale non meglio identificato, forse rifiuti, provocando la nuvola di fumo nero. A quel punto, i rappresentanti del Comitato civico “Aria pulita” hanno segnalato il caso ai Carabinieri di Castel di Lama, che hanno effettuato subito un sopralluogo. Secondo il comitato, non è la prima volta che dall’interno dell’ex Ocma si diffonde nell’aria un odore acre di fumo. Il fatto verrà portato a conoscenza anche degli organismi di controllo ambientale.

La caserma dei Carabinieri di Castel di Lama

In merito, il comitato Aria Pulita esprime molta preoccupazione per la popolazione di Castel di Lama e Villa Sant’Antonio, già assillata nei mesi scorsi dai terribili miasmi provenienti dal depuratore consortile. «L’ area all’interno dell’Ocma -sostengono gli esponenti del comitato- contiene ben 38.000 tonnellate di rifiuti tossici mai smaltite. Nel gennaio 2017, una piccola porzione dell’area interna dell’Ocma è stata venduta alla Cedi srl unipersonale di Ciotti Emidio. Questo fatto è piuttosto bizzarro, considerato che la Cedi non sembra esercitare in tale posto alcuna attività, e dunque non si comprende il reale utilizzo dell’area. Già in altra occasione -continuano- erano stati segnalati strani fumi provenienti dall’area Ocma e oggi sono stati visti e fotografati dall’esterno, grazie al cancello aperto, soggetti intenti a bruciare rifiuti. Come mai è possibile che si brucino rifiuti vicino alle abitazioni e in un’area cosi a rischio? Chiediamo un controllo continuo e attento su una zona così delicata dal punto di vista ambientale, che non può subire anche attività cosi pericolose non consentite».

Resta dunque aperta, nella sua gravità, la questione dello smaltimento delle 38mila tonnellate di polveri tossiche rimaste nel piazzale dell’ex fabbrica. Allarmanti erano state le conclusioni contenute nella dettagliata perizia stilata il 26 maggio 2016 dai chimici Sara Pettinari e Francesco Fortuna per il Tribunale di Fermo. «In base a quanto sopra esposto -si leggeva nella relazione-, e date le caratteristiche di pericolo già attribuite nel 2013 alle scorie saline, alle polveri di abbattimento fumi e alle polveri e particolato derivanti dalle lavorazioni al mulino a pale (che costituiscono la parte preponderante di tutti i rifiuti presenti all’Ocma), catalogate come H6 (sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute gravi, acuti o cronici e anche la morte) e come H12 (sostanze e preparati che, a contatto con l’acqua, l’aria o un acido, sprigionano un gas tossico o molto tossico), si rende necessaria una nuova campionatura al fine di attribuire le caratteristiche di pericolo in accordo con il Regolamento Ue 1357/2014».

Come si ricorderà, nel giugno 2018 il titolare dell’Ocma, Francesco Costantini, era stato condannato a una pena di otto mesi di arresto e al pagamento di 18mila euro di ammenda per il reato continuato di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti ed emissioni nocive in atmosfera.

Otto mesi prima, alla fine di ottobre 2017, lo stabilimento dell’Ocma era stato acquistato dal gruppo croato Sirovina Odlagaliste, specializzato nel recupero di siti dismessi e nello smaltimento dei rifiuti. L’azienda croata aveva rilevato l’impianto di Campolungo per una cifra superiore agli undici milioni di euro, somma che comprendeva anche la bonifica dell’area, che l’azienda croata si era impegnata a effettuare in due anni. Il piano di rilancio industriale e quello di bonifica del sito dovrebbero essere stati comunicati alla Regione, ma ancora non si conoscono provvedimenti ufficiali in merito.

Visti i ritardi e il silenzio assordante sulla bonifica, non sono da escludere ulteriori esposti del “Comitato Aria pulita”.

Cla.Fe.


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