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Arquata ad un anno dal sisma
«Sarà un inverno duro,
ma non molliamo» (Video)

IL REPORTAGE - Il freddo spaventa, ma il rischio si chiama inedia: «Serve un punto di aggregazione o rischiamo di perdere residenti»
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di Luca Capponi  

(foto e video di Andrea Vagnoni)

Macerie.
Macerie tutt’intorno. E un signore anziano che passeggia osservando sconsolato le rovine di Pretare: «Vengo qua ogni mattina, dove volete che vada? Qui c’è la casa dove sono nato, 90 anni fa». Finisce la frase giusto in tempo per prendere fiato, in un sospiro commosso che mescola ricordi e presente.

Cartello cantiere TOD’S

Un presente in “esilio”, fatto di distacchi, ricorrenze che non si contano più, di casette nuove (per chi ce l’ha e per chi, si spera presto, le avrà) e di new town, di importanti politici in visita, di strombazzati annunci ai media e burocrazie infinite che immobilizzano. E di un inverno, il secondo da quando la terra tremò, che si preannuncia ancora più rigido di quello scorso. «Quest’anno ci sarà tanta neve perché il 31 agosto il sole è calato male, se cala male il sole l’invernata viene “cattiva”, me lo hanno insegnato gli antenati», ripete l’anziano, si chiama Ventura di nome e Piermarini di cognome, con una saggezza, questa sì, ancora in piedi. Per niente scalfita. Ma più che il freddo, a spaventare è la potenziale inedia che la stagione rigida porta con sé, in luoghi dove si sente urgente la necessità di un punto di aggregazione in grado di fungere da collante: «Altrimenti è finita, altrimenti se ne vanno tutti». Cioè parte di quei 500 che attualmente risiedono nel Comune di Arquata dl Tronto. O di quelle 250 persone che devono rientrare a breve. Impossibile, comunque, tornare agli oltre mille di una volta.

Un presente di anelato “rilancio”, di ricostruzione e ruspe in azione, di attività pronte a ripartire e imprenditori tesi ad aprire o riaprire, a ridare lavoro in una terra che già prima soffriva della piaga sottocutanea dello spopolamento ed oggi si trova ad affrontare mille peggiori difficoltà ad ogni livello: economico, sociale, psicologico, culturale, scolastico. Umano. Eppure di umano qui sembra essere rimasto tutto. Dalla disponibilità del vicesindaco di Arquata Michele Franchi, che non nega una parola a nessuno, fino ai sorrisi che vedi dipinti sulle facce, dalla cordialità insita, dalla tenacia, dai bambini che giocano fino all’amore eterno per una terra: «Se potessero, alcuni dormirebbero anche in mezzo alle macerie», conferma lo stesso Franchi descrivendo in una frase un legame impossibile da spezzare.
Già, le macerie. Ancora loro. Poco più avanti, lungo la Salaria, c’è il sito dove confluiscono parte dei resti di frazioni come Pescara del Tronto e Capodacqua: 8mila metri quadrati di superficie concessa gratuitamente dalla Unimer Spa, azienda che sta avviando la demolizione e conseguente ricostruzione del proprio sito produttivo. Paesi interi, storie e abitazioni compresse in un cumulo di detriti.
La sfida, adesso, è di quelle epocali: fare in modo che lì sotto non vengano sepolti pure i ricordi di un popolo intero.

Arquata aspetta le ultime casette, «tessuto sociale da ricostruire» (Foto – Video)


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