Gambe e braccia sfidano la gravità E il grande albero svetta sulla piazza Spelonga e il miracolo della “Festa Bella” (Fotogallery)
ARQUATA DEL TRONTO - La storica rievocazione ha vissuto la sua giornata clou con l'alzata del tronco lungo quasi 30 metri nella piazza principale. In migliaia per assistere a un'impresa la cui origine si perde nella notte dei tempi, per rievocare la Battaglia di Lepanto del 1571. Una metafora di rinascita a tre anni dal sisma
Nell’albero che torna ad alzarsi, imperioso e maestoso, la metafora si fa potente. Gambe e braccia che lottano contro la gravità, anziani che indicano la via ai più giovani, un’opera che spiega la magnificenza della forza volontà. Quella di un popolo che non china la testa e che si rialza sempre. Nonostante tutto. Allo stesso modo del grande tronco, quasi 30 metri, che da oggi svetta di nuovo sulla piazza di Spelonga. Come quel maledetto agosto di tre anni fa. E come sempre accaduto qui, a memoria d’uomo, per tenere vivo il ricordo del sanguinoso scontro navale a cui 150 paesani parteciparono convinti, strappando la vittoria.
L’albero in fase di innalzamento
Era il 1571, anno della Battaglia di Lepanto, e qui già venivano i veneziani a scegliere il fusto migliore per gli alberi delle loro navi, loro che in queste cose erano maestri. Oggi come allora. In mezzo ci sono state guerre, carestie, difficoltà di ogni tipo, ultimo il sisma: ma la Festa Bella ha sempre resistito. E’ andata avanti.
Così in questo 17 agosto 2019 si rinnova il rito, la magia, il miracolo: la piazza via via si riempie di gente accorsa per assistere (saranno poi in migliaia), tra gli spelongani un misto di tensione ed eccitazione. All’ordine del capo-manovra Guido Franchi si comincia, intorno alle 17: scale di legno, corde attaccate ai balconi, tiranti, cavalletti e terra per riempire la grade buca contribuiscono all’impresa. Con calma e pazienza, come ripete lo stesso Franchi più volte, pretendendo il silenzio utile ad impartire le direttive alle decine di uomini. Sì, perché oggi le condizioni sono più proibitive che mai. Spelonga infatti porta evidenti le ferite del terremoto, palazzi inagibili e lesioni alle abitazioni, ad anche a livello architettonico non è più la stessa. Ciò fa sì che le tecniche consolidate in decenni di esperienza vengano meno.
La piazza gremita
Lo sforzo e il brivido, i gradi di inclinazione che aumentano col passare dei minuti, le urla e l’emozione: dopo poco più di un’ora però l’impresa si compie, tra felicità e commozione. La piazza applaude convinta. Una, due, tre volte, a tributare la giusta ovazione a chi, questo lungo tronco, ha contribuito anche a sceglierlo, tagliarlo e trasportarlo a mano sin qui. Passione ancestrale. Stupore in chi assiste per la prima volta. Rinnovarsi di un incanto per chi non è nuovo. In mezzo, l’elogio alla determinazione.
Il parterre delle autorità
«Ce la metteremo tutta per rinascere» ribadisce il sindaco Aleandro Petrucci parlando della sua Arquata e delle frazioni ferite. E guardando da vicino la perseveranza degli spelongani c’è da credergli, anche se in alto qualcuno spesso sembra dimenticarsi di questo centro Italia in perenne lotta per la sopravvivenza. Col primo cittadino, ad assistere all’alzata dell’albero dal palco delle autorità, tra gli altri, anche la vicepresidente della Regione Anna Casini, il presidente della Provincia Sergio Fabiani, il consigliere regionale Piero Celani e il vescovo Giovanni D’Ercole. Il vicesindaco Michele Franchi, invece, ha avuto il suo bel daffare tra gli intrepidi compaesani intenti a compiere l’azione eroica.