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Emidio di Treviri, un’intervista a tutto campo su reddito di cratere, autoricostruzione e modelli di sviluppo

SISMA - Il progetto di ricerca nasce nel dicembre 2016 da una call for research delle Brigate di Solidarietà Attiva. Dottorandi, ricercatori, professionisti e accademici di vari settori aderiscono all’appello dando vita a un’esperienza di ricerca collettiva e autogestita capace di produrre conoscenza critica dal basso
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di Giorgio Tabani

Il progetto di ricerca “Emidio di Treviri” nasce nel dicembre 2016 da una call for research lanciata dalle Brigate di Solidarietà Attiva. Dottorandi, ricercatori, professionisti e accademici di vari settori aderiscono all’appello dando vita a un’esperienza di ricerca collettiva e autogestita capace di produrre conoscenza critica dal basso. Un lavoro che ha portato alla pubblicazione della prima, e finora unica, monografia scientifica sull’emergenza del terremoto dell’appennino centrale: “Sul fronte del Sisma. Un’inchiesta militante sul post-terremoto dell’Appennino centrale” (DeriveApprodi, 2018). Il lavoro è poi proseguito e, delle ultime iniziative dei diversi gruppi di ricerca, ci parla uno dei rappresentanti del collettivo.

Il rapporto indipendente sul post-sisma prodotto dal collettivo

Si fa un gran parlare di terremoto e terremotati in quest’ultimo periodo, fra anniversari e cambi di Governo, voi cosa ne pensate?

«Credo che sia tutto semplicemente ridicolo. Si ricordano del post-terremoto solo in campagna elettorale. Gli stessi che hanno lavorato per 14 mesi essenzialmente senza fare niente, tornano a fare nuove promesse. Sia Salvini che Conte hanno messo in cima alle loro priorità la ricostruzione, ma poi i risultati non ci sono stati proprio per niente. Lo dimostra semplicemente il fatto che per sostituire Paola De Micheli, come commissario, ci abbiano messo 10 mesi. Anche Vito Crimi, come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio delegato, è arrivato con estremo ritardo».

Con i sindaci del territorio invece il rapporto com’è?

«Coi sindaci proviamo a parlarci e facciamo anche dei progettini interessanti. Più nello specifico, con alcuni abbiamo collaborato da vicino e con altri meno, a seconda spesso del colore politico. Il problema è che i sindaci non contano nulla! Là dove risiede il potere vero ovvero la Regione, soprattutto nell’Ufficio speciale per la ricostruzione, sono completamente sordi alle nostre analisi e alle proposte di comitati e cittadini. Non è un caso che gli inviti a quegli stessi comitati arrivino sempre dai massimi livelli politici: le passerelle con i presidenti delle Camere, il presidente del Consiglio ecc. Poi però non è stato mai istituito un tavolo col commissario per la Ricostruzione e nemmeno dalla Regione hanno dato disponibilità ad ascoltare quelli che pubblicavano libri, scrivevano report…».

Il basilico sacro a Sant’Emidio con le radici che hanno il profilo delle montagne, nel simbolo del collettivo

Voi quali soluzioni proporreste? Che cosa bisognerebbe fare?

«Difficile darti una risposta spot, perché non si tratta di una misura soltanto. Fin dall’inizio il problema principale era la questione dei processi di impoverimento e invecchiamento della popolazione e lo spopolamento. Fenomeni che sono stati acuiti dalla gestione dell’emergenza, che ha messo in campo strumenti forse adatti ad altri contesti, come il terremoto emiliano, ma inadatti all’appennino centrale. Oggi nessuno si azzarda nemmeno a fornire i dati esatti. Basterebbe che l’Enel desse il numero di contratti attivi per capire che lo spopolamento non è solo del 6%. Oppure basterebbe dire quanti bambini sono iscritti nelle scuole. Le istituzioni si limitano a considerare i cambi di residenze, ma nessuno sposta la residenza se ti devono fare la casa, no? La situazione è sotto gli occhi di tutti, un territorio lacerato e in fortissima difficoltà economica».

Se, però, dovessi proprio dire da cosa ripartire per segnare la svolta?

«Le questioni sono tutte strettamente intrecciate, ma vengono trattate separatamente. Quindi direi che c’è un problema di metodo. Si decide tutto altrove e poi ci si presenta con una soluzione pre-confezionata, con la bacchetta magica. Nessuno viene sul territorio a discutere e credo che questa sia l’origine del problema. Dopo tre anni non si prende atto che non funziona un modello top-down. Finiamola con un commissario che decide tutto, occorre dare potere ai sindaci, come fu fatto per il terremoto del Friuli. I sindaci devono lavorare insieme ai comitati e i comitati devono essere pronti ad accogliere nuova popolazione che arriva! La differenza col Friuli sta nell’estrema frammentazione del mondo di comitati, popolazione, sindaci, parti politiche, incapaci di costituirsi come contropotere, come successe invece lì. In Friuli le persone riuscirono a coagularsi facendo devolvere via via il potere dal livello nazionale alle Regioni e dalle Regioni ai Comuni: fu l’unica ricostruzione diversa, proprio per la presa di parola da parte dei terremotati, organizzatisi nelle tendopoli. Da noi è molto difficile accada perché sono stati tutti delocalizzati, invitati ad andarsene con vari strumenti come il Cas, gli hotel ecc. Quindi sarà difficile pretendere di invertire il meccanismo di decisione trasformandolo in bottom-up, dal basso».

Potresti parlarci dei vostri gruppi di lavoro attualmente? Di recente avete lanciato la proposta di reddito di cratere.

«La nostra proposta presentata ormai un anno fa è rimasta nel cassetto. I comitati l’hanno inserita nella propria piattaforma, ora è necessario che tutti quelli impegnati in questo tragico post-sisma rinnovino con forza la richiesta. Proponiamo uno strumento che accorpi le misure di sostegno economico, le vincoli alla condizione di necessità delle famiglie e faccia da incentivo al ritorno invece che allo spopolamento. Le risorse ci sono già: redistribuiamole in modo intelligente per ripopolare le nostre montagne».

Come dovrebbe funzionare?

«Sarebbe riconosciuto a tutti i cittadini residenti (dimoranti abituali) nei Comuni del cratere. Si tratterebbe di un’integrazione mensile al reddito pari al raggiungimento di 800 euro a cui sommare una quota abitativa pari all’attuale definizione del Cas. Entrambe le quote sarebbero parametrate sulla vulnerabilità dei soggetti, decrescendo all’aumentare del reddito reale percepito dai soggetti.

Di fatto il Contributo di Autonoma Sistemazione (Cas) da tre anni viene erogato a pioggia a 38.060 persone. Si tratta di un sostegno al reddito mascherato per alcuni ma per molti si tratta di un surplus bello e buono. Basti pensare ai molti che avevano le case intestate ma che vivono da anni lontano da qui, se non all’estero.

Il reddito di cittadinanza dovrebbe essere assorbito nella nuova misura e svincolato dal raggio chilometrico. Piuttosto che basato sul meccanismo premiale/punitivo della distanza, si potrebbe pensare all’utilità sociale per il territorio. I comuni del cratere che necessitano di lavoratori in attività (ecologicamente e socialmente) preziose per il territorio potrebbero attingere da lì».

Di recente avete poi realizzato un evento sulle comunanze agrarie.

«Sì, abbiamo un gruppo di lavoro per la documentazione, realizzato insieme alle Brigate di solidarietà attiva e a molte comunanze del Piceno. Sul tema c’è anche il documentario “Le terre di tutti”. La comunanza agraria è un antico strumento di gestione comunitaria delle risorse ecologiche, riconosciuto nell’ordinamento italiano. Molto diffuso dalle nostre parti, noi vogliamo riscoprirlo e valorizzarlo. Potrebbe essere un tema centrale dal punto di vista soprattutto del rilancio economico».

Un altro tema forte è quello dell’autoricostruzione.

«Il Parco Nazionale dei Monti Sibillini e il Parco Nazionale dei Monti della Laga hanno vinto nel 2018 la maglia nera per cementificazione e consumo di suolo, a causa delle casette e delle altre opere di emergenza. Un fenomeno di cui pochi hanno parlato, ma che ha segnato il territorio. Da lì siamo partiti con un ragionamento sui metodi di costruzione, soprattutto dell’arquatano, dell’amatriciano e del norcino. Un gruppo di architetti si è messo a ragionare sulle risorse antisismiche di una volta, su come si possono migliorare, soprattutto con l’utilizzo di materiali naturali, nell’ottica di riavviare un circuito virtuoso con l’utilizzo di materie già presenti sul territorio. Voglio sottolinearlo, l’unico modo per rendere di nuovo belli quei posti è ridar vita a ciò che li aveva resi tali, ovvero l’impegno dell’uomo nel convivere in equilibrio con la natura. Non torneranno belli col cemento armato e non torneranno belli se facciamo dei presepi disabitati. Chiediamo che l’autoricostruzione sia riconosciuta come forma finanziata per i terremotati che la scelgono. Abbiamo presentato la raccolta di firme a Farabollini e ne stanno discutendo».

Potresti sintetizzare brevemente i temi degli altri gruppi di lavoro?

«Un gruppo si occupa della critica del modello di sviluppo imposto da università, fondazioni e istituzioni regionali per la supposta rinascita delle aree interne. Tutto è orientato all’estrazione di valore e al turismo mordi e fuggi, all’utilizzo della montagna come scenografia e alle Grandi Opere infrastrutturali. Niente ricchezza per tutti, nessuna redistribuzione.

C’è poi chi, con i tecnici, lavora all’analisi degli strumenti urbanistici, con le lungaggini di perimetrazioni: l’obiettivo è un vademecum per operatori e abitanti.

Infine ci stiamo occupando di costruire un archivio dedicato alla memoria di Massimo Dell’Orso, 56 anni, gestore del Centro faunistico del Parco dei Sibillini. Era stato delocalizzato sulla costa e lì si tolse la vita. Ci sarà quindi un premio di laurea rivolto a tutti coloro hanno dedicato tesi all’appennino che cambia. Un premio dedicato alla memoria di chi è venuto tragicamente a mancare in questo post-sisma. Nelle sette università del cratere nessuno lo fa e quindi lo facciamo noi dal basso».

Ci sono in programma iniziative prossimamente?

«In autunno ci sarà, dopo il grande successo delle prime due, la terza edizione della scuola accademica di Emidio di Treviri. Si tratta dell’unica scuola sull’emergenza e la ricostruzione: ci saranno varie giornate in condivideremo momenti seminariali su alcuni temi di comune interesse per i gruppi, presenteremo i risultati a cura dei Research Network e lo stato di avanzamento delle ricerche, oltre a momenti di restituzione e condivisione con la popolazione terremotata. A breve il programma, gli ospiti e le informazioni logistiche saranno disponibili sui nostri canali».


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