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Cupra rivive il martirio
di San Benedetto (Fotogallery)

CUPRA MARITTIMA - Con una buona cornice di pubblico, la chiesa di San Basso ha fatto da cornice alla rievocazione storica firmata da Artocria. Domenica 13 ottobre si replica al Paese Alto di San Benedetto
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di Marco Braccetti

(fotoservizio di Alberto Cicchini)

Convintamente convertito alla fede cristiana in anni, lontani, quando questo culto era severamente proibito. Si rifiutò palesemente di adorare gli dei dell’Antica Roma. Ciò gli causò prima un processo pubblico, poi la condanna a morte, che avvenne per decapitazione, in quanto “civis romanus”: cittadino romano. Le fasi del martirio di San Benedetto (patrono dell’omonima città della Riviera delle Palme) sono stati rievocati là dove si svolsero, quasi 2000 anni fa. Nell’ambito dei festeggiamenti patronali, Cupra Marittima ha ospitato la rievocazione dell’ultima fase di vita del soldato romano Benedetto, che era di stanza nell’antica Ager Cuprensis: territorio molto importante della Roma Imperiale, ricadente – appunto – nell’attuale Cupra. Grazie alla fattiva collaborazione della parrocchia di San Basso, retta dal parroco Don Armando Moriconi, la rappresentazione si è svolta all’interno della chiesa affacciata sulla Statale 16.

La rievocazione è stata curata dall’ottimo staff dell’associazione Artocria. Un nome, una garanzia di precisione e attenzione ai minimi dettagli. Il sodalizio del presidente Marco Malaigia, infatti, sta partecipando a iniziative di carattere storico sia in Italia che all’estero, come il recente incontro europeo sull’Antica Roma, svoltosi all’Arena di Nîmes, in Francia.

La regia dell’evento è stata firmata da Carla Civardi che ne ha curato anche i testi, ispirandosi a due libri di storia locale. La rievocazione ha visto coinvolti diversi uomini e donne di Artocria. Francesco Casagrande è stato il lettore, mentre ecco i principali protagonisti: Nicola Montefiori (Benedetto), Silvia Crescenzi (Fructa, sorella di Benedetto) Valter Ferri (Grifo, “dux” dell’Ager Cuprensis), Anna Valeria Tolentino (Plotia, figlia di Grifo), Luigi D’Ercoli, Umberto Bruni e Pietro Talamonti (legionari). E ancora le sacerdotesse: Luigina Venieri, Eulalia Tirante, Guendalina Spinelli e il pontifex Simone Amabili. In abiti patrizi, ha partecipato anche il sindaco di Cupra: Alessio Piersimoni. All’evento hanno partecipato numerose persone, compreso monsignor Romualdo Scarponi: già parroco di S. Benedetto Martire e sarà replicato domenica (13 ottobre) alle ore 19, presso piazza Bice Piacentini: nel cuore del Paese Alto di S. Benedetto.

Nell’iconografia classica, il martirio di Benedetto e le fasi immediatamente successive si suddividono sostanzialmente in 6 parti. Nella prima c’è il processo e la condanna. Nella seconda c’è il corpo martirizzato del giovane gettato nel torrente Menocchia: la mancata sepoltura, in epoca romana, era l’offesa più grande che si potesse arrecare ad un morto. Nella terza c’è la salma di Benedetto che, arrivata al mare, viene amorevolmente sospinta verso Sud da un gruppo di delfini, raggiungendo così la spiaggia oggi sambenedettese. Nella quarta e nella quinta fase c’è un contadino di passaggio che avvista il corpo sull’arenile – più o meno nell’attuale Zona Sgariglia – e avendo anche notato quanto accaduto nella terza fase, si rende conto di aver a che fare con una persona speciale. Così fa accorrere altre persone e, insieme, decidono di dare degna sepoltura al corpo. Una sepoltura nei primi anni segreta. Poi palese (dopo l’Editto di Costantino, anno 313, che “legalizzava” la fede cristiana) e poi sempre più grande, fino all’attuale abazia patronale del Paese Alto. Nell’ultima fase si hanno moltitudini di fedeli che, sin dai primi anni dalla costruzione del sepolcro, accorrono a pregare sulle spoglie del Martire Benedetto, richiamate dalla fama taumaturgica del Santo, a cui venivano attribuite – proprio per le modalità del suo martirio – particolari virtù contro le malattie della testa. Secondo fonti le fonti storiche più ricorrenti, Benedetto morì a soli 28 anni, il 13 ottobre del 304.

Nel corso dei secoli (anzi, dei millenni) è stata più volte messa in dubbio l’esistenza stessa di questo soldato romano e l’origine delle reliquie. Ma una parola chiara è stata detta nel 2003, quando i sacri resti ospitati nell’abazia patronale del Paese Alto furono sottoposte al test della radiodatazione al Carbonio, da parte di un team d’esperti dell’Università di Lecce. L’esito fu compatibile con le date tramandate dalla storia. «Dobbiamo dare atto al coraggio del vescovo Gervasio Gestori – ha detto lo storico locale Pietro Pompei – che ha permesso un’indagine che avrebbe potuto avere prevedibili amare conseguenze. E’ stata invece premiata la fede millenaria di un popolo che si è sempre ritrovato intorno a quel sepolcro e che ha visto nell’esempio del martire un invito a seguire Gesù nelle sofferenze della vita».

LA FOTOGALLERY DI ALBERTO CICCHINI


© RIPRODUZIONE RISERVATA

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