di Giorgio Tabani
«Quando ti innamori è come se sentissi la bossa nova nella testa. In altre parole l’amore cambia il ritmo della tua vita». Così esordisce il filosofo e performer teatrale Cesare Catà nel suo spettacolo “Sono single perché l’universo è un’aporia ontologica” andato in scena sabato 7 dicembre al Teatro PalaFolli.«I single sono ancora una categoria emarginata, c’è come una resistenza ad accettare questa condizione da parte delle persone. Due esempi? A livello macro-sociale… non puoi fare il presidente degli Stati Uniti: non solo per motivi di immagine e comunicazione, ma proprio perché costituzionalmente si creerebbero dei problemi. A livello micro-sociale siamo quasi a Natale, un momento terribile per il single è il cenone. Tutti i parenti ti chiederanno: “Ce l’hai la ragazza?”. Nel mio caso, però, ormai siamo alla rassegnazione: “La ragazza non ce l’hai vero?”».
Cabaret, filosofia, stand-up comedy, storytelling letterario: non manca nulla nel brillante monologo. Fra alto e basso, fra scene di vita marchigiana (e non solo) e citazioni shakespeariane, fra mitologia irlandese e greca e uno Zeus che parla maceratese, si va alla ricerca di una spiegazione all’essere single: inevitabilmente non è mai quella giusta. Alle origini del pregiudizio sui single ci sarebbe la grecità, in particolare Platone che nel Simposio mette in bocca ad Aristofane: «Ci fu un tempo in cui gli esseri umani avevano due facce, quattro braccia, quattro mani, quattro gambe e due organi sessuali ed erano tondi. Per via della loro potenza Zeus decise di intervenire e li divise. Ed è da quel momento che inizia la ricerca della loro antica unità e della perduta forza. “Dunque al desiderio e alla ricerca dell’intero si dà nome amore”».
L’errore per Catà (come Socrate) è lo scambio dell’amato con l’amante. Non amiamo per completarci, ma amiamo per migliorarci. L’amore sorge dentro di noi ed è quel qualcosa che, a prescindere dall’oggetto d’amore (e dalla corresponsione del sentimento) ci dà l’energia per cambiare in meglio. Come ricorda Shakespeare, l’amore è quel qualcosa che ti rende un attore che ha dimenticato la sua parte. Ognuno di noi recita un ruolo, ma quando dimentichi quel ruolo grazie all’amore, lì solo puoi cogliere l’occasione per cambiare. «L’espressione “avere una storia” è italiana e mi piace perché in senso etimologico la “storia” è una narrazione dotata di senso. Ecco, stare insieme – quel poco o tanto che sia – per dare un orizzonte di senso a due solitudini che si toccano senza distruggersi».
Tutto un capitolo è riservato alle differenze fra uomo e donna. «Quando il maschio s’innamora, la speranza è che lei resti come l’abbiamo conosciuta. Quando la femmina s’innamora, vede i nostri limiti ma spera che cambieremo grazie a lei. A un certo punto lui si accorge che lei è cambiata e lei si accorge che lui non cambierà: a quel punto si sposano!». Non si può che concludere con Freud, per cui «la domanda alla quale non sono riuscito a rispondere, nonostante 30 anni di ricerche sull’animo femminile, è: ‘Cosa vuole una donna?’. E se non ce l’ha fatta lui, come potevo farcela io? Questo mi rispondo, inevitabilmente, ogni volta che la bossa nova in testa finisce e io torno, come sempre, single».
“Sono single perché l’universo è un’aporia ontologica”, Cesare Catà al PalaFolli
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