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Laturo, rinasce il luogo dell’anima
Storia di Federico
e del sogno di una vita

IL BORGO ABBANDONATO da 50 anni e la vicenda del ragazzo anconetano che nel Parco della Laga ha riscoperto il senso dell'esistenza: «Ho passato qui la quarantena». Un piccolo miracolo in mezzo ai ruderi, dove non arrivano le strade. Ristrutturati 4 nuclei abitativi su 34
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Benvenuti a Laturo

di Walter Luzi

Un borgo fantasma. Senza strade e abitanti. Riportato letteralmente alla luce da Federico, un giovane escursionista anconetano che a Laturo ha trovato il suo luogo dell’anima. Grazie a lui l’antico borgo, che fu anche rifugio sicuro per i briganti, sta rinascendo a nuova vita dopo mezzo secolo di totale abbandono.

“L’ultima frontiera”

Le case di Laturo sono state costruite con la pietra arenaria e il legno di querce e castagni. Tutto facilmente reperibile in loco, perché Laturo è nata, morta, e rinata senza strade che ci arrivano. Solo sentieri. Federico Panchetti ha 35 anni quando ne intravvede per la prima volta, da lontano, con il binocolo, i tetti di qualche casa quasi completamente ricoperta dalla ricca vegetazione. Ci è venuto apposta da Ancona a cercarla, Laturo. E’ un grande appassionato di montagna, e uno sportivo vero.

Proprio durante una delle sue corse in quota sul Monte Ceresa, gliene ha parlato Anna Buonamici, che è di queste parti, Collefalciano, e che, sulle pendici del versante acquasantano, gestisce un B&B. E’ stata lei ad indirizzarlo sul pre-Appennino dei Monti Gemelli, dove i borghi e i luoghi abbandonati e dimenticati, che interessano così tanto a lui, sono diversi. Dopo la laurea in Scienze Motorie conseguita ad Urbino, dal 2007, infatti, Federico è anche Guida ambientale escursionistica. E’ alla ricerca di percorsi alternativi dove allenarsi, e dove poterci, magari, anche poi accompagnare delle comitive di trekker.

Federico al lavoro tra i monti

Ma non solo. Il motivo principale è un altro: «Al di là di tutte le implicazioni sportive o di sviluppo lavorativo -confessa Federico- sentivo fortemente il bisogno di fare una vita appartata, in luoghi isolati, solitari. Dove magari poter costruire, o ristrutturare, un mio rifugio personale, una piccola casa».

Lo hanno illuminato in questo senso alcune letture sulla decrescita felice, sulle alternative percorribili alla vita frenetica di ogni giorno, che ci vediamo costretti a subire. Sul vivere con poco. Che non significa vivere male, ma semplicemente privarsi delle cose superflue. E’ un iron man che corre sulle montagne d’estate e ci pratica lo scialpinismo d’inverno. Ma che, con lo stesso entusiasmo e la stessa energia, trae il medesimo piacere, l’identica soddisfazione, anche a vangare un terreno per piantarci le patate.

Ha rispolverato la sua vecchia guida del Cai di queste zone che non conosce. E’ arrivato a Settecerri, 920 metri di quota, frazione del comune inquieto di Valle Castellana. Qui sono stati in molti infatti a spingere per passare sotto la provincia di Ascoli Piceno, più vicina e amata della lontana Teramo, da cui vogliono staccarsi, ma senza esito (leggi l’articolo). Ha lasciato la macchina e si è caricato sulle spalle il suo zaino. Oltre un’ora di marcia, spesso solo intuendo le piste cancellate dal verde rigoglioso, facendosi largo a fatica con il machete fra gli alberi sradicati e la folta vegetazione che ha completamente ostruito in molti punti i sentieri.

Muri in pietra avvolti dal verde

Quei sentieri verso Laturo che nessuno percorre più da mezzo secolo. Laturo. Ora può vederla. Finalmente. Può toccare le mura antiche delle sue case disabitate e dimenticate. E’ questo il luogo per la sua anima, a lungo inseguito. Ne è certo. Questo borgo fantasma dove il tempo si è fermato diventerà casa sua.

Laturo. Terra di confine fra Marche e Abruzzo. Fra Stato Pontificio e Regno delle Due Sicilie. Forse deve alla diffusa coltivazione della cicerchia (Lathyrus sativus) le origini del proprio nome. Sicuramente è stato uno dei rifugi più sicuri e inaccessibili per le bande di briganti, che, su queste montagne, hanno combattuto per anni il nuovo dominatore piemontese. Eroismi di prima Resistenza, spontanea e nobile, alle vessazioni e alla miseria, imposte dal neonato Regno d’Italia anche a queste popolazioni. Qui comincia il Sud. E nasce la Questione Meridionale, ancora drammaticamente aperta. Ideali ed aneliti di giustizia sociale da sempre sentiti nelle classi sociali più povere, inquinati dalle frequenti infiltrazioni nel Brigantaggio della delinquenza comune.

L’ultimo matrimonio celebrato a Laturo nel 1963

Federico contagia con il suo entusiasmo amici e conoscenti, appassionati anche loro di montagna. Con il tempo, il desiderio e la scoperta comuni, diventano una vera Missione di vita.

«Ci abbiamo messo tre mesi, una estate intera, a ripulire tutti i sentieri di accesso – racconta ancora Federico- da Settecerri, da Valzo di Olmeto, da Leofara di Valle Castellana. Fino agli anni Novanta Laturo ha avuto solo una mulattiera di accesso, poi divenuta pista sfruttata dai taglialegna poco prima dell’istituzione del Parco Nazionale della Laga. Noi adesso la usiamo per portare in paese i materiali da costruzione per i cantieri. Ma vai su solo con jeep fuori strada dotate di gomme tassellate, oppure con i trattori. Che spesso, quando piove, non bastano neppure, e devi tirare su anche loro con i verricelli tanto è ripida la piccola sterrata».

Federico comincia a trattare subito l’acquisto della sua nuova casa di Laturo. Altri lo imiteranno presto.

«Anche in borghi abbandonati e disabitati da cinquant’anni come Laturo -spiega sempre Federico- ci sono proprietari di vecchi immobili che saltano fuori. Noi abbiamo scelto di fare le cose in regola andando alla ricerca degli eredi e trattare con loro la compravendita di questi ruderi. Opera certosina quella dei geometri ascolani Roberto e Luigi Piccioni che ci hanno supportato in questo step. Operazione difficoltosa perché degli eredi, spesso in gran numero, molti sono emigrati in Canada, oppure sono molto anziani».

Una foto storica

«Spesso -va avanti- non ci sono stati documenti ufficiali a comprovare il loro effettivo diritto di proprietà sull’immobile oltre alla loro dichiarazione giurata davanti al notaio. Comunque abbiamo provveduto a registrare regolarmente tutto presso il Catasto di Teramo. D’altronde non avrebbe avuto senso investire molti altri soldi nelle ristrutturazioni senza averne il pieno. Dei 34 nuclei abitativi censiti, ne abbiamo restaurati fino ad oggi quattro. Intorno i resti di quelle crollate in decenni di incuria. L’aspetto è un po’ spettrale, ma il posto non è consigliabile agli amanti delle comodità».

Gli amici di Laturo. Nel 2013 nasce una associazione dilettantistica sportiva tesa ad organizzare e gestire passeggiate ed escursioni in queste zone. Presto tramutata in promozione sociale con l’inizio di tutta una serie di attività e iniziative tese al recupero di questo antico borgo. La chiamano “Gli amici di Laturo”. Organizzano corsi di intreccio vimini per fare cesti, costruzione muretti a secco secondo gli antichi usi, riconoscimento e ricerca delle erbe spontanee. E, ovviamente, trekking, corse in montagna a piedi e in mountain bike.

In quello stesso anno, il 9 giugno, una grossa cassa di risonanza alle loro attività e al loro impegno arriva grazie a Carlo Lanciotti. Il direttore artistico del Festival dell’Appennino fa sconfinare per la prima volta la manifestazione in Abruzzo pur di toccare Laturo. «Il primo a credere in un paese fantasma -sottolinea ancora Federico- senza neppure una strada per arrivarci». Con lo spettacolo della sua Compagnia dei Folli, e con un pubblico record al seguito di quasi 400 partecipanti, fa rivivere davvero, dopo cinquant’anni di totale abbandono, il paese dei briganti.

La rinascita di Laturo. Nel 2011 si completa il restauro della prima casa. Nell’autunno del 2013 riapre al culto la cappella dedicata alla Madonna di Loreto, completamente restaurata con l’aiuto della Diocesi di Ascoli, che si estende fino a qui, in terra abruzzese. Un altro legame con la provincia ascolana. Gli amici di Laturo sono una trentina. Un terzo circa di loro ci ha investito anche dei soldi. Nessuno è del posto.

Laturo rinata

«Siamo difficili da capire -commenta sempre Federico- la constatazione, amara ma inevitabile, è che in queste zone dell’Appennino manca una cultura montana. Abbiamo attenzione da altre regioni, o, addirittura, dall’estero, piuttosto che dai locali. Nessun erede fra i discendenti degli abitanti di Laturo si è mai affiancato a noi acquistando o affittando case. Ci hanno fornito documentazione fotografica, intervengono alle iniziative di un giorno, questo sì, ma nessuno dei locali si è unito, finora, alla nostra crociata. La quotidiana battaglia di recupero della Memoria e, materiale, dei luoghi, delle case, assediate dalla vegetazione, è stata solo la nostra. Di forestieri. E di qualche “satellite” che si è agganciato strada facendo, perché la comunicazione su Internet la facciamo bene».

Don Beniamino Ricciotti viene da Ascoli a dire messa sulla jeep di Federico. Timoteo Galanti invece, nativo della vicina frazione di Olmeto, e apprezzato chirurgo nella capitale, rappresenta la memoria storica ufficiale di questi posti. Negli ultimi anni Federico è stato più a Laturo che in Ancona. Ci ha passato anche l’intero, recente lockdown da coronavirus.

«Sì, sono stato due mesi in totale solitudine -prosegue Federico- interrotta soltanto da qualche breve visita di Martina, la mia compagna. Per me è stato il primo vero cambio di vita, per un periodo prolungato, in un posto così isolato. Una esperienza forte che mi ha rigenerato completamente. Alzarsi la mattina con la mente libera, senza orologio al polso, senza telefonino in tasca, e Internet, che ovviamente qui non prende. Vivi ogni ora del giorno e della notte, il lento ritmo delle stagioni. Vivere quassù ti cambia la vita».

Martina, la sua compagna, viene dall’Agro Pontino di Latina. Ha importato dalla sua terra e impiantato qui arnie per produrre miele di castagno e acacia. Federico ha imparato a lavorare il legno. Quando arriva gente aprono la piccola bottega.

Lo storico Timoteo Galanti

«E’ stata una bella sfida. Ora ci aspettiamo che altri innamorati di questa vita autentica, semplice, di montagna vengano ad investire qui. La nostra mission è portarci dei residenti anche non stabilmente, magari stagionali. I finanziamenti, europei o italiani che siano, sono inaccessibili. La rete, i social, il crowdfunding i mezzi migliori per attirare l’attenzione di nuovi investitori. Il Comune di Valle Castellana ha una situazione critica con 40 frazioni spopolate dagli ultimi terremoti ed una viabilità difficilissima. L’ultimo sindaco, Camillo D’Angelo, è stato molto presente, donandoci anche dei lampioni fotovoltaici. Una sensibilità e una collaborazione importanti, considerando che noi non siamo residenti e quindi non possiamo portargli neanche voti».

A Laturo, intanto, continua ad arrivare gente da tutta Italia e anche dall’estero. Per le manifestazioni sportive e per iniziative turistiche di giornata. Fra i visitatori più facile trovare emiliani che abruzzesi. Svizzeri e olandesi i più curiosi. Il Cai è stato fra i primi a portare gruppi, la pagina Facebook conta 8.000 like. Un professionista altoatesino dopo Laturo ha voluto visitare anche Ascoli e Castel Trosino. Se ne è innamorato anche lui.

Laturo sotto la neve

«Il Festival dell’Appenino fu un ottima vetrina per la visibilità -conclude Federico- ma con il tempo ho capito che la massa non porta investitori. La comunicazione che può aiutare meglio Laturo a crescere è quella silenziosa. Mirata. Verso persone che hanno interesse concreto e capacità di spesa, piuttosto che il visitatore mordi e fuggi, che non entra neanche a curiosare in bottega».

Intanto per Federico Panchetti resta la soddisfazione. «Da quando ho messo piede in questo angolo sperduto di mondo, così affascinante da far venire i brividi, è stato un crescendo di esperienze, emozioni, delusioni, pianti e convivi. Nello sport e nel lavoro le amicizie si sono incrementate, e quelle che c’erano già si sono rafforzate sempre più. Non avrei mai creduto che una delle più grandi sfide, e dei grandi sogni della mia vita si potesse concretizzare. Qui ho intrapreso un percorso che durerà anni. Forse una vita intera».

Comitiva di escursionisti

Intorno al fuoco del bivacco sotto le stelle di Laturo anche i fantasmi dei vecchi briganti sorridono insieme a lui.

 

Chiesetta della Madonna di Loreto prima del restauro


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