di Gianluca Ginella
Scena muta davanti al Gip per Marco Cimorosi, il presunto leader dell’associazione per delinquere che avrebbe riciclato in regione 130 milioni di euro.
L’uomo, 46 anni, di Montegranaro, è comparso questa mattina davanti al gip di Ancona per l’interrogatorio di garanzia (che si è svolto nel carcere di Montacuto, dove il 46enne si trova da lunedì, dopo l’arresto).
Due le indagini che lo coinvolgono. Una è la maxi inchiesta della Dda di Ancona con 146 persone indagate, a vario titolo, per presunti episodi di riciclaggio (9 gli arresti). L’altra è la costola che vede 3 persone indagate per corruzione: oltre a Cimorosi, ci sono il finanziere Luigi Minichelli, 59 anni, ascolano (in servizio ad Ascoli) e Marco Di Girolamo di San Benedetto, detto il Barone, 61 (entrambi sono ai domiciliari). Per l’accusa Minichelli avrebbe rivelato informazioni sull’indagine della Dda a Cimorosi (che lui nega di conoscere), attraverso Di Girolamo. Informazioni che sarebbero state vendute in cambio di denaro. Il 46enne oggi è stato interrogato su entrambi i fascicoli d’indagine, e ha scelto di non rispondere.
Al 46enne viene contestato di aver promosso la costituzione di società, in Italia ed all’estero, «strumentali ai bisogni dell’associazione», di aver individuato persone alle quali far ricoprire, formalmente, le cariche sociali di queste aziende che però amministrava lui. Società che poi emettevano, prosegue l’accusa, fatture per operazioni inesistenti. «Presenterò per il mio assistito riesame al Tribunale della libertà avverso entrambe le ordinanze – dice l’avvocato Roberta Alessandrini, legale di Cimorosi -. Sicuramente dovranno essere rivalutati con grande attenzione non solo i gravi indizi ravvisabili o meno nei risultati delle indagini svolte dalla Guardia di finanza ma anche la prospettabilità delle esigenze cautelari indispensabili per l’applicazione delle misure».
Nei giorni scorsi anche l’avvocato Francesco Voltattorni, che assiste il finanziere, avevano annunciato il ricorso contro l’ordinanza cautelare. Mentre ieri è stata scarcerata, ed è andata agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, un’altra indagata, Lucia Cocozza, 58 anni, napoletana residente a Civitanova, assistita dagli avvocati Gabriele Cofanelli e Massimiliano Cofanelli.
Entrambi i legali, insieme all’avvocato Ivan Gori, assistono anche Pio Cimmino, 68 anni, residente a Morrovalle, che oggi è comparso pure lui davanti al Gip per l’interrogatorio di garanzia.
Presente anche il pm (la richiesta di ordinanze in carcere era composta da ben 6mila pagine, che sono sfociate nell’ordinanza del gip di circa 500 pagine).
Cimmino si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ieri era invece stato interrogato il figlio, Massimiliano Cimmino, 41, residente a Civitanova, tutelato dagli avvocati Gian Luigi Boschi e Simone Santoro. Anche lui si è avvalso della facoltà di non rispondere.
A entrambi viene contestato, in qualità di organizzatori, finanziatori e capi di essersi adoperati nel gestire l’attività dei cosiddetti prelevatori, in cambio di 10mila euro mensili. Avrebbero accompagno i prelevatori nel momento in cui aprivano conti correnti alle Poste, e quando andavano a prelevare denaro contante. Soldi che, prosegue l’accusa, dovevano poi essere restituiti a Cimorosi.
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