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Raffaella Milandri, una “selvaggia” nella giungla dell’editoria

SAN BENEDETTO - A un anno dal suo debutto nell’intricato, e spesso ostile mondo dell’editoria italiana, la titolare delle case editrici Mauna Kea e Mauna Loa si racconta in questa nuova puntata di “Leggi che ti passa”. Letteratura etica, ma soprattutto di qualità, e attenzione al sociale i tratti distintivi di una realtà locale che riserva grande spazio a diritti umani e sensibilità vicine e lontane, come nel caso degli autori nativi americani
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di Federico Ameli

Come i lettori più affezionati sapranno, questa nostra rubrica nasce per dare spazio agli autori locali emergenti che, lottando quotidianamente con le tante difficoltà che al giorno d’oggi costellano il panorama culturale italiano, cercano di districarsi in quella che l’ospite di questa settimana non esita a definire come una vera e propria “giungla editoriale”, dalla quale lei stessa è riuscita finalmente ad affrancarsi dopo una serie di esperienze non proprio da incorniciare.

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Raffaella Milandri

Per conoscere meglio le dinamiche che animano l’altra parte della barricata, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Raffaella Milandri, scrittrice, giornalista e da un anno a questa parte titolare di una casa editrice. Anzi, due.

«Personalmente, non sono mai stata pienamente soddisfatta di ciò che ho visto a livello editoriale. Ho alle spalle sei pubblicazioni con due diverse case editrici e ho capito sulla mia pelle che la figura dell’editore che supporta l’autore seguendolo passo dopo passo nella stesura e nella promozione dell’opera purtroppo non esiste più. Proprio per questo motivo, con Mauna Kea prima e Mauna Loa in un secondo momento ho sentito l’esigenza di offrire, in primis ai miei testi ma anche a quelli di altri autori, un rapporto serio di lavoro, partendo dalla stipula di un regolare contratto fino ad arrivare a parlare dell’aspetto puramente economico».

Come sottolineato dalla sua responsabile, per scelta editoriale Mauna Kea e Mauna Loa – che devono il nome a due vulcani hawaiani – non richiedono alcun contributo per la pubblicazione agli scrittori, merce piuttosto rara di questi tempi. «Lo faccio – spiega Raffaella – per il senso di giustizia che da sempre mi anima, anche in altri ambiti della vita. Voglio dedicarmi il più possibile ai miei scrittori per cercare di offrire un buon prodotto e dar loro l’attenzione che meritano, che in fondo è la cosa più importante».

Una piccola ma molto interessante realtà sambenedettese, gestita con cura e passione da una donna di cultura che ha il merito di aver saputo abbinare all’amore per la letteratura una serie di competenze di natura più squisitamente commerciale, ormai indispensabili per poter anche solo pensare di gettarsi a capofitto nella “giungla”.

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«Non ti nascondo che stiamo parlando di un lavoro impegnativo e che al giorno d’oggi paga meno del dovuto, ma ho deciso di mettere la mia esperienza personale – sono una consulente di marketing dal 2004 – al servizio della buona scrittura. Per poter fare questo lavoro è necessario avere un minimo di conoscenze commerciali, perché il rischio di finire a gambe all’aria purtroppo è sempre dietro l’angolo. È necessario essere oculati nei passi da fare, valutando attentamente, ad esempio, il numero di copie da inviare alle librerie e continuando a lavorare con buoni propositi e buoni principi».

Oltre che per offrire il giusto spazio agli autori emergenti, il progetto Mauna Kea nasce con l’obiettivo di promuovere un tipo di scrittura che generalmente fatica a emergere nella grande distribuzione e che nella casa editrice sambenedettese ha trovato l’ambiente ideale per ambire a un meritato riconoscimento. Parliamo di letteratura etica, un aspetto che la nostra editrice ha particolarmente a cuore.

«Coltivo da sempre una grande passione per gli indigeni e le battaglie per i diritti umani. Quando ho deciso di fondare la Mauna Kea, l’intento era quello di dar voce a degli argomenti di rilievo e a sfondo spiccatamente etico, che sono un po’ i temi che prediligo, ma anche quello di iniziare a fare libri “alla mia maniera”. Per farti un esempio, lo scorso anno, in collaborazione con Myriam Blasini, ho pubblicato “Lessico Lakota“, il primo dizionario Italiano-Lakota, con la parte strettamente linguistica curata dalla Biasini e una sezione storica e mitologica a cui invece ho lavorato in prima persona.

Si tratta di un volume che nasce dichiaratamente per rendere giustizia a un linguaggio che rischia di scomparire, dato alle stampe in un anno che l’Onu ha voluto dedicare proprio alle lingue indigene». E a chi per caso si chiedesse quale possa essere il pubblico di riferimento di un’opera apparentemente tanto di nicchia, la Milandri non esita certo a rispondere, rivelando un certo e più giustificato orgoglio. «In certi lavori la passione è alla base di tutto. Benché ai più possa sembrare un azzardo, una buona fetta di pubblico ha saputo apprezzare l’operazione».

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Raffaella Milandri e Myriam Blasini mostrano il premio vinto da “Lessico Lakota”

Con la Mauna Kea intenta a ritagliare uno spazio nel panorama editoriale italiano a tutte quelle opere che fanno della letteratura etica e della coscienza sociale i loro valori aggiunti, da qualche mese a questa parte Raffaella ha deciso di aprire le porte anche ad altri generi letterari, privilegiando e in qualche modo valorizzando in particolare gli autori del territorio, alcuni dei quali sono già stati graditi ospiti della nostra rubrica.

«Se la Mauna Kea nasce anche per sensibilizzare i lettori sul confronto e sul supporto alla diversità di ogni genere, con la Mauna Loa ho cercato di diversificare un po’ i contenuti proposti. La prima uscita del secondo marchio è stata “Rimini Criminale”, un thriller molto valido e interessante scritto da Luca Cafaro pubblicato a maggio di quest’anno. Di lì a poco sono usciti anche il nuovo romanzo della sambenedettese Fania Pozielli, “La Vendetta delle Innocenti” (leggi l’articolo), e l’antologia di Antonio Gramsci curata dal giornalista Mario Di Vito (leggi l’articolo), anche lui sambenedettese».

Tra i tanti progetti promossi dalla Mauna Kea, ce ne sono almeno un paio che meritano di essere approfonditi. A cominciare da “Easy Reader”, la collana ad alta leggibilità ideata per andare incontro alle esigenze dei lettori con problemi di vista. Anche in questo caso, parliamo di una proposta editoriale che non si vede certo tutti i giorni sul mercato. «Si tratta di un’iniziativa presentata in collaborazione con la sezione di Ascoli e Fermo dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti e dedicata agli amanti della carta stampata. Il testo adotta un carattere 16, il che dà una mano a chi dovesse avere delle difficoltà con i libri tradizionali. L’emergenza sanitaria ci ha un po’ messo i bastoni tra le ruote, ma è un progetto di cui vado comunque molto fiera, così come quello che riguarda l’opera di un artista lakota a cui stiamo lavorando in queste ultime settimane e che uscirà a fine agosto».

Per evidenti motivi editoriali, Raffaella non può sbottonarsi troppo sull’argomento, ma in compenso ci racconta l’origine della sua passione per tutto ciò che rientra nell’affascinante universo culturale dei nativi americani. «Come ti dicevo, sono da sempre molto vicina a certe tematiche e qualche anno fa sono stata anche adottata da una famiglia – la Black Eagle, la stessa di cui, tra gli altri, fa parte anche l’ex presidente statunitense Barack Obamadi una tribù del Montana, alla quale sono legata da un grande senso di appartenenza, oltre che da un giuramento di fedeltà ai valori e ai principi del popolo nativo americano.

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Raffaella Milandri e Lance Henson, poeta cheyenne che con la Mauna Kea ha pubblicato “Voyager”

Il libro verte sulla cultura dei nativi americani, analizzata da un punto di vista molto simbolico e comunque legato alla tradizione. A dispetto di quanto si possa pensare, non sono persone particolarmente diffidenti, anzi, tendono a dare fiducia quando scorgono una base di correttezza da parte dei rappresentanti di altre culture».

A proposito di progetti futuri, oltre all’artista lakota di cui sopra, per la Mauna Kea bollono diverse idee in pentola. «Rimanendo sul tema dei nativi americani, a breve uscirà una raccolta di racconti per bambini scritti da un’autrice lakota, mentre io stessa sto lavorando a un’opera a carattere enciclopedica sulle riserve indiane, che negli ultimi mesi ho deciso di ampliare inserendo anche i dati relativi alla diffusione del Coronavirus da quelle parti».

Tanta carne al fuoco anche per la Mauna Loa, alle prese con un’altissima richiesta di pubblicazioni. «Purtroppo, al giorno d’oggi non è sempre facile premiare la buona scrittura. In questo senso, sto cercando di valorizzare le opere più meritevoli, dedicando molto spazio al lavoro di revisione prima di procedere alla stampa. Siamo letteralmente sommersi da manoscritti inediti: volendo fare una stima, posso dirti che in media selezioniamo un solo testo ogni cinquanta opere che giungono alla nostra attenzione, per le quali solitamente mi limito a dare qualche consiglio per poter puntare, un domani, alla pubblicazione».

Se è vero che la scrittura è una passione che si coltiva da giovani, è proprio dai banchi di scuola che la giovane casa editrice ha deciso di puntare, con il concorso “Opera Prima” che si propone, in collaborazione con il Liceo Classico “Leopardi” di San Benedetto, di premiare e dare una chance ai talenti in erba del territorio.

«Nella doppia veste di editrice e presidente di “Omnibus Omnes”, l’associazione che bandisce il concorso, cerco di valorizzare la fantasia dei ragazzi, che a quell’età sono capaci di voli pazzeschi che la vita poi tende gradualmente a spegnere. Attualmente la giuria sta valutando i tredici manoscritti e a ottobre verrà proclamato il vincitore, che vedrà la propria opera pubblicata da una delle due case editrici. L’obiettivo è quello di promuovere la buona scrittura, e anche se le vendite non dovessero coprire le spese di stampa non sarà certo un problema».

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Nata un po’ come gesto di stizza e di protesta nei confronti delle tante problematiche che affliggono l’editoria italiana, proprio qualche giorno fa la Mauna Kea ha festeggiato il primo anno di attività. È tempo dunque di tracciare un primo bilancio dell’attività, anche se la Milandri preferisce allargare lo sguardo al lungo periodo. «Credo fermamente che, al di là dell’aspetto economico, la cosa più importante sia offrire un prodotto di qualità agli artisti e ai lettori. Al giorno d’oggi, se non fai notizia, non è facile promuovere e promuoversi sul mercato. La macchina editoriale ha molte pecche, ma per il momento, nel nostro piccolo, stiamo riuscendo a toglierci qualche soddisfazione. Tra qualche anno, poi, potremo tirare le somme».


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