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Antichi mestieri in bianco e nero,
storia della famiglia Pespani

ASCOLI - Già nel 1880, in corso Mazzini, Guerino era dietro al bancone di una ferramenta. Poi il passaggio del testimone al nipote Aroldo che, anni dopo, lo cede al secondogenito Alvaro, che diverrà una vera istituzione cittadina. Una vicenda di passione e umanità che abbraccia tre secoli
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Una foto d’epoca nella ferramenta Pespani

di Walter Luzi

I Pespani di Ascoli Piceno vengono da Loreto. La loro ferramenta ha superato abbondantemente il secolo di vita e caratterizzato la vita e la crescita della città. Maria Teresa, l’ultima figlia di Alvaro, continua a portare avanti l’antica attività di famiglia. E racconta le vicende e i tanti personaggi che hanno contribuito a scriverne la storia.

A sinistra Guerrino Pespani, a destra Aroldo

In corso Mazzini, nel 1880, proprio di fronte alla centralissima farmacia Serra c’era già un Pespani, Guerrino il suo nome, dietro al bancone di una ferramenta. E’ venuto da Loreto in cerca di lavoro, e l’ha trovato alle dipendenze del cavalier Vincenzo Ceci, proprio in quell’emporio ben fornito. Dopo il matrimonio con Antonia, la vedova del Cavaliere, Guerrino Pespani si intesta l’attività nel 1908. Si risposa dopo la scomparsa della prima moglie, ma non riesce ad avere figli neanche stavolta. Chiama allora a sé, da Loreto, nel 1910, il giovane nipote Aroldo, figlio del fratello Roberto.

La Grande Guerra strappa, solo quattro anni dopo, il neo aiutante al lavoro nella ferramenta dello zio. Ferito sul fronte, Aroldo riesce comunque a riportare a casa la pelle. O per meglio dire, a casa e bottega. Perchè Guerrino e Aroldo Pespani abitano proprio sopra all’emporio e vi possono accedere direttamente da una scala interna. Vanno molto d’accordo zio e nipote, e l’affetto che li lega somiglia più a quello fra un padre e un figlio. Un affiatamento che ha riflessi molto positivi anche sugli affari, che vanno a gonfie vele. Da Pespani infatti si può trovare di tutto. La sua licenza commerciale è estesa a moltissime categorie merceologiche.

Altra immagine d’antan davanti al negozio, Alvaro è al centro

Nei magazzini di via Niccolò IV, dove l’attività si trasferirà poi nei primi anni Settanta, si costruiscono reti per letti, arredi e stufe, si smerciano vetri e legname. La clientela arriva, solo grazie al passa parola, dalle zone montane interne e dalle province limitrofe. Fabbriche, scuole, uffici figurano fra i tanti clienti, oltre, ovviamente, ai privati. Ma i due Pespani fanno anche del bene. Concedono credito a chi se lo merita. Danno volentieri una mano a chi è in difficoltà.

Aroldo, grande appassionato di musica lirica e numismatica, ma anche del gioco delle bocce, si farà presto apprezzare per la sua onestà e laboriosità. Figurerà fra i padri costituenti l’Associazione del Commercio, Turismo e Servizi della provincia di Ascoli, nell’immediato dopoguerra. Anni duri, difficili, ma anche pieni di voglia di fare, di rialzarsi, di rinascere dalle macerie.

Lo zio Guerrino si è già spento, nel 1943, e ora, al suo posto, fra gli scaffali della ferramenta si da un gran da fare il giovane figlio secondogenito di Aroldo. Si chiama Alvaro. Ha il diploma di geometra, ma ha interrotto gli studi universitari in Economia e Commercio, a pochi esami dalla laurea, per tuffarsi a capofitto nell’attività di famiglia. E’ portato per l’arte, la pittura, l’antiquariato, il restauro, Alvaro. Porta sugli scaffali dell’emporio pennelli e colori, tavolozze e stucchi, attrezzi, vernici e accessori per il restauro “fai da te” alla portata di tutti. Amante del bello, dimostrerà il suo animo nobile per tutta la vita.

Alvaro Pespani nei panni di console del Sestiere di Sant’Emidio

Un giorno dei primi anni Cinquanta, da Pespani, in corso Mazzini, entra una bellissima ragazza. Alvaro è arrampicato in cima ad una scala, con tante scatolette di viti, da sistemare sullo scaffale, fra le mani. Lei entra, e lo turba al primo sguardo. Si chiama Raffaella Sgattoni, è una sfollata sambenedettese trasferitasi alla Piazzarola per scampare ai bombardamenti. Alvaro ne è subito affascinato. Le scatolette gli scivolano dalle mani, rischia di cascare persino dalla scala. Una scena da film. Una cosa che può capitare solo una volta nella vita. I francesi lo chiamano coup de foudre.

Si sposano il 30 aprile 1956. Lei è la cugina del celebre, omonimo, fotografo sambenedettese. Darà ad Alvaro quattro figlie femmine di nome Maria. Maria Grazia, oggi dottoressa ginecologa, arriva nel 1957. Mara Letizia, neo pensionata, ex insegnante di Scienze Motorie, nel 1958. Maria Angela, l’artista di famiglia, oggi istruttrice di yoga, nata nel 1961. E, infine, Maria Teresa, a chiudere il mariano quartetto nel 1964. La famiglia di Alvaro va ad abitare anch’essa sopra la ferramenta. Casa e bottega. Come nella tradizione. La piccolina soprattutto cresce fra quei scaffali.

«Ci andavo a giocare in sella al mio triciclo – ricorda Maria Teresa – scendendo sotto da casa, magari di nascosto, a rompere le scatole alla signora Augusta, la ragioniera. Nonno Aroldo aveva le mani d’oro. E non solo quelle. A noi sue nipotine aveva costruito a mano, di legno, persino i ferri da maglia. In un angoletto, dove andavo spesso a curiosare, aveva le sue cose, i suoi attrezzi, ma anche qualche provvista alimentare, le botti dell’olio e del vino cotto. Sapori e profumi nell’aria misti agli odori delle vernici e della polvere degli scaffali. Questo mix strano ho respirato nella mia infanzia. Mi sembra ancora di sentirlo, tanto mi è rimasto dentro».

Nel 1970 Alvaro sposta la sede in via Niccolò IV. Nei locali di corso Mazzini resta l’antesignano dei negozi self-service per ferramenta e belle arti. Di pari passo continua nelle sue iniziative a favore dell’arte e della sua città di adozione, che ama immensamente. Organizza “La Marguttiana” in Rua delle Stelle, la suggestiva ribalta di Rrete li Mierghe per l’esposizione di opere pittoriche. Collezionista, appassionato di musica e di ogni forma d’arte, come la ceramica ascolana, apre la galleria “Nuove proposte” in via Ottaviano Iannella.

L’interno del negozio oggi

Pespani, stirpe di insegnanti. In famiglia sono numerose. Lo è anche Maria Angela. Di yoga, oggi, nello studio Aira. Partita dalla danza classica dell’ Istituto Spontini, ha girato poi il mondo, scoprendo la contemporanea moderna, grazie a Katie Duck, coreografa di avanguardia. Ha voluto tornare nella sua città per arricchirla delle sue esperienze e competenze. Mai pentita. Anche se qui, soprattutto all’inizio, ha stentato molto. Anche se qui, ha scoperto, è tutto più difficile. Ha cullato a lungo un progetto, concreto, di portare in Ascoli il Festival mondiale di danza contemporanea. Sogno rimasto sulla carta, e ospitato, poi, da Civitanova Marche. Un’altra opportunità persa. Una delle tante. Il lento, inesorabile declino, economico e non solo, della città, passa anche da certe sconfitte.

Dopo il diploma alle Magistrali Maria Teresa Pespani non ha, invece, ben chiaro il suo futuro. Alvaro le fa la proposta: «Prova a venire un po’ in negozio. Vedi se ti trovi, magari ti piace…». Non ne è più uscita. Con grande gioia di papà.

«I primi tempi più che altro facevo finta di lavorare lì dentro -confessa lei-. Me ne approfittavo, soprattutto con gli orari che erano molto elastici per me. Poi pian piano ho preso dimestichezza, i clienti si sono abituati alla presenza di una donna dietro a quel bancone. Aiutare la gente a risolvere mille piccoli problemi pratici, mi ha fatto innamorare di questo lavoro. Mi piace pensare soluzioni, accorgimenti, i materiali più adatti per ogni diversa esigenza. Con la chiusura di tante grandi aziende, anche noi stiamo risentendo della crisi. Abbiamo, nel tempo, diversificato e ridotto i settori. Papà, appassionato ed esperto di antiquariato si è indirizzato su prodotti per il restauro, maniglieria e serramentistica particolare, ricercata, bella in una parola».

La cerimonia di consegna della targa “Negozio Storico”

Manualità e fantasia, a Maria Teresa, non sono mai mancate. All’inizio degli anni Novanta entra in bottega anche il marito Lucio Mariani. Il mestiere lo insegna anche a lui Pietro Carosi, uno dei commessi storici di Pespani. «Fedeli e infaticabili» li definisce Maria Teresa. Come Tonino Ricciotti. Come Pietro Rosa. Come la ragioniera Marina Caucci.

«Ma come fate a ritrovare subito tutto quello che cercate, ci chiedono i clienti ancora oggi – ci ride su Maria Teresa –. E’ facile. Vivendoli ogni giorno quegli scaffali. Da noi i codici a barre non sono mai entrati. E anche a chi ci chiede perché non ci siamo mai spostati dal centro. Un idea questa, che non ci ha mai sfiorato. Anche se la superfice è, effettivamente, troppa ora. Anche se il centro sta morendo. Ma in quel magazzino c’è tutta la storia della mia famiglia».

Maria Teresa con il marito Lucio Mariani in negozio

E l’anima di Alvaro. A pochi mesi dalla morte spende tutte le sue residue energie per celebrare il gemellaggio fra le università di Ascoli e di Aquisgrana. Ce la fa, ma stampa e istituzioni locali snobbano l’avvenimento. Una amarezza che intristisce ancor più l’imminente addio. La stessa, più volte provata, per le ricorrenti lotte intestine, per le faide in seno al suo amato Sestiere di Sant’Emidio. Quintana. Ecco il Principe Console Alvaro Pespani. Figura simbolica e carismatica, autorevole, sempre fuori dai giochi di potere.

Sant’Emidio prima di tutto. Sfilerà nel corteo storico di quella Quintana che aveva contribuito a far rivivere nell’era moderna, per 58 anni filati. Gli ultimi contro gli acciacchi dell’età avanzata, e i consigli di chi gli voleva bene. Cominciavano a maggio le discussioni in famiglia sulla opportunità o meno di sfilare ancora nel corteo storico. Con lui non c’era verso. Il caldo, i malanni e il peso delle tante primavere svanivano appena tirava fuori il suo costume d’epoca dall’armadio. Lo sfilava dal cellophane per indossarlo mentre già fuori si udivano, distintamente, risuonare tamburi e chiarine. Altro che medicine e riposo. Persino la sua postura trovava immediato miglioramento dentro quell’abito solenne. Il posto di Alvaro Pespani era alla testa del suo Sestiere. Che si raccoglieva e si incolonnava ad ogni Quintana proprio sotto la sua casa.

La sfilata del Principe Console finiva, nei suoi ultimi anni, all’ingresso in Piazza Arringo. A malincuore, affaticato, sotto il sole cocente, si faceva da parte, a salutare il passaggio dei suoi sestieranti che proseguivano la marcia verso il campo giochi. Mano sul cuore. Simbolo altero e icona sacra rossoverde. Commosso e commovente. Lui non vestiva i panni del Console di Sant’Emidio. Lui era il Console di Sant’Emidio. Ci ha lasciati a novant’anni il sor Alvaro. Signore di animo e di modi fino all’ultimo dei suoi giorni. Al suo funerale, nel marzo del 2014, lo abbraccia, idealmente, tutta Ascoli.

«C’era tanta di quella gente a salutarlo per l’ultima volta che neppure noi ci saremmo mai aspettato in quella misura – racconta sempre Maria Teresa -. La mamma, noi quattro figlie, e i sette nipoti, non finiremo mai di ringraziare la città per il grande affetto che, quel giorno, ci ha riempito di commozione e di orgoglio».

E’ questa l’eredita più grande che lasciano i grandi.

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