di Federico Ameli
I fondi del Pnrr e la transizione ecologica chiamano, l’assemblea Ata per il momento preferisce non rispondere rinviando la decisione a tempi più maturi.
La conferenza dei sindaci della provincia andata in scena nel primo pomeriggio di ieri, venerdì 11 febbraio, si è risolta nel giro di appena mezz’ora con una fumata grigia dettata dalla proroga disposta dal Ministero, con il direttore tecnico dell’Ata, Claudio Carducci, che alla luce della nuova scadenza fissata per il 23 marzo ha invitato i primi cittadini a prendere tempo per valutare più attentamente le proposte sul tavolo in tema di gestione e smaltimento rifiuti.
L’assemblea dei sindaci in modalità telematica
Con 36 milioni di euro potenzialmente in ballo per la riqualificazione del ciclo di rifiuti dell’Ascolano, il presidente Sergio Loggi ha accolto con favore la proposta del direttore Carducci, evidenziando l’opportunità di ragionare ulteriormente sul voto in attesa che tutti gli enti coinvolti presentino la necessaria documentazione ai tecnici della Provincia.
Una proposta accolta all’unanimità dall’assemblea, con il solo sindaco Marco Fioravanti a caldeggiare la votazione sulla delibera prima di tornare sui suoi passi e assecondare la volontà di rinvio espressa in blocco dai colleghi.
A quel punto, su invito dei sindaci Mauro Bochicchio di Castel di Lama e Sara Moreschini di Appignano, per ottimizzare i tempi e non vanificare l’opportunità di discutere insieme i termini della proposta i primi cittadini della provincia si sono dati appuntamento in una riunione informale volta ad analizzare costi e benefici delle soluzioni messe sul piatto.
In attesa della prossima assemblea, a tracciare un primo bilancio dell’incontro è proprio il sindaco lamense, che esprime le sue perplessità sulla possibilità di fare affidamento su un duplice impianto, con un biodigestore anaerobico da affiancare a quello aerobico già attivo nel sito di Relluce.
Mauro Bochicchio
«È una soluzione che non mi convince – spiega Bochicchio – e non solo per la volontà di insistere su Relluce, bensì per un’evidente contraddizione del progetto.
Al di là delle parole di Collina – amministratore delegato di Picenambiente, ndr – le carte dicono che avremmo un biodigestore anaerobico che tratta 40.000 tonnellate di rifiuti con codice Cer 200108, ossia il biodegradabile di mense e cucine, senza considerare la richiesta di un revamping per l’impianto di tipo aerobico che consentirebbe di trattare altre 24.000 tonnellate degli stessi rifiuti e 15.000 tonnellate di potature.
In totale, dunque, ci ritroveremmo con 64.000 tonnellate autorizzate quando attualmente l’Ambito ne produce appena 20.000, con una capacità impiantistica potenziale di tre volte superiore al necessario».
Costi, proporzioni e futuribilità di un tale investimento sono i principali fattori alla base dello scetticismo manifestato dal primo cittadino di Castel di Lama.
«Ci dicono che l’intenzione è accogliere meno rifiuti – prosegue Bochicchio – ma al tempo stesso si promuove un impianto del genere: una follia. Poi, nel caso in cui arrivassero rifiuti da fuori provincia, si finirebbe certamente a parlare dello sconto in tariffa, quando invece potendo contare su un finanziamento europeo per il revamping potremmo rinunciare al biodigestore anaerobico».
Si rinuncerebbe anche al biogas, ma che senso avrebbe pagare due impianti e due costi di gestione quando ci si potrebbe limitare alle spese di un solo impianto senza neppure doversi sobbarcare i costi di ammortamento?».
La replica della controparte non è bastata a dissipare i dubbi del sindaco pentastellato, che dal canto suo preferirebbe puntare esclusivamente sull’ammodernamento del già esistente impianto aerobico.
Marco Fioravanti
«Hanno risposto dicendomi che tutti i sindaci preferirebbero produrre anche il biogas, ma credo che sia necessario valutare anche quanta energia andrà sprecata per questa produzione.
Personalmente sono dell’idea che, nel caso in cui riuscissimo a intercettare quei fondi, nell’interesse collettivo di dover ridurre le tariffe sia conveniente puntare solo sull’aerobico, che costa meno e fa al caso delle nostre esigenze.
Chi invece, come Fioravanti, spinge per un biodigestore anaerobico – conclude Bochicchio – dovrebbe realizzarlo in proprio, mettendo a rischio i soldi dei propri concittadini, con la variabile di un possibile cambio di rotta nella gestione dei rifiuti che nel giro di qualche anno potrebbe rendere tutt’altro che competitivo un impianto del genere».
Piano rifiuti, proposta dell’Ata per avere 36 milioni dal Pnrr
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