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Un 25 Aprile con i venti di guerra: Festa della Liberazione con cerimonie in città e a San Marco (Video e foto)

ANNIVERSARIO - Le preoccupazioni che arrivano dall’Ucraina, i venti di guerra che tornano a spirare minacciosi, riportano tanta gente al sacrario partigiano di Colle San Marco. L’intervento del presidente provinciale dell’Anpi, Pietro Perini, interrotto più volte dagli applausi. La custodia della Memoria del passato convive con la tradizionale, invasiva e chiassosa, festa sul pianoro
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di Walter Luzi

 

25 Aprile, ritorno al passato. Dopo le polemiche dello scorso anno, le celebrazioni ascolane del 25 aprile a Colle San Marco riprendono slancio. Tornano il picchetto armato d’onore dell’Esercito, le note struggenti del Silenzio fuori ordinanza, i discorsi delle autorità, i preti per celebrare la messa (Don Giampiero Cinelli responsabile diocesano per la comunicazione e Don Rodolfo De Santis cappellano militare). Torna soprattutto la gente, tanta, rispetto almeno agli anni più recenti, a raccogliersi nei pressi del sacrario partigiano.

 

Pietro Perini

La guerra in Ucraina ha riportato, prepotentemente grazie ai media, d’attualità orrori dimenticati, e confermato, drammaticamente, quello che l’Anpi (Associazione partigiani) paventa da sempre: la democrazia, la libertà, la pace, non sono valori garantiti, inalienabili. Ma patrimoni da custodire, proteggere gelosamente da ogni sorta di minaccia, perché possano essere tramandati alle nuove generazioni. Non è mai stata una retorica di circostanza. Lo abbiamo capito bene solo con il precipitare degli eventi ucraini negli ultimi due mesi.

 

E’ Pietro Perini, il presidente provinciale dell’Anpi, nel suo intervento di apertura, appassionato come sempre, a ribadire concetti elementari. E incontrovertibili. «Articolo 11 della nostra Costituzione: L’Italia ripudia la guerra – attacca – il 25 Aprile è anche questo. La ripudia. Così hanno scritto i padri fondatori. Non la incoraggia, o la finanzia. Solo ora che ci è arrivata in casa, nella nostra Europa, ce ne accorgiamo. Ma di guerre in tutto il mondo se ne sono combattute, e se ne stanno combattendo, decine e decine. Lontane, dimenticate, che non fanno notizia nei telegiornali».

 

E giù una lista interminabile di angoli del mondo, di ogni continente, dove milioni di persone continuano a soffrire, a morire, e a fuggire, a causa delle guerre. «Non ci sono guerre di serie A e guerre di serie B – continua Pietro Perini – come non ci sono, non ci devono essere, profughi di serie A e profughi di serie B. Profughi veri e profughi falsi».

 

Gli applausi dei presenti lo interrompono più volte. Il tema è molto sentito. Attuale e controverso. Pericolosamente miope è chi intende perseguire la pace dispiegando arsenali. L’Europa rischia di diventare un gigantesco campo di battaglia, questa è la verità. La pace non si costruisce continuando a fabbricare e a vendere armi, continuando a costruire basi militari dove ammucchiarvi bombe atomiche che, prima o poi, verranno usate. Il Pensiero sta, lentamente e drammaticamente, a tornare unico. E quando è quello del Potere c’è da preoccuparsi.

 

«Quella del Papa – continua Perini – è l’unica voce fuori dal coro, pressochè unanime, dei governi. I testimoni diretti delle atrocità dell’ultima guerra mondiale, anno dopo anno, vanno scomparendo. Che non vada mai persa la Memoria storica del loro sacrificio e del loro messaggio. Pochi mesi dopo aver deposto le armi vollero infatti scrivere nella nostra Costituzione: mai più guerre».

 

Due bambini portano la corona di alloro su per la scalinata del Sacrario. Simbologia forte di questo 25 Aprile segnato dal dramma ucraino. I loro nonni si sono sacrificati per costruire un mondo migliore. I loro genitori non ce l’hanno fatta nemmeno a conservarlo. Lo sviluppo economico non ha portato vero progresso, ha avvelenato solo il pianeta. Il consumismo è servito a creare falsi bisogni e a favorire ogni tipo di business senza scrupoli. La Memoria, come l’etica, sono stati risucchiati da un imbarbarimento generalizzato, e crescente, ad ogni livello.

 

Auto incolonnate alla volta del pianoro

BARBECUE E AUTO IN CODA – Poco più in là, dal pianoro, arrivano il frastuono e gli echi della tradizionale invasione annuale. I fumi dei tanti barbecue coprono i profumi della primavera, le orde dei gitanti lasceranno sui prati violati una montagna di rifiuti. Lungo la strada che porta fino al pianoro già congestionato, chilometri di auto salgono lentamente incolonnate sotto il sole. Non si viene più a piedi fino a San Marco in questo giorno, come una volta, in religiosa contemplazione dei boschi silenti tutto intorno. La Natura oggi non si ama più. Si consuma, come tutto il resto. Si abusa, senza rispetto. Si violenta allegramente. Cantano ancora “Bella ciao” davanti al sacrario partigiano. Come una volta. Come ogni volta. Ora la conoscono e la cantano nel mondo intero, in ogni più nobile occasione. “Bella ciao”. E il cuore si riapre alla speranza.

 

Prima della doppia cerimonia a Colle San Marco, di prima mattina ce n’è stata un’altra, anch’essa doppia, ad Ascoli: la deposizione di corone di alloro prima sulla facciata del Palazzo del Governo in Piazza Simonetti, e poi al monumento ai Caduti di Piazza Roma.

Presenti il prefetto Carlo De Rogatis, il presidente della Provincia Sergio Loggi, il sindaco di Ascoli Marco Fioravanti, il vice sindaco di San Benedetto Tonino Capriotti, gli onorevoli Roberto Cataldi e Lucia Albano, l’assessore regionale Guido Castelli, i consiglieri regionali Anna Casini e Andrea Assenti, quelli provinciali Stefano Novelli e Marco Teodori, l’assessore comunale di Ascoli Donatella Ferretti, i sindaci Giuseppe Amici (Palmiano) e Sante Capanna (Montegallo), la vice sindaco Daniela Morelli (Monteprandone), il vescovo della Diocesi di Ascoli Gianpiero Palmieri, tutti i vertici delle Forze dell’ordine, rappresentanti delle Associazioni combattentistiche e d’Arma e dell’Anpi.

 

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