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La corsa delle polemiche: un po’ di Adriatico e niente Ionio

ASCOLI - Ancora vive le lamentale delle persone costrette a restare in casa o chiuse negli abitacoli infuocati delle auto in coda. Sui social sfoghi di ogni genere
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di Andrea Ferretti

 

Non si sono ancora spente ad Ascoli le polemiche per quanto accaduto ieri mercoledì 8 giugno in occasione della gara ciclistica “Adriatica Ionica Race” che ha finito per chiudere in casa, o nei quaranta gradi degli abitacoli delle auto, tanti cittadini. Quel che è peggio, ma anche significativo, è che la stragrande maggioranza di questi cittadini non sapeva quel che stava accadendo.

 

Nel day after corre l’obbligo di far notare, e magari anche capire il significato del nome della corsa. Il mare e la costa adriatica sono state sfiorate, dello Ionio non c’è stata traccia visto che è un mare che bagna l’Italia Meridionale, la Sicilia, l’Albania e la Grecia. Vabbè, la geografia può attendere. Così come tante persone hanno atteso il “tana libera tutti” per potere, ad esempio, recarsi al lavoro (i ritardi non si contano) o rincasare.

 

L’Amministrazione comunale ha fatto quello che ha potuto ma non è bastato. Sicuramente è mancato il coordinamento necessario quando si chiudono le strade. Questo è avvenuto quasi in simultanea finendo per stoppare chi voleva entrare o uscire dalla città e intrappolare chi era dentro le mura.

 

Che in gara non ci fossero nomi di richiamo è un altro fattore che non ha aiutato. La corsa era aperta a corridori professionisti e le squadre appartenevano alle categorie World Tour, Professional e Continental. Il più famoso dei partecipanti Davide Rebellin, 51 anni (!), che è stato un corridore di buon livello fin dagli esordi da “prof” nel 1993.

 

Questa Adriatica Ionica Race 2022 è durata 795 chilometri, diluiti in cinque tappe. Ma torniamo ai mari. Prima tappa: da Tarvisio (in provincia di Udine, 80 km dall’Austria) a Monfalcone (Gorizia) dove c’è il mare Adriatico. Seconda tappa: da Castelfranco Veneto (località interna del Veneto in provincia di Treviso) a Montegrappa (Prealpi venete tra le province di Vicenza, Belluno e Treviso). Terza tappa: da Ferrara (il mare Adriatico più vicino è a Comacchio, 50 km) a Brisighella (nel cuore dell’Appennino). Quarta tappa: da Fano (Pesaro Urbino dove c’è il mare Adriatico) a Riviera del Conero/Sirolo dove l’Adriatico è di casa. Quinta tappa: da Castelraimondo (entroterra maceratese) ad Ascoli che il mare ce l’ha a 27 chilometri.

 

Vabbè, alla fine l’Adriatico un po’ s’è visto, per lo Ionio l’appuntamento magari è rimandato al prossimo anno. Qualcuno potrebbe ripiccarsi: “sapete solo lamentarvi, non torneremo più!” Errore. Tornate, invece, tornate. La città di Ascoli ha accolto alla grande e ha fatto un figurone ogni volta che è stata chiamata in causa per eventi sportivi di questo tipo, ma anche molto più blasonati. Stavolta, purtroppo, è innegabile che qualcosa non ha però funzionato.

 

L’Adriatica Ionica Race gode del patrocinio di quattro Regioni (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche), Coni, Unione ciclistica internazionale, Federazione ciclistica italiana e Lega del ciclismo professionistico. Alla fine cinque le maglie assegnate: Geo e Tex azzurra, Italia verde, Suzuki rossa, Gabetti bianca, Fsa arancione.

 

Adriatica Ionica Race, città cinturata e automobilisti ad arrostire nelle auto in coda: solo proteste


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