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Ombrelloni abusivi, Luca Cardola (Azione): «I danni al turismo li fa chi non rispetta le concessioni»

SAN BENEDETTO - Per l'ex dirigente al bilancio, il piano spiaggia può essere modificato per favorire i balneari. Il rilancio del settore, però, dovrebbe passare per il contrasto all'evasione fiscale e al lavoro nero
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L’ex dirigente al bilancio Luca Cardola (Azione)

 

di Giuseppe Di Marco

 

E’ indubbio che, nei giorni scorsi, la Riviera delle Palme abbia fatto parlare di sé ben oltre i confini della cronaca locale. Il caso degli ombrelloni abusivamente posizionati al di là delle concessioni demaniali ha suscitato un accesissimo dibattito, che ha finito per spaccare l’opinione pubblica. A dividere è stato, soprattutto, il punto di vista da cui partire per analizzare la vicenda: i danni causati al turismo, il mancato rispetto delle regole? Angolazioni opposte della medesima vicenda, che forse meriterebbe una riflessione ben più ampia. Ne abbiamo parlato con Luca Cardola, membro di Azione ed ex dirigente al bilancio del Comune di San Benedetto.

 

Cardola, come inquadrare la vicenda?

 

La questione ha una duplice lettura: quella delle violazioni ai danni delle norme del demanio e quella delle possibili soluzioni.

 

Partiamo dal primo filone.

 

Nel primo caso, bisogna immediatamente rilevare che siamo di fronte ad una categoria che si dimostra poco incline a rispettare leggi e convenzioni. Alcuni balneari, di fatto, hanno violato i limiti delle proprie concessioni. Chi parla di “danno al turismo” dovrebbe intanto riconoscere che questo danno è stato fatto da loro, non dalla Capitaneria, che può effettuare controlli come e meglio crede.

 

A questo punto però bisogna pensare alle soluzioni. Come vede le annunciate modifiche al piano spiaggia?

 

Il piano spiaggia non è un tabù: può essere modificato, e se si tratta di apportare qualche piccolo cambiamento per mettere pochi ombrelloni in più, non vedo dove sia il problema. Ma tutto il polverone che si è alzato dovrebbe indurre a fare una riflessione più profonda ed estesa.

 

In che senso?

 

Nel senso che è necessaria un’autentica riforma del settore per il miglioramento dell’accoglienza turistica. Intanto si dovrebbe intervenire sui canoni demaniali, che sono bassissimi. Ma questo ovviamente non è sufficiente: bisogna assegnare le concessioni con una procedura di evidenza pubblica.

 

L’applicazione della Bolkestein?

 

Tutti i paesi europei che affacciano sul mare prevedono gare pubbliche per gli stabilimenti. Tutti ad eccezione della Spagna, ma solo perché lì, dopo il regime di Franco, le spiagge sono state oggetto di un esproprio senza indennizzo.

 

E poi, cos’altro è necessario?

 

Bisogna pensare ai due veri problemi che attanagliano la categoria, che sono di ordine fiscale e contributivo.

 

Più nel dettaglio?

 

I balneari devono essere monitorati per quel che riguarda l’evasione fiscale e il lavoro in nero. La maggior parte dei concessionari non presenta ricavi trasparenti, è ora che le autorità preposte controllino la situazione. Così come l’ispettorato del lavoro dovrebbe mappare le condizioni dei cosiddetti stagionali. Nessuno odia i balneari, ma la loro attività deve svolgersi in un contesto di ripristinata legalità.

 

Qualcuno lo definirebbe l’ennesimo attacco alla categoria…

 

Tutt’altro: se i balneari cominciassero a pagare i contributi ai propri lavoratori, e se pagassero canoni più alti, probabilmente sarebbero incentivati a rimanere aperti anche in autunno per ammortizzare le spese. Potrebbe essere una leva per la cosiddetta destagionalizzazione e, in più, per una maggiore e sana occupazione. È così che si riqualifica il turismo. Chi non paga le tasse e sfrutta i lavoratori, al contrario, avversa la crescita economica.


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