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Un gioiello dei Sibillini: Macereto, il Santuario tra i monti

«ALLORCHE' viene raggiunta la sommità e la piana, si presenta allo sguardo una pittoresca visione: il vasto altipiano di smeraldo, la mole grigia del santuario di forme bramantesche, la maestosità del monte Rotondo rosseggiante, il dolomitico monte Bove che si staglia nell'azzurro a destra, a sinistra il lugubre abisso che l'antico castello vegliava (L’alto Nera, Ado Venanzangeli, 1972)»
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Il Santuario di Macereto con, sullo sfondo, la Casa del pellegrino (foto Antonio Vagnoni)

 

di Gabriele Vecchioni

 

Il Parco Nazionale dei Monti Sibillini è un mosaico di ambienti rari e interessanti; uno dei suoi “gioielli”, sul versante orientale dell’area protetta, è il Santuario di Macereto, il complesso monumentale argomento di questo articolo. Ma prima del focus su questa emergenza storico-architettonica, uno delle poche opere risparmiate dal terribile sisma del 2016-17 che tanti lutti e danni ha portato nel distretto montano (la cittadina di Visso, cha ha subìto tanti guasti, non è lontana), una breve presentazione dell’area.

 

Il portico che si appoggia al recinto murario serviva di riparo per i pellegrini (foto “I luoghi del silenzio”)

IL PARCO NAZIONALE DEI MONTI SIBILLINI, istituito nel 1993 ed esteso per oltre 70mila ettari a cavallo tra le regioni Umbria e Marche, è caratterizzato dalla presenza di diverse vette che superano i 2000 m, tra le quali il Monte Vettore, tetto delle Marche (2476 m). Sul versante orientale dei Monti, quello marchigiano, si trovano le valli dei fiumi Aso, Tenna e Ambro, che insieme al Nera costituiscono il sistema fluviale del Parco. Sono presenti due laghi: quello artificiale di Fiastra e il lago glaciale di Pilato, a 1940 m d’altezza, sotto la cima del Vettore (il più alto lago naturale dell’intera catena appenninica).

 

IL PATRIMONIO NATURALISTICO – La flora è piuttosto ricca: qui vegetano specie rare come la stella alpina e la genziana. La fauna comprende 50 specie di mammiferi, tra cui il lupo, la martora e il capriolo (recentemente reintrodotto), e 150 specie di uccelli, tra i quali l’aquila reale e il falco pellegrino; oltre 20 le specie di rettili e invertebrati: tra essi, la rara vipera dell’Orsini e il chirocefalo del Marchesoni, piccolo crostaceo che vive esclusivamente nel lago di Pilato.

 

Nell’area del Parco sono (ri)compresi diversi comprensori.

Il cosiddetto versante fiorito del Parco comprende la zona settentrionale, con i prati di Ragnolo dalle splendide fioriture estive di orchidee, liliacee e altre specie interessanti come la fritillaria dell’Orsini (presente anche sull’ “ascolana” Montagna dei Fiori) e il narciso.

 

Nella profonda forra del Fiastrone si trova la Grotta dei Frati, suggestivo eremo dei Clareni (secc. XII-XIII).

L’arco di ingresso al recinto murario del complesso (foto Antonio Vagnoni)

IL VERSANTE STORICO – La tradizione vuole che Visso sia stata fondata ben 900 anni prima di Roma; dal suo riconoscimento come libero comune e fino all’invasione napoleonica, il territorio era diviso in cinque distretti (le Guaite) che comprendevano anche Castelsantangelo sul Nera e Ussita. Nei diversi centri (gravemente danneggiati dal sisma) c’erano castelli e torri di vedetta per il controllo del territorio.

Qui troviamo le Gole del Nera e il massiccio “dolomitico” del Monte Bove, dove si possono rinvenire tutte le associazioni vegetali d’alta quota tipiche dei Sibillini. A questo comprensorio appartiene il santuario di Macereto, capolavoro dell’architettura rinascimentale marchigiana, edificato sull’altopiano omonimo, in località Cupi.

 

IL VERSANTE SACRO – Cuore di questo settore del Parco è Norcia, patria di San Benedetto, patrono d’Europa, famosa per il suo splendido centro storico, con la piazza e la

chiesa (secc. XIV-XVIII) dedicata al Santo, il Duomo (sec. XVIII) e altri interessanti edifici storici, tutti danneggiati più o meno gravemente dai recenti eventi sismici. Dalla cittadina è possibile raggiungere località singolari: le “marcite”, originale sistema di irrigazione permanente dei prati, realizzato dai monaci benedettini; i Piani di Castelluccio, due ampie aree pianeggianti di origine carsica, in mezzo alle quali si erge l’omonimo centro abitato, anch’esso gravemente danneggiato; l’Abbazia di Sant’Eutizio (sec. V), famosa per l’abilità dei monaci nella cura dei malati, oltre che con le erbe, anche per con una chirurgia allora all’avanguardia (l’edificio è parzialmente crollato ed è in atto la sua ricostruzione).

 

L’abside affrescato (foto dal sito web del Santuario)

IL VERSANTE MAGICO – I Sibillini nel Medioevo erano conosciuti in tutta Europa come regno di dèmoni, negromanti e fate. Due le leggende più famose: la prima è quella della profetessa Sibilla, che viveva in una grotta sull’omonimo monte (articolo precedente, leggilo qui); la seconda riguarda Pilato, legato alla Passione di Cristo: il corpo del procuratore sarebbe stato trascinato da alcuni bufali nelle acque del «demoniaco laco», sito nella valle glaciale che attraversa longitudinalmente il massiccio del Vettore (leggi qui l’articolo relativo). Poco distante si trova la Gola dell’Infernaccio, creata dall’erosione operata dal fiume Tenna sui calcari della zona.

 

Il SANTUARIO DI MACERETO è un complesso architettonico (e religioso), immerso in una pineta artificiale e circondato da aree prative, che si trova nel territorio comunale di Visso, in provincia di Macerata, a circa 1000 m di altitudine. Non lontano sorgeva il castello della famiglia Magalotti, conti di Fiastra (i resti di un loro castello sono a Trebbio di Fiastra). Le linee rinascimentali del complesso di Macereto si stagliano in un contesto paesaggistico spettacolare: come già anticipato nelle righe precedenti, il Santuario si erge, in suggestiva solitudine, su un altopiano del versante occidentale dei Monti Sibillini.

Qui passava l’antica “Via di Macereta e Laureta”, il percorso che seguivano i pellegrini che dal Regno di Napoli raggiungevano il Santuario di Loreto.

 

L’altare con la statua della Maternità, all’interno della chiesetta (foto dal sito web del Santuario)

IL NOME completo del santuario di Macereto è Santa Maria Assunta di Macereto. Per quanto riguarda la dedicazione non ci sono dubbi; qualche perplessità la lascia l’attributo “geografico”. Il termine “macereto” indica l’accumulo di rocce e di detriti ai piedi delle pendici montane oppure un cumulo di macerie. Nel nostro caso, si può escludere il primo significato per la relativa lontananza dei rilievi; tutto lascia presumere che il termine possa riferirsi al già citato castello dei conti di Farfa.

 

LE ORIGINI – La tradizione popolare narra che il 12 agosto 1359, durante la traslazione del simulacro di una Madonna con Bambino da Loreto al territorio del Regno di Napoli, i muli che tiravano il carro si fermarono e si inginocchiarono proprio nel sito dove ora sorge il Santuario. Nonostante le sollecitazioni (e le frustate) dei conduttori e della popolazione accorsa, gli animali non vollero muoversi e la gente vide nell’evento un segno divino di come la Madonna volesse essere onorata in quel luogo.

 

La “leggenda di fondazione” del Santuario ricalca uno schema già conosciuto per altre costruzioni simili (per esempio, nel vicino Abruzzo): è la stessa divinità a indicare il luogo dove vuole essere onorata, con un evento prodigioso o un segno miracoloso (impronte sulla pietra, luci sfolgoranti, voci misteriose o, come in questo caso, animali che si rifiutano di proseguire con il loro carico di reliquie o immagini sacre).

 

L’antica chiesetta, inglobata nella nuova costruzione e rivestita di pietra locale (foto dal sito web del Santuario)

Ma leggiamo il cosiddetto “miracolo dei muli” in una cronaca dell’epoca che riporta il prodigio all’origine della costruzione del santuario e della sua dedicazione: «Lo santo simulacro de la Madonna de Macereto, territorio di Visso, di cui è avvocata principale, mentre era trasportato da la Marca d’Ancona ad un certo paese dello Regno de Napoli, giunti li mulattieri al detto loco de Macereto, i muli inginocchiati si fermarono, quali neanche a fortia de battiture si poterono far levare in piedi, et i condottieri stimarono ciò segnalato prodigio de lo Cielo, lì depositarono il pretioso pegno de la S. Statua de Maria S.ma lo sancto dì 12 agosto di N.S. 1359 e le fu facta da devoti una cappella. La Santa Immagine, nel venire al detto loco de Macereto, fu seguita da una nube, che da cocenti estivi rai del sole la difese».

In pochi anni, a Macereto sorse una piccola chiesa dedicata alla Madonna, per poter ospitare la statua, che era rimasta nel posto. Nella seconda metà del sec. XV, la statua lignea originale fu sostituita da un’altra, conservata nel Museo-Pinacoteca civico e diocesano di Visso.

 

Madonna col Bambino, statua lignea policroma del Maestro della Madonna di Macereto (sec. XV, Museo Civico Diocesano, Visso MC)

LA COSTRUZIONE – All’inizio del sec. XVI (1528) iniziò la costruzione del santuario (che ingloberà la primitiva edicola), sotto la direzione dell’architetto Giovan Battista da Lugano, il quale riprese un progetto precedente (1505) dell’urbinate Bramante (pseudonimo di Donato di Angelo di Pascuccio, uno dei maggiori artisti del Rinascimento). La basilica, dall’impianto grandioso e completamente rivestita di travertino, fu voluta dal Vescovo di Spoleto e trovò l’appoggio entusiasta di Papa Sisto V.  L’edificio fu terminato nel 1556, sotto la direzione di Filippo Salvi da Bissone, che aveva sostituito, nel 1553, il defunto Lugano.

 

Il complesso architettonico attuale comprende la chiesa, la Casa dei Pellegrini, la Casa del Corpo di Guardia e il cosiddetto Palazzo delle Guaite. La costruzione, a pianta ottagonale, ha tre ingressi su avancorpi (i tre portali, uno per ogni guàita, sono rivolti verso Visso, Ussita e Cupi e decorati da bassorilievi e capitelli). All’interno, al centro dell’edificio, si trova un tempietto (la chiesetta originaria) rivestito in pietra locale; su una facciata è murata una lapide sulla quale è incisa, in latino, la storia del miracolo di Macereto. La soluzione architettonica adottata a Macereto è simile a quella della Porziuncola, (ri)compresa nella basilica assisiate di Santa Maria degli Angeli. La pianta dell’edificio è a croce latina iscritta in un quadrato, secondo gli insegnamenti di Leon Battista Alberti e dell’arte rinascimentale.

 

La conca absidale contiene l’altare maggiore ed è decorata con stucchi, statue e diverse opere di Simone de Magistris del periodo 1580-82 (Il Natale di Gesù, L’Adorazione dei Magi, La Discesa dello Spirito Santo, La Circoncisione, La Natività della Madonna e La Fuga in Egitto). Al centro dell’abside, La Resurrezione di Angelo Righi (1598).

Un recinto murario con lungo portico interno serviva come riparo per i pellegrini e delimita(va) un’ampia area davanti alla costruzione.

 

LA SITUAZIONE ATTUALE – Il parco e la pineta intorno al santuario sono accessibili tutto l’anno; per visitare l’interno del santuario occorre trovarsi a Macereto nelle domeniche d’estate, il 1° maggio e il 16 agosto, giorno in cui si festeggia “l’arrivo della Madonna”.  È possibile reperire le modalità da seguire per le visite con una facile ricerca in Rete (web).

 

Il Santuario di Macereto nel Parco dei Monti Sibillini (foto Antonio Vagnoni)

Nelle foto d’epoca (da Marche, TCI, 1953), il Santuario di Macereto (in basso, foto Gab. Fot. Naz., Roma) e l’aspra parete del Monte Bove dall’altopiano (foto Balelli, Macerata)

 

La mappa del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. La freccia rossa indica la posizione del complesso santuariale

 

La pianta del Santuario (spiegazione nel testo)

 


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