La presentazione dell’iniziativa di Offida
di Maria Grazia Lappa
Il Comune di Offida espone la bandiera della Palestina sulle mura del palazzo comunale. Un gesto simbolico di solidarietà verso tutte le vittime civili del conflitto israelopalestinese e soprattutto una forte e inequivocabile richiesta di cessate il fuoco. Dopo l’approvazione, lo scorso 22 maggio, di due mozioni contro il riarmo e sul genocidio in corso a Gaza, l’amministrazione offidana ha avviato un percorso culturale e civile che prenderà il via lunedì 30 giugno, alle 21, con un ospite d’eccezione: la scrittrice Rula Jebreal che presenterà il suo libro: “Genocidio” e introdurrà la proiezione del film Miral, tratto da un suo romanzo.
L’incontro si terrà nel piazzale vicino alla chiesa di Santa Maria della Rocca (in caso di maltempo, all’Enoteca regionale) e inaugurerà la rassegna “Palestina Mon Amour”, promossa dall’associazione Blow-Up con il sostegno del Comune.
Il progetto prevede quattro proiezioni cinematografiche, ciascuna accompagnata da momenti di approfondimento con esperti e testimoni per offrire uno sguardo critico e consapevole sulla complessità storica, culturale e politica del conflitto israelo-palestinese.
«È un atto politico e civile – ha dichiarato il sindaco Luigi Massa – che testimonia lo sconcerto di fronte a un genocidio in corso e la volontà di non voltarsi dall’altra parte. Alla violenza non si risponde con altra violenza: serve costruire una coscienza collettiva che stia dalla parte delle vittime».
Alla conferenza stampa oltre al consigliere Stefano D’Angelo, presente anche l’assessore Marica Cataldi, Sergio Vallorani e il rappresentanti dell’Anpi Davide Falcioni e tutta la Giunta.
Anche il Coordinamento Piceno per la Palestina sarà coinvolto attivamente, con eventi dedicati alla raccolta fondi per Ong impegnate sul campo. «Offida – ha concluso Massa – vuole essere un piccolo ma concreto esempio di come un’amministrazione locale possa assumersi la responsabilità di costruire una cultura della pace, della solidarietà e della giustizia. Lo fa con gesti simbolici, con la voce della politica, ma anche e soprattutto con il linguaggio dell’arte e della coscienza civile».
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