
Nell’area absidale del Santuario della Madonna delle Grazie, a Spinetoli, sono ben visibili gli ex-voto lasciati dai fedeli, nelle tre tipologie descritte nel testo
di Gabriele Vecchioni (foto dell’autore)
In diversi luoghi sacri vige l’usanza che i devoti lascino un segno della loro fiducia nella mediazione del santo dedicatario dell’edificio sacro (i cosiddetti ex-voto). La definizione di ex-voto è quella di «ciò che si offre concretamente come voto (Sabatini-Coletti, 1999)». Lo stesso dizionario ci informa che il voto, dal punto di vista religioso, è la «promessa fatta alla divinità in maniera incondizionata oppure in segno di riconoscenza per un beneficio ricevuto».

Nel dipinto, una donna malata chiede “la grazia”; in alto, l’immagine sacra
Nella prefazione di un volume relativo agli ex-voto depositati in un santuario mariano dell’entroterra ascolano, il vescovo Silvano Montevecchi scrisse che «La presenza di numerosi ex-voto, consegnati al Santuario specialmente durante la seconda guerra mondiale, testimonia la devozione del popolo il quale in un momento di tragica eventualità ricorreva alla Madonna per avere protezione per i figli in guerra e consolazione per le famiglie nel dolore».
Il ricorso alla mediazione di una figura sacra, da pregare nei momenti del bisogno o dello sconforto è stato (ed è) frequente nel corso della storia, legato a episodi della vita quotidiana e alla malattia, a testimonianza della profonda devozione popolare.
Queste tracce del passaggio in loco del fedele e della richiesta fatta al santo possono essere di diverso genere. Una testimonianza è la fotografia dell’orante (o di un suo familiare; spesso con una dedica o una preghiera) come quelle di tanti soldati in divisa, militari che chiedevano di tornare a casa sani e salvi oppure, una volta ritornati, ringraziavano con questa “certificazione”.

Cuori preziosi d’argento e oro come pagamento simbolico per la grazia ricevuta
Un’altra è l’oggetto prezioso, la catenella o la medaglietta d’oro o d’argento o il cuore d’argento stampato, simbolo dell’impegno assunto dal credente nei confronti della divinità perché fossero esaudite le sue richieste, oppure di ringraziamento per una grazia accolta (con inciso o dipinto l’acronimo PGR, Per Grazia Ricevuta).

In un angolo della chiesa-santuario, le foto, spesso con dedica
Un altro tipo di offerta votiva, di ex-voto (dalla locuzione latina ex voto suscepto, da un voto fatto), è costituito dalle tavolette votive dipinte, l’argomento di questo articolo.
Lo spazio limitato non permette una disamina approfondita di questa forma di devozione popolare; ricordiamo solo che l’usanza dell’offerta votiva, omaggio alla divinità e attestazione della fede nel suo intervento, è antichissima e antecedente alla cristianità.
In santuari pre-cristiani, si (ri)trovano riproduzioni realistiche della parte malata (per es., una mano, un piede) della quale si era ottenuto il risanamento. È con la “nuova” religione, però, che diventa una manifestazione diffusa della religiosità della gente.
Gianni Carlo Sciolla ha scritto (2015) che «L’ex-voto è un oggetto d’arte cosiddetta “popolare” […]. Manufatti artigianali singolari, gli ex-voto sono importanti documenti della devozione e della religiosità di una comunità; testimonianze di un rapporto particolare tra uomo e mondo soprannaturale; di memoria e riconoscenza tangibile di un evento taumaturgico, considerato eccezionale, che spesso si colloca tra storia e leggenda; molto simile, per alcuni aspetti, alla reliquia».
A questo punto, è opportuna una digressione, per chiarire un aspetto dell’usanza di manifestare la propria fede con il dono di un ex-voto, una forma di religiosità che si manifesta in una maniera che viene definita “popolare”. Come osserva acutamente il sociologo Salvatore Abbruzzese (2011), «esiste una critica storica del tutto corretta che vede nel concetto di religione popolare un equivoco concettuale, più corretto è parlare di pratiche – e nel nostro caso di devozioni – in quanto non esiste una “seconda religione” (religione dei semplici, contrapposta alla religione dei teologi). Né esiste una religione delle classi subalterne contrapposta a una religione delle classi dominanti. Sono invece possibili delle riletture, o se si preferisce delle sottolineature di determinati tratti della stessa religione, filtrate dall’esperienza delle esistenze sociali dei singoli fedeli. Quando, in periodi di forte asimmetria sociale, le condizioni di vita di interi strati sociali si fanno sostanzialmente diverse da quelle degli altri, è l’esperienza del proprio strato sociale che può fare da filtro nella lettura religiosa del mondo».

Le pareti sono tappezzate da tavolette dipinte ed ex-voto
Le tavolette dipinte. In questo articolo l’interesse è focalizzato verso la forma particolare di oggetto devozionale costituita dalle cosiddette tavolette dipinte («quadretti di materiale vario che riproducono mediante un disegno pittorico la scena del miracolo, ossia il particolare momento di grave pericolo che si ritiene superato per intervento divino, Simona M. Cavagnero, 2015»).
Renato Grimaldi, in un recente studio (2015) ha stimato in circa 600.000 gli ex-voto dipinti in Italia, dei quali 50.000 solo in Piemonte, regione nella quale questo tipo di prodotto artistico è assai diffuso; la metà è distribuita in santuari perlopiù mariani e l’altra in cappelle campestri. Sono numeri ai quali la nostra zona nemmeno si avvicina; ciononostante, questo tipo di rappresentazione “sacra” è abbastanza diffuso.
Nella tavoletta votiva è raffigurato l’incidente (calesse rovesciato) che ha portato alla richiesta. Riconoscibile il prospetto laterale del santuario di Spinetoli
Alcuni santuari ancora espongono questi oggetti, diversi dei quali sono raffigurati nelle immagini a corredo dell’articolo. Le tavolette dipinte a corredo iconografico dell’articolo sono quelle presenti in due santuari dell’Ascolano: quello dedicato alla Madonna delle Grazie, a Spinetoli (leggi qui l’articolo) e quello a San Francesco, a Offida, dove le pareti della stanzetta con la ricostruzione della cella del Beato Bernardo sono ricoperte da decine e decine di tavolette ex-voto. Ma torniamo all’argomento dell’articolo.
«Sotto il profilo formale, gli ex-voto, in particolare quelli effigiati sulle tavolette dipinte, sono accomunati dalla rappresentazione schematica e allusiva del tempo e dello spazio nel racconto; dall’accentuazione dei valori antinaturalistici nelle figure e nel paesaggio; dalla resistenza all’evoluzione stilistica convenzionale di forme e immagini; infine, da un intrigante rapporto con l’arte cosiddetta “colta” (G. C. Sciolla, 2015)».
Il più delle volte, il pittore della tavoletta ex-voto ha un atteggiamento notarile, dando una forma artistica fedele alla narrazione del committente, spesso con dovizia di particolari, probabilmente raccontati da chi ordina l’opera: la descrizione dell’avvenuto è infatti particolareggiata e non lascia adito a dubbi interpretativi.
Quello che colpisce nelle tavolette dipinte è proprio il fatto che il codice interpretativo è relativamente semplice e costante: c’è il danneggiato (chi riceve la grazia), il richiedente (che può coincidere con la figura precedente) e l’intercessore (il santo o la Madonna, spesso circonfusi da un alone luminoso); una volta avvenuta la rimozione del danno (per es., la guarigione), ci sono il ringraziamento e lo scioglimento del voto, con il pagamento simbolico (l’ex-voto). Frequente, in un angolo della scena, la già ricordata sigla PGR.
Il codice è ricorrente: considerando ambiti territoriali a noi vicini, ex-voto dipinti sui muri interni di edifici sacri diversi secoli fa presentano lo stesso schema compositivo, «affermazione di fede e di devozione».
Uno degli ex-voto dipinti sui muri dell’Icona Passatora, a Ferrazza di Amatrice (spiegazione nel testo)
Al santuario dell’Icona Passatora, a Ferrazza di Amatrice (una fabbrica purtroppo danneggiata dal terremoto) c’è, per es., un ex-voto dipinto con un personaggio che cade da un albero di ciliegio e che si affida, mentre precipita al suolo, all’intercessione della Madonna dell’Icona, salvandosi; in alto, sulla cornice, si legge: «se cascò de la cerescia, recomanose a questa cona no se fece male»).
Le pittoresche espressioni che accompagnano altre immagini costituiscono un interessante traccia antropologica del luogo e dell’epoca.
Eccone un breve repertorio: per un’indemoniata liberata dallo spirito maligno («questa è una spirdata forte [gravemente “spiritata”] recomannata a questa Madonna»); per un viandante che ritrova la via dopo essersi smarrito a causa della nebbia («Sperse la via … recomannosse a questa cona e fu liberato»; per un mulattiere con l’asino caduto in una scarpata («… gliese spalò [gli cadde] l’asinu per le vene, recomannosse»).

Il piccolo dipinto (dei primi del Novecento, di una certa qualità artistica) mostra un incendio che rischiava di avere gravi conseguenze senza l’intercessione del Beato Bernardo
Il frate offidano. Bernardo da Offida (al secolo, Domenico Peroni) è un frate cappuccino del Seicento, nato a Offida e morto novantenne nel 1694. Fu beatificato nel 1796 da Pio VI; in suo onore, il compositore austriaco Joseph Haydn compose una messa cantata (la Missa Sancti Bernardi von Offida (la Heiligmesse, così denominata perché nel Sanctus – Heilig in tedesco – è presente un antico tema liturgico tedesco). Molto amato dai suoi compaesani per la grande devozione eucaristica e le sue opere caritatevoli, è stato (ed è ancora) oggetto di venerazione da parte dei fedeli, come testimonia il libro delle firme nella cappellina citata. A lui è dedicato il Santuario, costruito nel 1893 su disegno di frate Angelo da Cassano; tre rampe di scale conducono al secondo piano dove è stata riscostruita la cella del frate in una luminosa stanzetta, con le pareti tappezzate da ex-voto.

L’incidente non ha avuto conseguenze letali per intercessione del Beato, raffigurato in alto a sinistra
Gli ex-voto offidani. Le numerose tavolette dipinte di Offida costituiscono un autentico campionario di situazioni, gravi e meno gravi, in alcuni casi “estreme”, che hanno visto, secondo l’opinione dei devoti, l’intervento protettivo del Beato. In quelle opere di pittura popolare sono raffigurati paesaggi, ambienti, situazioni tipiche dell’ambiente rurale piceno, un autentico “spaccato” di vita reale. Quello che più conta, però, è la devozione, la fiducia che la gente comune ripone nella figura del religioso.
Al di là dell’aspetto religioso c’è quello umano, il bisogno o la semplice volontà del credente di affidarsi a un mediatore santo, a una figura di intermediario vicino alla divinità, per essere aiutati nel difficile cammino quotidiano. Se poi, a giudizio del fedele che l’ha richiesta, l’assistenza c’è stata, essa viene testimoniata con l’ex-voto, la tavoletta dipinta.
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