di Marco Braccetti
Prima volta per il nuovo vescovo, location diversa dal solito, ricordo di una figura indimenticabile. Ecco tre aspetti delle celebrazioni per San Francesco da Paola, svolte nella mattinata di martedì 22 aprile. Il tradizionale martedì dopo Pasqua, appuntamento molto sentito dai pescatori sambenedettesi.
Quest’anno, l’omaggio al patrono delle genti di mare (caro a generazioni di sambenedettesi) si è sovrapposto al lutto per la scomparsa di Papa Francesco. Un pontefice che, durante il suo magistero, ha più volte manifestato apprezzamento per l’opera dei pescatori rivieraschi, in particolare per la pulizia del mare dalle plastiche. Una vicinanza che (dopo diverse udienze concesse a Roma) poteva ulteriormente concretizzarsi con una visita al porto di San Benedetto.
Infatti, monsignor Gianpiero Palmieri ha raccontato di uno dei suoi ultimi incontri col Santo Padre, quando gli aveva presentato una lettera ufficiale d’invito, per rivedere i terremotati e per far visita ai pescatori: «Con piglio deciso – ha riferito il vescovo – l’aveva messa sulla sua scrivania, come a dire “Questo si fa”. So che ne aveva anche parlato con il suo assistente, padre Sapienza, come di un appuntamento da mettere in calendario. Poi, purtroppo, le cose sono andate in maniera diversa. Però, in ogni modo, siamo contenti del bene che Papa Francesco ci ha voluto».
Per il nuovo vescovo diocesano, questa era la prima celebrazione in omaggio a San Francesco da Paola e si è svolta in una location insolita. Ossia la sede dell’Associazione Pescatori Sambenedettesi. Lì si sono ritrovati pescatori con le loro famiglie e diverse autorità. Per San Benedetto, il sindaco Antonio Spazzafumo con l’assessore alle politiche del mare Laura Camaioni. Per Grottammare il sindaco Alessandro Rocchi, insieme al presidente del Bim-Tronto Luigi Contisciani ed al comandante in seconda della Capitaneria di porto: Francesco Sangermano. Particolarmente toccante la benedizione del mare, con un passaggio che a molti ha ricordato l’impegno per la salvaguardia del Creato del compianto papa, ossia l’invocazione divina affinché le acque siano preservate da ogni forma d’inquinamento.
A concelebrare il rito (dedicato alla memoria del papa e di tutti i pescatori defunti) c’erano diversi sacerdoti del territorio, compreso ovviamente don Giuseppe Giudici (direttore dell’ufficio diocesano per l’Apostolato del mare) poi il vicario generale, don Patrizio Spina, monsignor Federico Pompei, ed il parroco emerito della cattedrale: don Luciano Paci.
La giornata si è chiusa con un momento conviviale, sempre presso l’Associazione pescatori, che ha sede in viale Marinai d’Italia. Come detto prima, una location diversa dal solito. Infatti, il complesso Casa San Francesco (incastonato sulle colline, in territorio di Grottammare) è attualmente area di cantiere, poiché sono in corso i tanto attesi lavori di ristrutturazione, dopo i danni causati dal terremoto del 2016. La struttura dovrebbe essere nuovamente disponibili per le celebrazioni del 2026, che cadranno il 7 aprile.
Per l’anno prossimo, dunque, si spera che la Festa di San Francesco torni là dove generazioni di sambenedettesi l’hanno vissuta nei secoli passati. La chiesa, di modeste dimensioni, venne edificata intorno alla seconda metà del Settecento e per moltissimo tempo è stata cappella privata. Fin da subito fu meta di pellegrini che, il martedì dopo Pasqua, hanno sempre seguito un programma ben consolidato. Al mattino messa e poi, di pomeriggio, consueta scampagnata annuale. Così la campagna attorno alla chiesa si popolava: comitive si stendevano sull’erba con il fiasco di vino, bomboletti, uova sode ed altre pietanze portate da casa. E’ questa una tradizione che si perde veramente nella notte dei tempi, da quando le scampagnate erano volgarmente dette “passà l’acqua” perché identificative dell’attraversamento dei torrenti, sprovvisti di ponti.
La misura di quanto la devozione al Santo sia radicata nel tessuto popolare marinaro sambenedettese è ben espressa nei versi del poeta vernacolare Giovanni Vespasiani, vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento. Nella sua poesia “Ciarevedème su!…” (pianto della sposa del pescatore vittima del naufragio) si può leggere questo struggente passaggio: «O San Francesche, quante vòte e quante, / Ai pi’ de quisse altare sò venùte, / Fra l’urle de lu mare…e de ‘stu piante… / P’ ave’ da Te: salvezze…, fòrze…, ajùte…! / De tante grazie Ttune, maj negate, / O San Francesche mmi’, l’ùtema ‘mplore: / Fa Tu che l’òme mmi’, scì desgraziate, / Da chella fòsse…calme ‘stu delòre!!»
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