Nessuno ne ha idea: cosa diventerà l’area dell’ospedale se davvero se ne farà uno a Ragnola?

SAN BENEDETTO - Per gli oppositori sono state frasi da campagna elettorale, fatto sta che la città rischia per l'ennesima volta di farsi cogliere impreparata e di tenere in sé una zona che rischia di essere morta se non si avranno idee (e fondi) disponibili nel momento in cui fosse necessario intervenire. Diciamo la nostra: ampliamento strada, un polmoncino verde che si espande da Villa Rambelli, parcheggi (scambiatori) e se possibile abitazioni di edilizia popolare
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di Pier Paolo Flammini

 

L’ospedale “Madonna del Soccorso” di San Benedetto

Possiamo credere o meno alle promesse dell’attuale presidente della Regione Marche Francesco Acquaroli (clicca qui) in merito al nuovo ospedale di San Benedetto: entro la fine del 2026 l’avvio del cantiere, in zona Ragnola, tra il 2030 e 2031, se non ci saranno complicazione, il termine. La campagna elettorale è vicina e molti storcono il naso nel sentire dichiarazioni così importanti a ridosso del voto, ma questo aspetto, pur molto dibattuto sui social, fa parte del gioco.

 

C’è invece un argomento che resta del tutto non discusso dalla città di San Benedetto. E se veramente le parole dovessero concretizzarsi, sarebbe il caso di muoversi per tempo per evitare di fare del “Madonna del Soccorso” l'”Ex Ospedale” per un trentennio almeno, come accaduto per una lunga serie di opere e zone della città (non le citiamo per non appesantire troppo…). O peggio, trasformare l’area in una ghiotta occasione di speculazione palazzinara che proprio in quella zona è da evitare.

 

Insomma, con il nuovo, futuro o futuribile, insediamento sanitario di Ragnola, che ne sarà del complesso che si affaccia sull’Albula? Qualsiasi soluzione diversa si adottasse rispetto al banale status quo (purtroppo possibile…), necessiterebbe di varianti urbanistiche, progettazione, coinvolgimento. Ora che c’è un atto e, a maggior ragione, quando il primo mattone verrà messo – a ridosso delle elezioni comunali previste nella primavera 2027, se Acquaroli non sbaglia – cosa accadrà?

 

Occorre iniziare a pensarci, magari con un concorso di idee come quello chiesto un paio d’anni fa per il centro cittadino – sperando sia stato utile – in modo che ci si possa confrontare per ottenere il meglio.

 

Ci proviamo, per il piacere di lanciare qualche ipotesi e di stimolarne magari altre di tipo professionale ma anche tra la cittadinanza.

L’ospedale di San Benedetto

Una necessità è sicuramente quella di ampliare la sede viaria che dalla Statale 16 si dirige verso via Manara e da qui verso l’entroterra, o il quartiere Ponterotto o la zona di San Savino, o Acquaviva Picena attraverso la Valle del Forno o la zona industriale di Acquaviva. Se con una rotatoria – attenzione a non bloccare troppo la ciclopedonale, però – o altri espedienti, ma l’incrocio sull’Albula rappresenta una delle strozzature peggiori del traffico cittadino.

 

Il parcheggio multipiano a pagamento che si affaccia sulla Statale diventerebbe a beneficio del quartiere e di tutta l’area di Viale De Gasperi, con la certezza quasi di trovare sempre posto quando l’afflusso per l’ospedale cesserà. Allo stesso tempo lo spazio del parcheggio sopra l’Albula, o di altre aree a sud dello stesso che si troverebbero a disposizione, possono fungere come zona parcheggio per chi voglia andare in centro (l’inizio della zona pedonale dista un centinaio di metri) o al Paese Alto dove sta per avvenire la pedonalizzazione di alcune piazze. Da non sottovalutare che, quando tutto ciò avverrà, si spera che la ciclopedonale abbia bypassato il ponte ferroviario sull’Albula: significherebbe collegare – magari con un servizio estivo di bici in affitto – il parcheggio al lungomare in un paio di minuti di bicicletta.

 

villa e parco rambelli

Ma l’area è talmente estesa, densamente popolata e soprattutto trafficata che una boccata d’aria verde sarà necessaria: alberi che inverdiscano la Statale 16, che garantiscano una schermatura e una variazione al tratto più congestionato della città sarà doverosa. Abbattere il muro che divide da Villa Rambelli e creare un’ansa di verde interna all’attuale zona dell’ospedale sarebbe un’opera doverosa.

 

Infine qualche parte dell’ospedale sopravvivrà: sicuramente l’edificio originario, ma crediamo anche altri spazi possano essere destinati alla vita associativa cittadina. Oppure, se ce ne fosse la possibilità in alcuni edifici retrostanti, recuperarli per abitazioni di edilizia popolare così mancanti soprattutto in questa zona della città. A patto, ovviamente, di non creare un ghetto.

 

Ma queste e altre ipotesi scontano due elementi importanti: a) sarà necessaria una programmazione non affrettata (Ballarin insegna), da avviare fin da subito (ad Ascoli il processo di recupero dell’Ex Carbon ha richiesto e sta richiedendo decenni); b) servono fondi ingenti perché l’abbattimento e la minima riqualificazione da noi descritta necessita di investimenti non secondari. La Regione si preoccupa solo della nuova costruzione o si sta adoperando per non lasciare la città con una ferita in ventre di difficile guarigione?

 

Insomma, iniziare a ragionarci per capire come ridisegnare quella zona, in un futuro più (secondo gli oppositori) o meno (secondo Acquaroli & C.) lontano, è un dovere dell’intera cittadinanza. E della parte politica che la rappresenta in Consiglio e Giunta Comunale.


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