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L’alimentazione del gatto,
cosa fare e non fare

PROMO - E’ vero che il gatto è un carnivoro stretto? Quali sono le principali caratteristiche del suo comportamento alimentare? Partendo da alcune riflessioni generali, il professor Gramenzi illustra quali sono i migliori sistemi per la nutrizione del felino e le differenze con il cane
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L'intervista al professor Gramenzi

di Alessandro Gramenzi*

Il gatto è nel suo genere un animale unico e come diceva Leonardo da Vinci “il più piccolo felino è un capolavoro”.
Molti medici veterinari considerano gatti e cani come simili nelle normali pratiche cliniche nonostante sia chiaro che i gatti sono unici soprattutto per quanto riguarda la biochimica nutrizionale.
Essi sono carnivori stretti e fanno affidamento sui principi nutritivi contenuti nei tessuti animali per soddisfare i loro specifici e unici fabbisogni alimentari. Tutto questo viene spesso dimenticato o comunque la sua importanza sottostimata soprattutto in caso di malattia o prolungata assenza di appetito.
Nel loro habitat naturale i gatti consumano prede con alte quantità di proteine, con moderate quantità di grasso e minime percentuali di carboidrati (CHO); essi si sono metabolicamente adattati per un metabolismo proteico molto attivo, con un minore utilizzo di CHO (amido, fibra solubile e insolubile) rispetto ai cani o altri onnivori.
Nonostante il gatto possa utilizzare i CHO come fonte di energia metabolizzabile, ha una capacità limitata di risparmio sull’utilizzo delle proteine usando i carboidrati come sostituto.
Tuttavia le attuali diete commerciali sono formulate utilizzando un mix di principi nutritivi di origine animale e vegetale che, soprattutto negli alimenti secchi, richiedono per la loro produzione (espansione e cottura) alte concentrazioni di amido.
Peraltro l’amido, a seguito dell’estrusione, viene gelatinizzato aumentando di conseguenza la sua digeribilità permettendo una maggiore assimilazione ed utilizzazione a fini energetici.
Sebbene i gatti si siano adattati alle attuali diete commerciali, le limitazioni della sostituzione dei principi nutritivi di origine animale con quelli di origine vegetale stanno drammaticamente venendo alla luce.
Le principali differenze nutrizionali tra il gatto e il cane e gli altri onnivori risiedono principalmente nei seguenti aspetti:

–        metabolismo proteico

–        carboidrati

–       metabolismo lipidico

Per quanto attiene al metabolismo proteico la naturale dieta del gatto si basa su un regime carneo che contiene piccole quantità di carboidrati; in pratica il gatto si è adattato metabolicamente ad utilizzare le proteine e i grassi come fonte di energia.
Questo adattamento metabolico permette al gatto di utilizzare le proteine per l’omeostasi del glucosio nel sangue anche quando le fonti proteiche della dieta sono limitate. Il fatto che in pratica il gatto abbia un maggiore fabbisogno dietetico di proteine può derivare o dal maggiore fabbisogno azotato di mantenimento o da un maggiore fabbisogno di aminoacidi essenziali. Nel caso di un gatto adulto l’aumentato fabbisogno proteico è attribuibile ad entrambi; comunque visto che il fabbisogno in aminoacidi essenziali nei gattini è simile a quello dei giovani di altre specie, il più alto fabbisogno basale di azoto gioca un ruolo più importante nei gattini rispetto agli adulti.
Diversi studi documentano come il gatto continui ad usare le proteine come fonte energetica anche a fronte di una limitata disponibilità dietetica di azoto. Questo spiegherebbe perché si assiste così facilmente alla condizione di malnutrizione proteica nei gatti magri, malati o anoressici.
In aggiunta a ciò il gatto ha un aumentato fabbisogno di specifici aminoacidi: taurina, arginina, metionina e cisteina, molto presenti nella dieta naturale del gatto.
La probabile ragione che la via biosintetica di questi aminoacidi non sia presente nel gatto, a differenza delle specie onnivore, è che essa sia ridondante cioè energeticamente inefficiente. Ma nonostante il gatto non abbia queste capacità biosintetiche, tali aminoacidi vengono utilizzati in una quantità maggiore rispetto al cane o ad altri animali.
Ricordiamo come la taurina sia essenziale per la visione, per la funzionalità del muscolo cardiaco, del sistema immunitario, dell’apparato riproduttore e del sistema nervoso.

L’arginina è un aminoacido essenziale sia per il gatto che per il cane; ma il gatto a differenza del cane non è in grado di sintetizzare sufficienti quantità di ornitina o citrullina per la conversione in arginina e quindi quest’ultimo aminoacido deve essere presente nella dieta.
Il gatto usa continuamente grandi quantità di arginina nel ciclo dell’urea per lo smaltimento dell’ammoniaca derivante dall’utilizzo delle catene carboniose degli aminoacidi a scopo energetico.
Gatti e gattini alimentati con una dieta priva di arginina presentano i segni clinici di iperammoniemia (salivazione, disturbi neurologici, vomito, tetania, coma) nelle primissime ore e il decorso può essere fatale.
L’arginina e la citrullina, così come la taurina, sono molto abbondanti nei tessuti di origine animale; anche la metionina e la cisteina devono essere presenti nella dieta quotidiana del gatto in quanto questi aminoacidi sono gluconeogenetici nel gatto dove vengono catabolizzati a piruvato, previa deaminazione, per poi essere ossidati per produrre energia.
Nei cani e in altri animali onnivori la metionina e la cisteina svolgono diversi ruoli ma primariamente sono convertiti in taurina, omocisteina e s-adenosil-metionina e suoi metaboliti (ad es. il glutatione) che sono importanti antiossidanti e “scavengers” dei radicali liberi. Oltre al ruolo gluconeogenetico, il fabbisogno di cisteina nei gatti è più alto perché svolge un ruolo nella sintesi del pelo e della felinina un aminoacido solforato presente nelle urine dei gatti (soprattutto maschi interi), importante per marchiare il territorio.
Se il gatto è alimentato con diete ad alto tenore proteico di origine animale queste carenze non si manifestano come invece può accadere con diete ricche di proteine di origine vegetale, in gatti anoressici o in gatti alimentati con formule enterali create per uso umano, carenti proprio di questi aminoacidi. La carenza di metionina e cisteina si manifesta nei gattini con chiari segni di scarsa crescita mentre i gatti adulti presentano problemi a livello dermatologico con dermatiti o alopecia.
I gatti hanno anche altri adattamenti fisiologici che riflettono la loro minore necessità di ingerire carboidrati. Prima di tutto la carenza di amilasi salivare unitamente alla bassa attività delle amilasi intestinale e pancreatica oltre alla ridotta attività delle disaccaridasi intestinali.
Questo non significa che il gatto non riesce ad utilizzare i carboidrati infatti i gatti sono molto efficienti nell’utilizzo degli zuccheri semplici. Comunque va sottolineato che queste peculiarità derivano dal fatto che nella dieta naturale non sono presenti grandi quantità di cereali (amido).
Piuttosto queste differenze significano che grandi quantità di CHO nella dieta di un gatto possono avere effetti sconvenienti sulla sua salute.
Per esempio un eccesso di carboidrati nella dieta comporta una riduzione nella digeribilità delle proteine a causa di una combinazione di fattori compreso l’aumento della velocità di transito.
Inoltre l’eccesso di CHO causa una riduzione del pH fecale dovuta ad incompleta fermentazione glucidica nel piccolo intestino con conseguente aumento della fermentazione microbica nel colon con aumentata produzione di acidi organici.
I gatti hanno inoltre una ridotta attività della esochinasi epatica (enzima costitutivo) e della glucochinasi epatica (enzima indotto) responsabili della fosforilazione del glucosio rispettivamente per lo stoccaggio o per l’ossidazione. Inoltre nei gatti è presente una bassa attività della glicogenosintetasi (enzima responsabile della conversione del glucosio in glicogeno nel fegato).
Le ragioni di questa scarsa attività enzimatica nei gatti dipendono da un programma metabolico che usa aminoacidi gluconeogenetici e grassi, piuttosto che amido, come energia alimentare. Quindi l’amido presente nella dieta in eccesso che non viene trasformato in glicogeno o utilizzato come energia viene stoccato sotto forma di grasso.
Questo spiegherebbe anche la scarsa attrazione dei gatti per i cibi dolci a differenza del cane e dell’uomo quanto piuttosto una preferenza per alimenti con aromi di prodotti di origine animale (grasso, carne).
Di conseguenza i grassi nella dieta di un carnivoro (gatto) sono importanti non solo come fonte di energia ma anche per il loro ruolo di aumentare la palatabilità di un alimento.
Una dieta basata su alimenti di origine animale che quindi contiene grassi animali fornisce al gatto acidi grassi essenziali soprattutto della serie omega 6 (acido arachidonico in particolare).
Molte specie animali sono in grado di convertire l’acido linoleico in acido arachidonico, il precursore primario delle prostaglandine, leucotrieni e trombossani della serie-2; inoltre sono in grado di convertire l’acido alfa-linoleico (omega 3) in acido eicosapentaenoico (EPA) e docosaesaenoico (DHA). I gatti presentano una carenza di delta-6 desaturasi epatica e di altre desaturasi che sono coinvolte nella sintesi dell’acido arachidonico, EPA e DHA.
Queste considerazioni relative al metabolismo proteico, glucidico e lipidico inducono a considerare che il gatto abbia mantenuto di fatto un regime carnivoro legato quindi alla necessaria presenza nella sua dieta di alimenti di origine animale piuttosto che proteine di origine vegetale o carboidrati complessi quali amido.

*Docente di Alimentazione animale alla facoltà di Medicina veterinaria dell’Università di Teramo – Esperto in nutrizione del cane e del gatto


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