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Omicidio di Maria Biancucci,
gli imputati chiedono il rito abbreviato

FERMO - In carcere è finito anche un 35enne offidano accusato insieme allo zio e ad una bulgara di aver partecipato alla rapina finita in tragedia con l'uccisione delle 79enne residente a Montegiorgio
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La scena del crimine e nel riquadro la vittima

Si è svolta questa mattina davanti al giudice del tribunale di Fermo, Cesare Marziali, la prima udienza, attraverso il rito del giudizio immediato, a carico delle tre persone finite in manette nell’indagine sull’omicidio di Maria Biancucci, la 79enne di Alteta di Montegiorgio trovata senza vita sul letto, mani e piedi legati, uccisa l’11 marzo 2018. In realtà si tratta di due procedimenti distinti a carico, in un caso, del fermano L.D. di 49anni e nell’altro dell’offidano P.S. e della bulgara I.Z. di 48 anni. L’avvocato difensore della donna, il penalista ascolano Emiliano Carnevali, ha chiesto la concessione del rito abbreviato allegando anche investigazioni difensive. Anche il legale dell’offidano, Elisabetta Palmaroli, ha fatto una analoga richiesta condizionata all’audizione di alcuni familiare per dimostrare un presunto ascendente dello zio (L.D.) nei confronti del nipote residente nell’ascolano. Infine anche l’avvocato di L.D, il primo a finire in carcere, Francesco De Minicis ha chiesto l’abbreviato condizionato all’acquisizione di perizie sul dna e il tablet degli altri imputati. L’udienza è stata poi rinviata al 4 luglio.

L’OMICIDIO – Un piano ben organizzato, con tanto di simulazione di effrazione della finestra dell’abitazione dall’esterno, quando in realtà i tre malviventi erano riusciti con un sotterfugio a procurarsi le chiavi di casa di Maria Biancucci giorni prima. Una rapina cruenta, con l’anziana donna legata al letto, tanto da procurarle la morte.

Così gli inquirenti, i procuratori di Fermo Alessandro Piscitelli e Francesca Perlini e i Carabinieri del Comando di Ascoli, avevano ricostruito le dinamiche che hanno portato all’arresto prima di uno dei tre autori del colpo, e poi degli altri due soggetti coinvolti. Indagini quanto mai complesse e portate avanti in modo esemplare tanto da arrivare e procurare  prove schiaccianti nei confronti dei tre rapinatori. Decisive sono state le analisi della “sezione biologia” del Ris di Roma sui reperti raccolti sulla scena del crimine dai militari del Nucleo Investigativo.

L’avvocato Emiliano Carnevali

E’ stato infatti isolato un profilo genetico maschile ignoto, individuato sia sul nastro utilizzato per immobilizzare le caviglie della signora Biancucci, sia sotto le unghie della vittima. Le successive indagini hanno consentito di accertare che l’effrazione della finestra era in realtà stata una vera e propria messa in scena, realizzata dall’interno dell’abitazione in quanto i malviventi erano già entrati grazie ad una copia del portone principale che si erano procurati qualche giorno prima con un sotterfugio. La finta effrazione esterna della finestra realizzata in realtà dall’interno

IL PRELIEVO AL POSTAMAT DI PORTO SANT’ELPIDIO – Dopo i primi sopralluoghi è emerso come dall’abitazione della signora Biancucci erano state sottratte due tessere bancomat emesse da Poste Italiane e intestate alla vittima ed anche uno dei due pin abbinati. Nelle prime ore della mattinata successiva il codice è stato utilizzato dai malviventi per effettuare un prelievo di 600 euro presso uno sportello Postamat di Porto Sant’Elpidio (Fermo).

IL PRIMO ARRESTO – Il minuzioso esame del rilevante traffico telefonico acquisito sulle celle a copertura della località in cui il delitto era stato commesso ha consentito di isolare due utenze che in circostanze temporali assolutamente compatibili con quelle dell’esecuzione dell’omicidio si erano contattate tra loro per un brevissimo lasso di tempo, entrambe intestate alla stessa persona, una donna incensurata. L’esame dei filmati acquisiti su alcune telecamere ubicate sulle strade vicine alla località del delitto, hanno inoltre premesso di individuare una Lancia Y in uso ad un soggetto pregiudicato residente a Fermo sul conto del quale, dopo più approfonditi accertamenti, è stato possibile rilevare l’esistenza di un forte legame con la donna intestataria delle due utenze emerse dai tabulati di cella. Nel corso delle indagini si è riusciti ad acquistare un campione biologico, riconducibile a un pregiudicato fermano, da cui è stato estrapolato il profilo genetico presso i laboratori dei Ris di Roma. Il dna ottenuto corrispondeva a quello rinvenuto sia sul nastro utilizzato per immobilizzare le caviglie che a quello sotto le unghie della vittima. Visti gli esiti delle analisi Ris l’autorità giudiziaria ha disposto il fermo del pregiudicato fermano L.D. catturato lo scorso 18 luglio.

GLI ULTIMI DUE ARRESTI DEL 16 GENNAIO – Le incessanti indagini, grazie anche alle rilevanti informazioni fornite dal 49enne L.D. , hanno consentito di individuare un particolare veicolo, una Opel Tigra che, la notte dell’omicidio, seguiva il mezzo dell’indagato, ripreso dalla telecamere anche dopo il prelievo presso lo sportello postamat mentre si allontanava da Porto Sant’Elpidio. Il proprietario e utilizzatore del secondo veicolo è stato identificato in P.S. nipote 35enne di L.D. e residente ad Offida. La sua conformazione fisica risultava assolutamente compatibile con quella del soggetto ripreso la mattina del 12 marzo mentre eseguiva il prelievo di denaro presso il postamat di Porto Sant’Elpidio utilizzand il tesserino di Maria Biancucci. L’analisi dei filmati relativi agli appostamenti anomali della Lancia Y di L.D. e lo studio minuzioso del traffico di cella e le dichiarazioni di rilevante gravità rilasciate sia da L.D. che da P.S., hanno consentito di identificare anche il terzo complice, che aveva effettivamente ricoperto il ruolo di autista ed accompagnatore di L.D. e P.S. a bordo della lancia Y10 nel viaggio che aveva come destinazione l’abitazione della vittima, per poi recuperarli previo segnale telefonico al termine del colpo. Il terzo complice è stato identificato in I.Z., una donna di 48 anni di origini bulgare, legata sentimentalmente a L.D.. Grazie ai gravissimi indizi raccolti dai militari negli ultimi mesi, l’autorità giudiziaria ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per concorso in rapina aggravata eseguita il 16 gennaio scorso.

La finta effrazione alla finestra


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