30.214 sfollati e 46.737 edifici inagibili
Ecco i numeri a tre anni dal sisma
«Siamo ancora nell’emergenza»

LA RICORRENZA - Il 24 agosto del 2016 è la data che ha cambiato per sempre il volto del centro Italia e del Piceno. Ad Arquata del Tronto, comune che ha pagato caro in termini di vittime (51), ancora il 70% della popolazione è fuori casa. Quasi il 42%, invece, a Montegallo. Piccinini della Protezione Civile: «Il ruolo fondamentale della microzonazione»
...

Il grafico relativo agli sfollati

di Maria Nerina Galiè 

Che non sembri irriverente, ma gli aridi, inopinabili numeri rischiano di diventare i veri protagonisti a tre anni dal terremoto che ha cambiato il volto del Piceno e la vita dei suoi residenti. Numeri spaventosi che si snocciolano dal 24 agosto 2016, quando alle 3,36 una scossa di magnitudo 6 ha svegliato il centro Italia. Per 299 persone non si è fatto giorno, 51 delle quali nel Piceno. Tutte ad Arquata del Tronto. Tra loro anche bambini. Il 26 e il 30 ottobre successivi, ancora due potenti scosse. Nessun prezzo da pagare quanto a vite. E’ questo che conta. Ma laddove era rimasta una piccola speranza di ripartire, si è spenta tra 5.4, 6 e 6.5 gradi della scala Richter. Era il 18 gennaio del 2017, quando una nevicata memorabile non ha per nulla ovattato il boato della terra.

David Piccinini

Numeri, si diceva, che sono nelle mani di due funzionari della Regione Marche, David Piccinini capo della Protezione Civile e Cesare Spuri direttore dell’Ufficio speciale per la ricostruzione. Dei 138 comuni del cratere, 85 sono marchigiani, dove gli edifici verificati e danneggiati sfiorano i 90.000, di cui 46.737 inagibili. Gli sfollati avevano toccato quota 35.000, ora sono 30.214. L’aggiornamento dell’Usr al 31 luglio 2019, recita che a quella data sono stati presentati 5.807 progetti, 2.239 gli interventi in corso e 723 ultimati. Le pratiche di ricostruzione per danni lievi, presentate nel Piceno sono state 1.408, di cui 673 finanziate. Per danni gravi se ne contano 73 autorizzate su 443 presentate. Gli assistiti con il contributo di autonoma sistemazione nelle Marche sono ancora 24.631. Ce ne sono 4.127 sistemati nelle Sae, le casette (ad Arquata sono 171, 6 ad Acquasanta, 7 a Force, 34 a Montegallo), pochissimi ora sono in strutture ricettive e 402 negli appartamenti acquistati nel frattempo dall’Erap, con i soldi della Protezione Civile, attingendo dall’invenduto (nel Piceno sono stati comprati 56 alloggi, spesi 9 milioni di euro e accasate 57 persone, 66 cittadini in Ancona, fuori cratere quindi, dove sono stati acquisiti 29 immobili e spesi oltre 4 milioni di euro).

Quel che resta a Pescara del Tronto (foto Vagnoni)

Parlando in termini di percentuali, ad Arquata oltre il 70% della popolazione è fuori di casa, il 41,95% a Montegallo. Seguono Montemonaco con il 22,72% e Acquasanta con il 20,67%. Il capoluogo piceno mantiene il rapporto tra residenti e assistiti al 4,26%, ma gli sfollati sono 2.095.
La macchina dell’emergenza ha funzionato bene. E’ stato detto da più pulpiti. I numeri però non si abbassano. Tutt’altro. «Ci siamo ancora nell’emergenza, non abbiamo finito di mettere in sicurezza tutti gli immobili», afferma Piccinini, quasi scusandosi di essere andato in ferie per due settimane, per la prima volta dal 2016. Nel capillare rendiconto fatto dal servizio da lui  guidato, emerge un dato singolare, relativo alla spesa sostenuta per la messa in sicurezza degli edifici in ciascun comune, suddivisa per il numero dei suoi abitanti. Il Comune che ha registrato il costo più elevato è Montegallo con 5.375 euro. Ad Arquata sono “bastati” 2.170 euro. Poi si scende a 800 euro a Force e Rotella, 500 euro ad Acquasanta e 78,69 euro ad Ascoli.  La spesa per la messa in sicurezza al 30 luglio scorso era pari a 87.483.000 euro.

Più che legittimo quindi, da parte del dirigente, dire che è anche tempo di pensare alla ricostruzione in un modo diverso. Che vada, una volta per tutte, a braccetto con la prevenzione. Ecco allora il ruolo, fondamentale, della microzonazione sismica di terzo livello, introdotta prima come obbligo tra gli adempimenti comunali.  «Ora guardata con grande rispetto dai sindaci -aggiunge Piccinini-. E’ lo studio della risposta all’accelerazione sismica di un territorio in base alle sue particolari caratteristiche, la base per affrontare a livello locale un altro eventuale terremoto in maniera più adeguata. In tal senso, vedo energie positive in campo».
C’è voglia di ricostruire bene. Si, ma lo si vorrebbe fare più in fretta per tornare alla tanto sospirata normalità. Oltre alle case, sono state danneggiate anche molte attività, 1.377 nelle Marche. Nella provincia di Ascoli sono pervenute all’Usr 208 pratiche di delocalizzazione, di cui 108 ammesse a finanziamento. Per il ripristino di immobili ad uso produttivo, l’Ascolano conta 48 pratiche di cui 13 decretate. In totale nelle Marche, per il terremoto, sono stati spesi fino ad ora 904 milioni di euro, di cui 292 per il Cas, 238 per le Sae, 126 per far fronte alle urgenze rilevate dagli enti locali, 88 sempre di milioni per alloggiare gli sfollati in hotel, 41 per l’acquisto di immobili. Sono infine state lavorate 675.810 tonnellate di macerie, per una spesa di quasi 40 milioni di euro, 349.032 tonnellate nel Piceno.

Sisma e ricostruzione, sale la protesta I sindaci: «Situazione insostenibile, il governo ci ha girato le spalle»

Governo Conte al capolinea Ma nel cratere la crisi è perenne «Il sisma mai stato in agenda, qui non si è fatto nulla»

Centro Italia, il sisma dimenticato «Per una settimana tutti ne parlano poi si torna nell’oblio, a soffrire da soli»

Qui dove sgorga l’acqua e il silenzio è un mistero da capire In memoria di Pescara del Tronto


© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna alla home page


Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati




X