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Omicidio di Maria Biancucci,
l’imputata si difende di fronte ai giudici

FERMO - In carcere è finito anche un 35enne offidano accusato insieme allo zio e ad una bulgara di aver partecipato alla rapina finita in tragedia con l'uccisione delle 79enne residente a Montegiorgio. Ascoltati anche i familiari del giovane che hanno confermato la soggezione verso il parente più grande. La sentenza è attesa per il 22 novembre
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La scena del crimine e nel riquadro la vittima

Ha affermato di essere stata utilizzata inconsapevolmente per accompagnare in auto l’ex compagno e il nipote e di essere rimasta ad una distanza dei un paio di chilometri dal luogo del delitto. Si è difesa così di fronte ai giudici, nell’udienza di questa mattina Fermo, la bulgara di 48 anni, difesa dal penalista ascolano Emiliano Carnevali, finita a processo per l’omicidio dell’anziana Maria Biancucci, la 79enne di Alteta di Montegiorgio trovata senza vita sul letto, mani e piedi legati, l’11 marzo 2018. Nei guai ci sono l’ex compagno, il fermano L.D. di 49anni e il nipote offidano P.S. Sempre oggi sono stati ascoltati alcuni familiari dell’offidano che hanno confermato una certa soggezione del giovane nei confronti dello zio più grande. Il giudice del tribunale di Fermo, Cesare Marziali, in precedenza aveva concesso il rito abbreviato come richiesto dalle difese degli imputati. L’udienza è stata poi aggiornata per la discussione al 22 novembre quando è attesa anche la sentenza.

L’OMICIDIO – Un piano ben organizzato, con tanto di simulazione di effrazione della finestra dell’abitazione dall’esterno, quando in realtà i tre malviventi erano riusciti con un sotterfugio a procurarsi le chiavi di casa di Maria Biancucci giorni prima. Una rapina cruenta, con l’anziana donna legata al letto, tanto da procurarle la morte.

Così gli inquirenti, i procuratori di Fermo Alessandro Piscitelli e Francesca Perlini e i Carabinieri del Comando di Ascoli, avevano ricostruito le dinamiche che hanno portato all’arresto prima di uno dei tre autori del colpo, e poi degli altri due soggetti coinvolti. Indagini quanto mai complesse e portate avanti in modo esemplare tanto da arrivare e procurare  prove schiaccianti nei confronti dei tre rapinatori. Decisive sono state le analisi della “sezione biologia” del Ris di Roma sui reperti raccolti sulla scena del crimine dai militari del Nucleo Investigativo.

E’ stato infatti isolato un profilo genetico maschile ignoto, individuato sia sul nastro utilizzato per immobilizzare le caviglie della signora Biancucci, sia sotto le unghie della vittima. Le successive indagini hanno consentito di accertare che l’effrazione della finestra era in realtà stata una vera e propria messa in scena, realizzata dall’interno dell’abitazione in quanto i malviventi erano già entrati grazie ad una copia del portone principale che si erano procurati qualche giorno prima con un sotterfugio. La finta effrazione esterna della finestra realizzata in realtà dall’interno

IL PRELIEVO AL POSTAMAT DI PORTO SANT’ELPIDIO – Dopo i primi sopralluoghi è emerso come dall’abitazione della signora Biancucci erano state sottratte due tessere bancomat emesse da Poste Italiane e intestate alla vittima ed anche uno dei due pin abbinati. Nelle prime ore della mattinata successiva il codice è stato utilizzato dai malviventi per effettuare un prelievo di 600 euro presso uno sportello Postamat di Porto Sant’Elpidio (Fermo).

 

La finta effrazione alla finestra


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