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Alberi dell’Annunziata,
lo sfregio è ancora lì
Un’altra condotta è possibile

ASCOLI - I fusti lungo la strada utilizzati come sostegno per i segnali stradali, fissati alla pianta con chiodi metallici. Nonostante le segnalazioni continuano a diffondere un messaggio antieducativo. Una questione ambientale, culturale ed etica
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di Gabriele Vecchioni

Due anni fa un nostro articolo poneva l’accento su un’usanza ascolana, quella di utilizzare i tronchi degli alberi come bacheche a buon mercato per manifesti, avvisi e comunicazioni “culturali” (leggi qui). Una la lista arricchita dagli alberi utilizzati come sostegno per segnali stradali, nel caso per segnali catarifrangenti, rossi da un lato e bianchi dall’altra parte, fissati alla pianta senza alcun riguardo, utilizzando chiodi metallici.

Il segnale attaccato coi chiodi ad un albero dell’Annunziata (foto Vagnoni)

Qualche settimana dopo, un intervento di Camillo Di Lorenzo, docente di botanica presso l’Istituto Agrario, precisava i termini della questione («Un modus operandi che genera messaggi diseducativi devastanti, ancor più quando le scelte provengono da un ente pubblico» giustamente chiosava il commentatore, adoperando un termine -modus operandi- utilizzato nella letteratura forense per le azioni criminali).
Un’altra condotta è possibile. Se proprio non si vogliono usare i paletti di plastica infissi nel terreno (i cosiddetti “segnalimite”), esistono prodotti ad hoc che non danneggiano la pianta. Sono dispositivi per la riflettorizzazione (si dice così!) degli alberi, in neoprene, fissati alla pianta con una legatura di nylon.

Di certo, nel regolamento comunale sul verde pubblico e privato e in quello di polizia urbana ci sarà qualche norma che consideri i danneggiamenti del l’integrità fisica e lo sviluppo delle piante, con la compromissione delle funzioni vitali.
L’albero reagisce alle ferite con la “compartimentazione”, isolando la parte lesionata con una sorta di barriera protettiva. Detto in così poche parole, sembra un’azione semplice ma è, in realtà, una serie complessa di risposte fisiologiche che la pianta ha evoluto nel tempo e che prevede anche azioni di riparazione o, nel caso il danneggiamento coinvolga un ramo, l’attivazione di gemme (nuove o latenti) che lo ricostituiscano.
I vegetali reagiscono alle offese esterne con un “pronto intervento” difensivo, con sostanze polifenoliche (i tannini), seguito dalla creazione di una zona che separa la zona ferita dal legno sano.

Il vero pericolo è costituito non tanto dalla ferita in sé (causata dal chiodo metallico usato per l’affissione diretta di cartelli, manifesti o catarifrangenti), quanto dal rischio di sviluppare marciumi per infezioni fungine e penetrazione di batteri a causa della lesione.

Ultimo, ma non meno importante, l’aspetto educativo dell’azione. Se un ente pubblico, preposto alla protezione e alla conservazione del verde pubblico, si comporta in questo modo (sbagliato), perché il privato non può farlo?
È un invito alle cattive azioni. Come si può risolvere o provare a risolvere il problema? Multando o punendo i colpevoli.
La condotta repressiva porterà qualche voto in meno ma si avrà, a lungo andare, una maggior tutela dell’ambiente e una migliore qualità della vita. È vero che ci sono problemi più grandi di questo ma qui si torna alla questione etica: le piante sono esseri viventi come gli animali (e qui ci mettiamo l’uomo); anzi, a voler essere precisi, hanno un ruolo importante nell’ecosistema, molto più importante del già citato uomo.

Catarifrangente stradali su alberi secolari dopo la fortezza di porta pia.

Concludiamo con una considerazione del matematico e filosofo Blaise Pascal (sec. XVII) che qualificò l’uomo come “canna pensante”, per sottolinearne l’implicita fragilità costituzionale nel contesto della Natura e, nel contempo, privilegiarne l’intelligenza creativa nei confronti del mondo animale. I troppi approcci negativi verso la N atura possono far nascere qualche dubbio sull’affermazione del filosofo francese.
Senza arrivare alla speculazione dei “venditori di cemento”, all’alterazione dell’ecosistema per l’inquinamento e la crescita senza controllo («… un’isteria di proliferazione che ricorda quella del cancro -affermò Yves Cousteau, già nel 1970»), possiamo affermare che il riguardo verso il mondo vivente è fondamentale, il rispetto del paesaggio,
dell’ambiente (e gli alberi dell’Annunziata fanno parte del “nostro” ambiente) permette di vivere meglio e di migliorare anche i rapporti sociali, sui quali si basa il vivere civile. Tornare alla natura “primitiva” è impossibile, rispettarla è però possibile. Con la collaborazione di tutti, a cominciare da chi deve (dovrebbe) dare l’esempio.

Segnali stradali attaccati coi chiodi Lo sfregio agli alberi dell’Annunziata

Alberi sfregiati all’Annunziata «Insensibilità ed ignoranza»


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