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Riassetto della Sanità picena,
Viola Rossi (Cgil):
«Occasione per migliorare»

ASCOLI - La sindacalista mette in evidenza unti critici, come la concorrenza delle strutture private convenzionate e la ripartizione dei fondi che non tiene conto della mobilità attiva. Ecco le sue dichiarazioni complete
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Continua a far discutere il riassetto della Sanità picena, annunciato dalla Giunta Regionale e confermata dell’Assessore Saltamartini con un nuovo piano socio sanitario.

«Può essere un’occasione per migliorare molti punti che risultano contraddittori o che spesso non hanno trovato applicazione nella concreta gestione locale» è il commento di Viola Rossi, segretaria generale della Cgil di Ascoli, funzione pubblica. 

«Abbiamo bisogno di un Piano socio Sanitario regionale che, da un lato, sappia conciliare la visione complessiva del settore e, dall’altro, evidenziare i diversi bisogni specifici dei territori.

Tuttavia gli obiettivi debbono essere chiari, raggiungibili e soprattutto sufficientemente finanziati.

La normativa pone infatti come prioritari alcuni obiettivi da raggiungere, ma il  Piceno (e questo la Fp Cgil lo lamenta da tempo) è l’esempio emblematico di come il piano abbia fallito a causa di scelte politiche in netto contrasto con quanto previsto dal piano stesso».

Tra gli esempi che la sindacalista propone, la «spropositata concorrenza» della Sanità privata: «Il 60% delle strutture private accreditare nelle Marche si trova nella provincia di Ascoli». 

Finanziamenti sottodimensionato rispetto alla popolazione che usufruisce dei servizi, e che quindi non tiene conto della mobilità attiva, è un altro punto critico per la Cgil: «Le Aree Vaste vengono infatti finanziate in base alla popolazione residente (in Area Vasta 5 ci sono circa 211.000 abitanti), tuttavia questo meccanismo di distribuzione delle risorse non tiene minimamente conto del fatto che, in quanto territorio di confine, il Piceno dovrebbe ricevere finanziamenti molto più sostanziosi per via della mobilità attiva. Gli utenti che si curano nei nostri ospedali e nelle nostre strutture pubbliche, infatti,  risultano essere infatti molti di più rispetto ai residenti. 

Basti pensare al numero di cittadini che dal vicino Abruzzo scelgono di usufruire dei nostri servizi.

E questo genera un’entrata economica che non rimane nell’Area Vasta che l’ha prodotta, ma finisce direttamente nelle casse di Asur Marche che poi ridistribuisce le risorse secondo un sistema di compensazione e andando quindi a coprire le mobilità passive prodotte dalle altre Aree Vaste».

Gli investimenti tecnologici sono fermi da anni. «E’ necessario reinvestire in nuove strumentazioni, soprattutto in Risonanza magnetica e Tac che, nella Radiologia ospedaliera di San Benedetto, non sono più sufficienti rispetto alla domanda e con la loro veneranda età sono spesso ferme per guasto».

I fondi contrattuali sono del tutto iniqui poiché, a parità di personale, i nostri lavoratori percepiscono produttività nettamente inferiori rispetto alle altre Aree Vaste della Regione. «La premialità Covid, inoltre, è stata e continua ad essere sintomo di quanto poco siano realmente considerati i nostri operatori sanitari».

«Sebbene nel Piano Socio Sanitario si raccomandino “investimenti e rafforzamento della Sanità Pubblica dei distretti”continua Viola Rossiin realtà in Area Vasta 5 si fa l’esatto opposto: l’esternalizzazione al privato dei servizi è ormai la norma basti pensare non solo ai servizi tecnici di supporto (elettricisti, muratori), ma anche e soprattutto all’Adi ed al numero di posti letto per lungo degenze, cronicità e riabilitazione che vengono affidati in convenzione alle molteplici strutture private convenzionate.

 Le tanto decantate Case della Salute sono rimaste un miraggio: resistono ancora solo alcune – già esistenti – Rsa (Montefiore, Ripatransone ed Offida) mentre altre sono già state cedute ai privati (Acquasanta)».

 

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