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La Picenambiente è ancora fuori dal gruppo delle società partecipate

SAN BENEDETTO - La società, per il terzo anno consecutivo, non è stata inclusa nel gruppo di consolidamento delle partecipate comunali. All'orizzonte una nuova frattura fra la maggioranza consiliare, il sindaco e la giunta
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Il vicesindaco Tonino Capriotti, il sindaco Antonio Spazzafumo e il presidente di Picenambiente Rolando Rosetti

 

di Giuseppe Di Marco

 

La Picenambiente non rientra nel perimetro delle società partecipate per il bilancio consolidato del Comune di San Benedetto. Niente di nuovo: la società che una sentenza del Tar Marche ha definito “mista” non fa parte del gruppo da tre anni a questa parte. In realtà qualcosa di nuovo c’è: al governo della città ora c’è il sindaco Antonio Spazzafumo e una giunta che, in buona parte, si è battuta per il controllo pubblico della società.

 

Furono gli assessore Bruno GabrielliTonino Capriotti, che nel 2019 erano consiglieri di minoranza, ad affermare che la Picenambiente era da considerarsi società controllata da Viale De Gasperi. Per la precisione, “società a controllo pubblico rafforzato”, come disse a più riprese il consigliere Giorgio De Vecchis, che per primo portò alla luce il problema. Oggi, gli assessori hanno votato una delibera che di nuovo esclude la società dal perimetro di consolidamento. Dunque viene da chiedersi: cosa è cambiato rispetto alla precedente amministrazione?

 

Negli anni è stata sollevata anche un’altra domanda: cosa cambierebbe con il controllo pubblico? Sulla carta, il Comune potrebbe esigere la realizzazione del piano industriale nel più infimo dettaglio, ottenendo un servizio non migliorato, ma adeguato alle esigenze della città.

 

Durante la precedente amministrazione, la società non venne inclusa perché, a detta del settore bilancio, la partecipazione era inferiore al 20%: in sostanza, un cavillo tecnico impediva all’ente rivierasco di tenere saldamente le redini della partecipata di Contrata Monte Aquilino. Questo, nonostante una sentenza della Corte dei Conti abbia già chiarito, a suo tempo, come una società sia definibile “a controllo pubblico” quando le pubbliche amministrazioni che ne fanno parte dispongono della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria. E’ ovviamente il caso della Picenambiente, la cui compagine privata si attesta al 49%.

 

Ad ogni buon conto il Tar, nel 2019, sancì che la Picenambiente non rientrava in tale classificazione, dato che la maggioranza pubblica, in assemblea, non aveva mai generato “comportamenti concludenti” che attestassero l’effettivo controllo sulla società.

 

La stessa sentenza, comunque, prevedeva che tale controllo sarebbe stato possibile a valle di patti parasociali, cioè impegni presi fra i Comuni soci, che in questo modo avrebbero potuto far valere una posizione preminente. La delibera di giunta va nell’opposta direzione, ma è possibile che il vertice comunale abbia intenzione di promuovere la stipula di tali patti fra i Comuni soci. A quel punto, la Picenambiente diverrebbe a controllo pubblico.

 

Se così non fosse, la questione genererebbe una nuova situazione di fuoco libero in Consiglio comunale, con buona parte della maggioranza – con in testa San Benedetto VivaRivoluzione Civica – pronta a minacciare una seconda, pesantissima sfiducia in assise. O, in alternativa, pronta a chiedere il tanto decantato rimpasto di giunta.


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