di Andrea Pietrzela
Ci sono storie che vale la pena raccontare. Quelle di chi convive con delle difficoltà che in tanti neanche conoscono. Quelle che vengono denunciate ma che, spesso, finiscono per passare inosservate.
È il caso della storia di Federica e di suo figlio, 12 anni, autistico. La denuncia della mamma è apparsa sui social, racchiusa in un commento lasciato sotto un post dell’Ascoli Calcio: «All’amarezza per la sconfitta – aveva scritto dopo il ko casalingo dei bianconeri contro l’Arezzo – si aggiunge la profonda rabbia per il lancio di bombe carta. Se il calcio è veramente di tutti, si dovrebbe considerare la presenza, allo stadio, di persone che vanno in ansia e frustrazione quando accadono scoppi improvvisi. A partire da molti ragazzi e bambini autistici ipersensibili ai rumori».
Il figlio di Federica è un bambino autistico e neurodivergente: il suo cervello elabora le informazioni e interagisce con il mondo in modo diverso rispetto alla norma neurotipica. «Non si tratta di un deficit, ma di una variazione naturale del funzionamento neurologico – spiega la mamma – Semplicemente reagisce in modo diverso di fronte a determinati stimoli». In occasione di Ascoli-Samb e Ascoli-Arezzo, i due erano al “Del Duca” con il marito e papà e con l’altro bambino di 10 anni per seguire la propria squadra del cuore. Ma a malincuore sono dovuti “scappare” dallo stadio prima della fine della partita.

La tribuna “Mazzone” durante Ascoli-Arezzo
LA DENUNCIA – «Non tutti i ragazzini dello spettro autistico hanno lo stesso problema – le parole di Federica – Nel caso di mio figlio, lui fatica ad accettare quello che non riesce ad anticipare, ed ha due grandi fisse: la tromba dell’evacuazione e le bombe. Ne ha vinte tante di paure, ma queste per lui sono molto pesanti. Quando lo scoppio è improvviso, in lui si scatena qualcosa che non può controllare. E le crisi possono sfociare in pianto o in degenerazioni di comportamento. Per quanto proviamo a tenere tutto sotto controllo, è un fenomeno che a volte fa paura anche a me e mio marito».
«E allo stadio, sia durante il derby sia domenica con l’Arezzo, era in crisi, proprio agitato – continua – . Al derby, dopo la quinta bomba di fila, l’ho portato via, nonostante avesse sia le cuffie isolanti che i tappi. Con l’Arezzo siamo tornati, nonostante mio figlio fosse titubante. Ma siamo dovuti andare via a 10 minuti dalla fine. Non sono io che devo preoccuparmi di poter portare mio figlio allo stadio, – denuncia Federica – sono quelle cose illegali che non dovrebbero entrare. Anche perché noi siamo stati perquisiti dalla testa ai piedi, come tanti altri che erano con noi in Tribuna Mazzone». La famiglia allo stadio si trovava nei posti riservati ai disabili, collocati accanto al settore ospiti.

Lo stadio “Del Duca” di Ascoli
BOMBE CARTA – In Italia le bombe carta sono considerate artifici esplosivi: introdurle in un impianto sportivo è vietato per legge (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, normativa sugli stadi, e regolamenti degli eventi sportivi). Portarle con sé o usarle comporta sequestro, denunce penali, Daspo e altre sanzioni. Invece al “Del Duca” sono entrate, in più occasioni e pure in grandi quantità. Nonostante i controlli e le perquisizioni agli ingressi, non si sa in che modo. Segno, in primo luogo, di inciviltà da parte di chi le nasconde, in secondo luogo, di un lampante problema di sicurezza.
La storia di Federica e suo figlio, inoltre, riguarda in realtà molte più persone. Allo stadio infatti si possono infatti vedere tanti bambini, in braccio ai propri genitori, intimoriti dallo scoppio improvviso di ordigni. Che poco hanno a che fare col tifo, che – ripetiamo – non sono consentiti e per i quali la società ospitante spesso si ritrova a pagare sanzioni. Botti che turbano non solo F., che rappresenta forse il caso-limite, ma anche tanti altre persone tra cui i più anziani e le persone più fragili.
«Siamo andati anche a vedere la Formula 1, con le cuffie mio figlio è stato benissimo», racconta ancora Federica. Ma il “Del Duca”, a quanto pare, purtroppo resta off-limits.
«Che ci siano persone disabili costrette a lasciare lo stadio per l’idiozia di qualcuno è ingiusto e inaccettabile – concludeva la mamma sui social – Che la passione di alcune persone, nel caso specifico di persone neurodivergenti (ma comunque persone con gli stessi diritti, anche quello ad andare allo stadio), venga limitata dall’inciviltà di altri, è un fallimento sociale».
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