Vallata del Tronto, quale sviluppo?
Il nostro compito è rispettare

CONTINUA IL DIBATTITO sullo stato della valle che da Ascoli arriva al mare, dopo anni di oblio e prospettive disattese. L'intervento di Angelo Cerasa, da sempre impegnato a salvaguardare il paesaggio con l'associazione "Ermo Colle"
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di Angelo Cerasa*

Negli ultimi 15 anni, se si fa un confronto con i censimenti agricoli del 1990 e del 2005, si scopre che in Italia sono spariti più di 3 milioni di ettari di superfici libere da costruzioni e infrastrutture, un’area più grande del Lazio e Abruzzo messi insieme. Poco meno di 2 milioni di ettari erano superficie agrarie. Nessuno sembra inorridire.

Angelo Cerasa

C’e una mentalità diffusa secondo la quale se non si costruisce non c’è progresso economico, sviluppo. Dimenticando che il territorio è parte di noi, e dentro di noi, deturparlo ci porta di conseguenza ad un abbrutimento sociale e culturale. Dal 1950 ad oggi abbiamo perso il 40% dei territori liberi del nostro paese, negli ultimi anni il consumo medio annuo è addirittura cresciuto rispetto agli altri anni passati, quello del boom economico ed edilizio.
Vedete, non ci sono solo gli ecomostri, ma tante piccole costruzioni e urbanizzazioni che urlano la loro arroganza nel deturpare paesaggi e luoghi incantevoli  lungo le valli, colline, coste e montagne del nostro paese, con la benedizione di politici e uomini senza scrupoli. Ancora oggi troviamo amministrazioni che realizzano piani di urbanizzazione senza rispetto del paesaggio, del territorio, ma solo speculativi, e purtroppo notiamo spesso all’interno delle amministrazioni soggetti con evidenti interessi nell’edilizia. Il più delle volte c’è una mancanza totale di interesse verso la tutela del nostro ambiente.

Il corso del Tronto nella bassa valle

La Valle del Tronto: che è terra  di confine, tra il Tronto e le sue colline, ancora marchigiana ma già un po’ abruzzese per la risoluta durezza  mutuata dalla vita dei monti. Una civiltà contadina e mezzadrile che sapeva lavorarla e metterla a frutto con un legame stretto di rispetto con l’ambiente. Un passato forse più sofferto e travagliato, ma certamente più semplice e schietto. Poi arriva la grande trasformazione: via tutti dalla terra e tutti nelle fabbriche. Viene costruito tra il 1950 e 1960 l’impianto di irrigazione  del Consorzio di Bonifica, potenzialmente in grado di trasformare tutta la Valle del Tronto (successivamente anche la parte collinare), già di per sè fertile, in terreno ricchissimo e adatto ad ogni tipo di coltura. A fronte di questo grande evento, pochi anni dopo, nel 1963, viene fondato il Nucleo industriale della Valle del Tronto.
Con la Cassa del Mezzogiorno arrivano le prime fabbriche  – Manuli e la Cartiera Mondadori-, allettate dagli aiuti statali, slegate e lontane da una cultura del territorio. Per la nostra gente sicuramente qualche soldo più sicuro, ma anche più alienazione, nuovi ritmi. Poi con la costruzione della Superstrada Ascoli Mare che taglia senza pietà i terreni più fertili della valle, c’è un cambiamento epocale, antropologico e repentino al nostro paesaggio e alla nostra cultura, e di conseguenza al nostro vivere.

La Vallata del Tronto

A braccetto con il sogno industriale c’è stato anche quello speculativo delle costruzioni  e urbanizzazioni fatto sempre in spregio al territorio e senza alcuna necessità per i fini abitativi. Ancora terreni sottratti all’agricoltura e alle nostre tradizioni, sempre per un confuso e velleitario desiderio di sviluppo e guadagno facile. E intanto la terra si prende le sue brave vendette: bastano poche gocce e il territorio entra in crisi con allagamenti, smottamenti e frane. Passata la grande ubriacatura e con la fine del sogno dell’illimitato sviluppo, ci ritroviamo con tanti capannoni industriali abbandonati lungo tutta la valle del fiume senza un ricambio imprenditoriale che sappia raccogliere e ricostruire una industria di importazione in crisi irreversibile, palazzi  sparsi per tutto il territorio e un paesaggio totalmente cambiato, devastato e reso sterile.
Si continuerà a parlare di innovazione e sviluppo, ma poi che cosa c’è da sviluppare o innovare nel nostro paesaggio, nelle nostre campagne, nei centri storici, nelle piazze, nelle nostre tradizioni alimentari ereditate con millenni di sapienza popolare? Che cosa c’è da sviluppare nell’immenso patrimonio artistico che ereditiamo dal passato? Credo nulla, il nostro compito è quello di rispettare questo museo diffuso e riconoscere che l’ambiente, la terra, fanno parte di noi e hanno con l’uomo un unico destino e una reciproca dipendenza.
Si spera comunque che quel poco che è rimasto di saggezza e di sapere della nostra gente legato alla terra non vada disperso, ma  trasferito alle nuove generazioni, utile sicuramente nei tempi più duri della vita.

* ex presidente dell’associazione “Ermo Colle”, che ha combattuto per preservare il paesaggio insieme, tra gli altri, a Tullio Pericoli e Giobbe Covatta

La Valle del Tronto ferita e un grido di dolore da ascoltare

«Valle del Tronto, terra massacrata I politici facciano anziché chiacchierare»


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