Il dottor Giacomo Camplese
di Maria Nerina Galiè
«La guardia medica è destinata a finire se non si cambiano le regole. La conseguenza, scontata, è quella di sovraccaricare ulteriormente i pronto soccorso, che rischiano di esplodere. I medici sono pochi ed il lavoro poco appetibile, così come è organizzato».
A dirlo è il dottor Giacomo Camplese, confermato coordinatore di continuità assistenziale (guardia medica) per la zona montana del Distretto sanitario di Ascoli, quella che comprende le sedi di Paggese di Acquasanta e Comunanza, accorpate da gennaio per mancanza di medici, appunto.
Una misura fortemente contestata dai sindaci dei Sibillini, primo tra tutti Alvaro Cesaroni di Comunanza, che ha ricevuto più di una rassicurazione. Da parte dell’assessore della Regione Marche Filippo Saltamartini e di Massimo Esposito, direttore di Area Vasta 5, incontrato lo scorso lunedì.
L’intento, dei vertici della Sanità regionale e locale, è quello di trovare un sistema per incentivare i medici disposti a coprire la continuità assistenziale a Comunanza, a servizio dei comuni del versante piceno dei Sibillini.
L’ORIGINE, MA NON UNICA CAUSA, DEL PROBLEMA – «Abbiamo iniziato a “perdere pezzi” dall’estate – spiega il dottor Camplese – perché alcuni colleghi hanno preso la condotta per la medicina generale, tra cui io ma sono agli inizi. Altri hanno raggiunto un massimale tale da non poter mantenere la continuità assistenziale, altri sono entrati in specializzazione, i cui posti sono aumenti fino a coprire interamente le richieste. Le borse per le specializzazioni prima erano circa 10.000 in Italia, per 18.000 richieste. Ed ecco che nell’attesa, i giovani medici prestavano servizio sul territorio. Quest’anno le borse c’erano per tutti».
Parlando di numeri, il dottor Camplese spiega che da 7 medici, 3 per Comunanza e 4 per Paggese, ora sono rimasti in 4 su due sedi. A marzo saranno 3 e «probabilmente non sarà possibile coprire tutti i turni Comunanza».
Adesso la guardia medica di Comunanza, attivata poco dopo il sisma del 2017 per coprire la notte, i festivi ed i pre festivi, non ha più il notturno, ma solo dalle 8 alle 20 nei giorni in cui non lavorano i medici di medicina generale. A Paggese il servizio non ha subito cambiamenti, mantenendo i notturni, che coprono anche i Sibilllini, ed i pre festivi e festivi.
ORGANIZZAZIONE INGESTIBILE – «Per 5 mesi – ricorda Giacomo Camplese – abbiamo lavorato senza tregua, anche avvalendoci della collaborazione di altri colleghi e amici. Io stesso ho fatto da venerdì sera a lunedì mattina di fila, a Comunanza. Abbiamo tenuto duro perché pensavamo in nuovi innesti, ma così non è stato. Ecco perché l’accorpamento». Che tuttavia non ha risolto il problema. «Il 15 ed il 22 gennaio a Comunanza il turno è saltato. Non abbiamo trovato nessuno».
Per non parlare poi dei disagi logistici.
«La notte, da Acquasanta, può capitare di dover andare a Montemonaco. A parte le due ore perse per strada, rischiamo di non poter rispondere subito alla chiamata per Trisungo».
Due domande al dottor Camplese, che vive dall’interno le criticità che hanno portato a questa situazione: il servizio a Paggese e Comunanza è davvero necessario, secondo lei? Poi: gli incentivi possono fare la differenza?
GUARDIA MEDICA, VALVOLA DI SFOGO PER I PRONTO SOCCORSO – «Rispetto ad Ascoli, dove pure ho lavorato, soprattutto la notte arrivano pochissime chiamate. Nella sede del Luciani, ricordo che da solo, e lì si è in due, un giorno di Sant’Emidio ho fatto 40 accessi. A Offida anche è un gran via vai. Però, ad esempio, ci chiamano per una valutazione per decidere se mandare o meno l’ambulanza. In questo caso possiamo evitare il viaggio al mezzo di soccorso. Noi facciamo costatazioni di decesso, qualcuno deve farlo e partire da Ascoli altrimenti. D’estate, la domenica, ho messo tantissimi punti agli escursionisti, che diversamente sarebbero dovuti andare al pronto soccorso. Prendiamo il caso della sede di guardia medica di Monticelli: ora la notte è chiusa, ma è utilissima per decongestionare il pronto soccorso del “Mazzoni” dai codici bianchi o verdi. Lo è ancora di più nelle zone impervie».
LA QUESTIONE ECONOMICA – Sull’aspetto economico, il dottor Camplese ha molto da dire, ma non necessariamente riferito soltanto alla copertura nell’area montana, dove quello che manca, di certo, è un numero maggiore di persone per coprire due territori così distanti, seppure non eccessivamente impegnativi presi singolarmente.
Intanto, il Covid ci ha messo del suo, assorbendo ulteriori risorse umane, nelle Usca ad esempio, molto meglio pagate: «Per la continuità assistenziale il compenso è pari a 23 euro l’ora. Per essere nelle Unità speciali si prendono 40 euro l’ora. La scelta è piuttosto facile», afferma il coordinatore di continuità assistenziale.
Quindi pochi medici, che possono scegliere luogo e condizioni più favorevoli.
«Sì, ed anche di andare fuori regione. Nel vicino Abruzzo, per citarne una, dove per i “super festivi”, come Natale, Capodanno e Pasqua, pagano 80 euro l’ora contro i 50 nelle Marche. E ci sono le prestazioni incentivanti. Viene riconosciuto il “surplus orario”, che consiste nel riconoscere l’eccedenza di ore in modo diverso».
La casa circondariale di Marino del Tronto
IL CARCERE DEL MARINO – Trattamento economico, ma anche pochi riconoscimenti, come per il servizio a Carcere del Marino, ad Ascoli.
«Il compenso orario – è sempre il dottor Camplese che parla – è addirittura di qualche euro inferiore ai 23 l’ora per la guardia medica. Inoltre non sono riconosciutile indennità di rischio, e ce ne sono, né i “super festivi”. Io stesso sono stato vittima di un episodio di violenza nella primavera scorsa. Lì occorrono 7 medici per coprire tutti i turni. Anche gli infermieri sono sul piede di guerra per il trattamento inadeguato».
Quindi, sì, carenza di medici, ma anche per condizioni molto poco appetibili per questi ragazzi che si costruiscono un futuro, dopo anni di studio, dividendosi tra due o tre lavori, medicina generale fino a che non si raggiunge la capienza, ed intanto Usca e guardie mediche, tutto insieme. Mentre gli ospedali, ugualmente, soffrono perché mancano professionisti in ogni reparto.
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