di Maria Nerina Galiè
Rinvio a giudizio per sindaco e sacerdote: questa la decisione della Procura della Repubblica di Ascoli a seguito delle indagini sulle cause della pericolosa fuga di monossido di carbonio nell’asilo di Comunanza, il 7 gennaio del 2021.
Quel giorno, al rientro a scuola dopo le vacanze di Natale, il malfunzionamento della caldaia ha messo in circolazione il monossido, provocando malori tra insegnanti e piccoli alunni (sotto i link degli articoli inerenti).
Teatro della tragedia sfiorata sono stati i locali dell’ex “Oda”, di proprietà della Confraternita del Santissimo Sacramento di Comunanza, e dove all’epoca era stata trasferita in via provvisoria la scuola statale dell’Infanzia, il cui edificio era in ristrutturazione.
Secondo il procuratore capo Umberto Monti, firmatario del decreto di rinvio a giudizio, in capo al primo cittadino Alvaro Cesaroni e on Luca Rammella, legale rappresentante della Confraternita, ci sono i presupposti per contestare loro una condotta improntata all’imprudenza, all’imperizia e alla negligenza, nell’autorizzare l’utilizzo della struttura di Via Pascali incrocio Via Mazzini come scuola materna.
Accuse gravi, motivate dal fatto che il sindaco non avrebbe dovuto – sempre secondo la Procura – riconoscere l’ex Oda idonea all’uso, poiché non era in possesso dei certificati di conformità dell’impianto termico. Monti ricorda anche l’allarme dato nel novembre precedente, sempre per un forte odore di gas.
I Vigili del fuoco, pure intervenuti avevano rilevato l’ostruzione della canna fumaria e la conseguente emissione di monossido.
A seguito di quell’episodio, nonostante ripetute sollecitazioni da parte della dirigente scolastica, nulla era stato fatto per la messa a norma. Stesse “colpe” da parte del sacerdote che, non avrebbe dovuto concedere in locazione un immobile, tantomeno per essere utilizzato come scuola, prima di avere in mano le necessarie certificazioni impiantistiche, che pure si era adoperato ad ottenere incaricando un tecnico.
Sono state 38 le famiglie che, assistite dall’avvocato Olindo Dionisi, chiedevano di fare luce sull’episodio, senza puntare il dito su nessuno.
«Non vogliamo accusare nessuno – erano state le parole dell’avvocato Dionisi, a nome dei genitori dei 38 bambini, a ridosso dei fatti – né mettere in discussione l’operato degli inquirenti. Ma si deve andare fino in fondo».
«I genitori miei assistiti – il commento del legale alla luce della decisione di Monti – sono ovviamente contenti che le indagini siano andate avanti e che ci sia un processo per accertare cosa sia realmente accaduto.
E’ loro interesse andare fino in fondo in questa vicenda per capire le cause e le eventuali responsabilità degli imputati (individuati dalla Procura, avendo noi sporto querela contro ignoti) per i gravi fatti accaduti, che non possono certo essere sminuiti solo perché nessun bambino ha perso la vita, anche perché ciò è avvenuto grazie alla prontezza di alcune maestre che si accorsero dei malori di alcuni bambini e diedero l’allarme facendoli uscire tutti».
Il fascicolo era stato aperto nell’imminenza del fatto. Due giorni dopo, era quindi il 9 gennaio, i Carabinieri della locale Stazione hanno eseguito il sequestro l’ex Oda, accogliendo la richiesta del legale nella denuncia querela presentata allo scopo di impedire a persone diverse dagli inquirenti di entrare nello stabile.
Umberto Monti aveva avocato a se il caso, prima nelle mani del sostituto Ernesto Napolillo, chiedendo al Gip una proroga per approfondire gli accertamenti, al termine dei quali ha formulato una ipotesi accusatoria e individuato gli indagati.
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