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Torna anche il Carnevale degli Zanni (Video e foto)

DOPO due anni di stop a causa della pandemia torna, a Pozza e Umito, sabato prossimo, anche lo storico Carnevale degli Zanni.  Una tradizione millenaria custodita con orgoglio dagli abitanti delle due frazioni dell’Acquasantano che vanta caratteristiche uniche. Sabato scorso a Pescorocchiano, in provincia di Rieti, c’è stato il gemellaggio con la omonima compagnia locale del Cicolano. Nell’anno della rinascita presentato anche l’inno composto da Silvano Lupacchini 
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di Walter Luzi

 

Gli Zanni tornano a Pozza e Umito. Il primo Carnevale del dopo pandemia si riaccende anche fra i monti della Laga. Storico anch’esso. Come quelli di Ascoli, Offida e Castignano. Pressochè unico nel suo genere, dalle lontanissime origini, mai precisamente individuate, che gli conferiscono mistero e fascino ancora maggiori. Una tradizione che, attraverso i secoli, complice anche l’isolamento oro-geografico di Pozza e Umito, i suoi abitanti hanno saputo, gelosamente e orgogliosamente, custodire e tramandare. Sabato scorso, ad una settimana esatta dalla prima uscita post-covid c’è stato il prologo. A Pescorocchiano, nel reatino, si è vissuto il simpatico gemellaggio degli acquasantani con l’omonima compagnia degli Zanni del Cicolano.

 

Perchè  la maschera degli Zanni, come abbiamo già detto, viene da molto lontano. E diverse sono le correnti di pensiero sulle sue radici. C’è chi le colloca nel teatro comico dell’antica Roma, chi nella Commedia dell’Arte nel XV secolo. Chi vuole le ben più famose maschere del Carnevale, Arlecchino, Brighella e Pulcinella, come dirette discendenti di quella di Zanni. Un nome che altri invece vorrebbero mutato da Zuan (Gianni), nome molto diffuso fra i contadini del Triveneto, ed importato dalle nostre parti dagli scalpellini del nord Italia scesi nell’ascolano a fare scorta di travertino. Ma la versione più accreditata è forse quella che fa risalire le origini del Carnevale degli Zanni direttamente alle cerimonie propiziatrici dei “carmina arvalia”, che risalgono addirittura al primo regno di Roma sotto Romolo. Riti pagani dedicati al culto di Dia, dea della Natura e della fertilità della terra, dai monaci Arvali.

 

Nel Carnevale degli Zanni di Pozza e Umito il Bene e il Male si fronteggiano. Il primo, nei panni di una guardia, tenta, a stento, di tenerlo a bada. Il secondo, incarnato da un diavolo con tanto di forcone, non cela la sua malvagità. Una contrapposizione classica, ricorrente, e sempre attuale. Il Bene e il Male sempre presenti nelle vite di ciascuno di noi. Nel Carnevale degli Zanni troviamo la forza di andare avanti e di credere, che è più di sperare, nel futuro. Come quella della coppia di sposi, che sta a significare felicità, fertilità, pace, famiglia, prosperità, amore, inteso anche come universale, e auspicio di abbondanti raccolti.

 

I costumi tradizionali degli Zanni sono vivaci e solenni. Guanti e calzettoni bianchi, lo scialle frangiato sulle spalle deve essere inteso come uno stendardo di famiglia, che viene passato di padre in figlio da generazioni. Il suonatore di organetto, con quello di tamburello, sono le figure-guida più festose e coinvolgenti del colorato e rumoroso corteo. Fanno allegria e invitano alla danza collettiva. Una via di mezzo fra il saltarello marchigiano e il giro in tondo, abbracciati, dei monaci Arvali per difendere le terre dal maligno e propiziare abbondanti le messi.

 

Sabato, alle ore 13,30, la piccola e chiassosa comitiva dei figuranti muoverà dall’agriturismo Laga Nord di Umito verso la vicina Pozza. Lungo la rotabile che quassù è arrivata solo negli anni Trenta. Che taglia i boschi silenti  e tocca il sacrario partigiano internazionale, dove riposano i martiri della guerra di Resistenza. Su questi monti la più sanguinosa della regione. Unica tappa prevista lungo il cammino, come tradizione appunto, al camposanto, per omaggiare i figuranti che non ci sono più. A Pozza, come ad Umito, tavole all’aperto, riccamente imbandite, attendono il passaggio delle storiche maschere e pubblico che le accompagna. Vino e ravioli, ovviamente fatti con le rinomate castagne di questi boschi, per tutti.

 

E’ il momento della condivisione del cibo, usuale nella antica e moderna Comunanza, depositaria dello spirito unitario e solidale, della comune identità e delle tradizioni del passato. In origine il copricapo a cono dei giovani Zanni era solennemente bianco, come quello che indossano ancora i figuranti della neo gemellata Pescorocchiano. Su di esso i giovani in cerca di moglie disegnavano una sorta di identikit della loro donna ideale, e lungo il percorso le giovani aspiranti al ruolo di maritate vi apponevano un fiocco colorato per dichiarare la propria disponibilità. Oggi i copricapo degli Zanni di Pozza e Umito ne hanno centinaia, multicolori, che li rendono caratteristici, forse unici. I nuovi sacerdoti pagani stringono in mano la staiola.

 

Non è una spada, anche se la forma può ingannare, non è un’arma per offendere, fatta di acciaio per uccidere. La staiola è di legno. E’ solo un pacifico, antichissimo, strumento di misura dei sacerdoti vigilanti sui confini dei terreni agricoli. Atto a comporre contese, ad evitare liti. Un pezzo di legno con tacche intagliate impreziosito dai motivi, pitturati o intagliati con altri tipi di legno di diverso colore incastonati sulle due facce. Sono i simboli del Bene e del Male che si fronteggiano ancora. Che ritornano. Eterni. Come il carnevale degli Zanni di Pozza e Umito. Che da quest’anno, si auspica, di rinascita, ha anche il proprio inno. Lo ha composto Silvano Lupacchini. Il ritornello recita: …noi siam gli Zanni, forti e fieri, antiche maschere di Montacuto, coi nostri simboli ed i misteri, portiamo pace, gioia ed aiuto….

 


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