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Che il Ballarin non sia una immensa aiuola spartitraffico: San Benedetto va ripensata, il ‘900 è finito

IL RISCHIO è che alla demolizione non segua alcun tipo di programmazione. Bene l'area verde ma occorre pensare anche alla sua gestione e alla sicurezza, eppure l'assenza di modifiche alla viabilità fa temere il peggio. E attenzione al "Museo dello Sport", qui rischia l'insuccesso. Dall'ex Ballarin occorre partire per rimettere mano a funzioni cittadine ormai superate dal tempo
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Demolizione Curva Nord Ballarin

 

di Pier Paolo Flammini

 

Facciamo una sintesi. Perché il “grande vuoto” che per qualche tempo sarà l’ex stadio Ballarin, in fase di demolizione, sta facendo discutere – non poteva essere altrimenti – la città intera, anzi, tantissimi appassionati non solo di calcio, ma anche di San Benedetto (e Grottammare: lo stadio si trova proprio a ridosso del vetusto confine regio, anzi, si può dire che impatta più con il lungomare della Perla dell’Adriatico che con la città di San Benedetto).

 

Lo scriviamo partendo in maniera ordinata, dalla “storia” di come si è arrivati a questa soluzione. Tenendo in mente un punto essenziale: il problema non è la demolizione di ciò che intanto era diventato un rudere via via anche più pericolante, ma il tipo di fruizione di quell’area.

 

DEMOLIZIONE TRIBUNA LATERALE EST – Nel novembre 2018 alcuni calcinacci caduti dall’ex Tribuna Laterale Ovest costrinsero l’Amministrazione Piunti a ordinarne la demolizione per motivi di sicurezza. Le assurde disposizioni della Sovrintendenza regionale – un ente che spesso resta etereo al di sopra della contesa politico-amministrativa e che a volte sembra vigilare sulle pagliuzze mentre tutt’intorno crollano le travi – vincolò però le basi di alcune colonnine di cemento in quanto realizzate già negli anni ’30 e raffiguranti un simbolo del Ventennio (!). Per questo motivo Piunti decise di mantenere l’attuale muro con le colonnine famigerate. Nell’ambito della demolizione, il prato venne nuovamente reso fruibile tanto che nell’estate 2021 si svolsero persino dei concerti.

 

PNRR – Piunti intercettò quasi 2,5 milioni dedicati proprio alla riqualificazione del Ballarin, a cui si aggiunsero 450 mila euro dalla Fondazione Carisap. Nel mezzo ci furono le elezioni. Quei fondi tuttavia, come l’intero Pnrr (sul quale qui non conviene addentrarsi sulle ricadute economiche, finanziarie e democratiche), hanno un vincolo temporale che, se da una parte abbatte i tempi (del tipo: “Prendi i soldi e scappa”) dall’altro non consente valutazioni dettagliate sull’opportunità di certe opere (vedi precedente parentesi). Il Ballarin è tra queste.

 

VINCE SPAZZAFUMO – Con fondi ottenuti e tempistiche definite, il compito di mettere mano al Ballarin, da quasi 40 anni in decadenza, spettò all’Amministrazione Spazzafumo. Bisogna ricordare quella campagna elettorale in relazione al tema Ballarin, che, se non decisivo, ha sicuramente inciso molto. Da un lato il sindaco in carica Piunti propendeva per una riqualificazione che andasse verso il rinnovo di un campo di calcio. Se non proprio il progetto del comitato “Simonato” (chiamiamolo così per semplicità, clicca qui per i dettagli), qualcosa che tendesse a esso. Mentre gli sfidanti, ovvero l’attuale sindaco Spazzafumo, Bottiglieri e Canducci avevano sottoscritto l’impegno a realizzare il progetto del comitato “Marcozzi”, ovvero la realizzazione di un “Parco sul Mare”.

 

Spazzafumo è stato poi eletto sindaco e chi lo ha votato sapeva che il suo impegno andava verso un abbattimento della struttura e una sua nuova funzione. Di più: sicuramente una parte dei consensi li ha presi proprio per questo.

 

PROGETTO CANALI – Stretta tra i tempi brevi imposti dal Pnrr e un intervento comunque critico, l’Amministrazione Spazzafumo ha deciso di appoggiarsi a un nome importante dell’architettura, per attenuare le opinioni contrarie. Guido Canali ha presentato il suo progetto in un Auditorium Tebaldini pieno di ascoltatori nel novembre 2022. L’architetto modenese aveva avuto una intuizione geniale nel pensare di lasciare lo scheletro in cemento armato della Curva Sud come simbolo del ricordo di quel che il Ballarin ha rappresentato, mentre il manto erboso sarebbe diventato un parco. Non si era espresso sul tema della viabilità (e, se non ricordo male, prevedeva anche di mantenere parte del settore distinti come elemento di separazione del parco con la strada ad est) affermando che riguardava qualcosa di successivo alla sua progettazione e che necessitava di una variante urbanistica, ma era d’accordo sul punto che la congiunzione tra parco e spiaggia sarebbe stata opportuna.

 

CANALETTO – Essendo la disponibilità economica insufficiente a promuovere una riqualificazione integrale dello spazio, e il Pnrr incombente coi suoi tempi, il progetto è diventato un “Canaletto”: demolizione, una riqualificazione finché basta, e tra l’altro addio scheletro della Curva in quanto il cemento armato è troppo ammalorato per essere recuperato.

 

SEGRETO – Se il progetto di Canali fu presentato e ne seguì anche un Consiglio Comunale aperto, non si può dire che la stessa pubblicità sia stata data a quello che poi è diventato il progetto esecutivo avviato con la demolizione di questi giorni. Di fatto nessuno sa bene cosa attendersi alla fine di questo intervento. Se consisterà nella sola demolizione e realizzazione di un prato, se ci sarà qualche infrastruttura, alberi piantati, giochi per bambini. Non è un peccato mortale non concludere un progetto per assenza di fondi: l’importante è sapere in che modo intervenire quando i fondi saranno disponibile, meglio prima che poi.

 

San Benedetto ha bisogno di una grande area verde anche erbosa ma libera. Averla sarà sicuramente positivo per tanti cittadini. Ma occorrerà capire anche come gestire questo spazio una volta disponibile.

 

PROBLEMA VIABILITA’ – Quel che è certo è che oltre all’area verde, il principale beneficio dell’idea “Parco sul Mare” era lo spostamento della viabilità tutta ad ovest, per consentire al parco di coniugarsi con la spiaggia. L’idea di stare sull’erba e vedere il proprio bambino correre fino al mare è affascinante soprattutto in una città in cui questa possibilità non c’è. Un’area già frequentabile da famiglie e visitatori già a primavera, magari con un piccolo chioschetto in grado di fungere da punto di incontro ma anche per la gestione dell’area, senza intralcio dei mezzi di trasporto.

 

Invece questo passaggio non è stato compiuto e il rischio che si ha davanti, in assenza di strutture di qualsiasi tipo in quell’area, è di avere per un tempo indefinito una immensa aiuola spartitraffico. E senza un piccolo bar che funga anche da elemento di sorveglianze e pulizia, i costi di gestione rischiano di essere troppo alti. 

 

Pensateci bene: senza lo stadio che senso ha avere una viabilità così confusa, con due sensi di marcia distanti? A questo punto si spera che davvero in quell’area, per ora, non si realizzi nulla di “solido”, in modo che a breve si possa porre rimedio. Se qualche consigliere comunale vorrà prendere una manciata di voti dai residenti di via Morosini, gli si spiegherà che per mitigare gli effetti del traffico esistono molti modi e che il tratto stradale adesso frequentato potrà diventare a uso esclusivo di bici e residenti, suvvia.

 

Alcuni architetti da anni affermano che la direttrice stradale del lungomare sambenedettese deve congiungersi senza ostacoli con quella del lungomare grottammarese. Come dargli torto, alla fine? E come dare un segnale più chiaro che le due città vanno unite, pena il reciproco deperimento?

 

MUSEO DELLO SPORT? Quindi sembra che non ci siano fondi per realizzare alcuna infrastruttura, compreso quella per un ipotetico Museo dello Sport Sambenedettese che, occorre iniziare a dirlo, in quell’area difficilmente avrà futuro. E’ una ipotesi sollevata per attenuare la rabbia dei tifosi per l’abbattimento dello stadio, ma si spera che non si proceda in questo senso. San Benedetto non è Milano o Roma ma una realtà di provincia e può essere orgogliosa di molti risultati (non solo la Samb ma tanti calciatori, i plurimedagliati del pattinaggio, i fratelli Carminucci, ma anche il grottammarese Roscioli nel ciclismo e il monteprandonese Fabbrizzi nel tiro a volo), ma certo un Museo dello Sport andrebbe messo proprio al “Riviera delle Palme”, vicino allo stadio rinnovato, al Palazzetto dello Sport, alla Piscina, al Campo d’Atletica e all’area San Park di Sideralba. Dove si creano eventi sportivi – e magari altri momenti di attrazione per le famiglie e i giovani – ci saranno i presupposti per una certa visibilità. Pensateci prima di creare un contenitore senza visitatori…

 

RIPENSARE LA CITTA’ – Se dopo 40 anni si fatica a identificare un uso congruo di un’area così importante, figuriamoci. L’Amministrazione Comunale sta lentamente pensando a un nuovo piano regolatore, ma i tempi biblici suggeriscono che anche questa volta non se ne caverà nulla. Non è un dramma come potrebbe sembrare: una città dove l’area urbanizzata è quasi interamente occupata e le aree non edificabili sicuramente resteranno in quel modo, non ha molto da programmare come da mondo novecentesco.

 

Ha però molto da riqualificare. In centro ci sono degli impianti sportivi che sono frutto di un tempo ormai superato (Anni ’30), così come l’ubicazione del Campo Europa o dell’Università di Camerino, mentre aree come il Ballarin o il San Park in Brancadoro potrebbero riequilibrare alcune funzioni cittadine e ridisegnare la fruizione della città.

 

Allo stesso tempo, più che un Piano regolatore per San Benedetto servirebbe un Piano regolatore d’area, comprendente Grottammare, Monteprandone e Acquaviva (come minimo). 

 

In uno scacchiere più vasto e davvero urbano, che supera gli antiquati confini amministrativi del 1861, allora la programmazione urbanistica avrebbe davvero un senso per migliorare la vita dei cittadini. Lo scriviamo ma solo per sognare, lo sappiamo, ma che qualcuno ogni tanto lo dica. Partendo dal Ballarin.

 

 


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