Le maestre di una volta / Liliana Cagnetti, da Piagge alla Rocca e ritorno: «Vi racconto la mia scuola»

ASCOLI - Dagli anni della guerra al collegio fino alle prime supplenze nell'entroterra, quando non c'erano strade ci si muoveva a piedi sulle mulattiere. Ventitré anni nell'Acquasantano poi negli anni '80 il "ritorno a casa": «In ogni frazione c'erano scuole e bambini, poi lo spopolamento ha stravolto tutto. Oggi le cose sono cambiate in peggio, manca l'umanità, prima si collaborava di più»
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La maestra Liliana con due ex alunne della scuola di Piagge

 

di Luca Capponi 

 

Ci sono cose che sanno di buono, di vecchi sapori, di sussidiari, di film in bianco e nero. Di gettoni nella cabina telefonica e corse a perdifiato all’aria aperta. Noi, nati prima della rivoluzione digitale, quei sapori ce li ricordiamo bene. Sono gli stessi dei banchi dove ancora c’era il buco destinato a contenere il calamaio, anche se all’epoca l’inchiostro per scrivere con la penna a stilo andava perdendosi, sostituito dalle prime biro. Dove se scrivevi alla lavagna o usavi il cancellino era facile che ti ritrovavi con il bianco del gesso dappertutto, dove si usavano regoli e pallottolieri, e all’intervallo giocavi con le biglie. Ci sono cose che sanno di buono, sì. E tra tutte, le maestre di una volta, di quando eravamo piccoli, lasciano sempre un sapore dolce e delicato.

Scuola di una volta…

 

Le maestre come Liliana Cagnetti, classe 1933, nata ad Ascoli e cresciuta nella frazione di Piagge, luogo da cui è partita nella sua avventura dell’insegnamento. Oggi, complice una lucidità unica e una memoria ancora vivida, ripercorre parte della sua vita, per lo più votata ai bambini delle elementari, alla loro formazione ed alla loro crescita. Centinaia, in anni di carriera, sono passati per le sue lezioni di italiano e matematica.

 

«Sono nata a Piagge anche se non ci ho vissuto sempre. – racconta -. Qui ho frequentato la scuola fino alla quarta elementare, la quinta l’ho fatta ad Ascoli ma persi un anno per via della guerra. Ogni giorno insieme alla mia amica Rina andavamo a scuola a piedi, andata e ritorno, percorrendo la mulattiera ed arrivando fino a Porta Cartara, in qualsiasi condizione meteo. Ricordo una mulattiera piena di gente, bellissima e tenuta bene. La mia maestra di quinta si chiamava Bianca Maria Montagna, una bellissima signora che veniva da fuori ed aveva sposato un ascolano che aveva una grande officina alle Caldaie. Lì mio fratello Ugo andava a imparare il mestiere».

Foto di classe alle Piagge col maestro Enrico

 

Con un po’ di fantasia, quasi fosse la scena di un vecchio film, sembra di vederle, queste piccole grandi donne intente a imperniare la loro vita sul sacrificio e la dedizione, in anni a dir poco difficili. Una lotta dietro l’altra per trovare una strada, in tempi in cui di strade, in tutti i sensi, ce n’erano ben poche.

 

«Le medie le ho frequentate ad Offida, al “Bergalucci”, dove rimasi tre anni – continua Liliana -. Dopo tornai qui per le superiori ed andai ancora in collegio, per quattro anni al “Bambin Gesù” di Ascoli. Dopo il collegio sono andata ad insegnare in una colonia a Borgo di Arquata, poi l’anno successivo ho fatto il concorso magistrale. All’epoca scelsi di insegnare perché amavo stare con i bambini, trovarmi a contatto con loro mi gratificava».

Le immancabili lezioni di flauto

 

Arrivano dunque le prime supplenze che Liliana non rifiuta, ci mancherebbe, anche se raggiungere i paesi del circondario, dove la vita ribolle e dove c’è una scuola quasi ovunque, non è per nulla semplice. Pretare di Arquata, Montegallo, l’Acquasantano e via dicendo, Liliana si rimbocca le maniche e non rinuncia a nulla, facendosi sempre apprezzare per la sua affabilità.

 

«Forse ero troppo buona come maestra», ammette sorridendo, prima di ricordare un’altra data importante della sua vita, il 1957, alla vigilia del boom economico italiano.

 

«È l’anno in cui entrai  di ruolo, nella scuola di Cerqueto di Roccafluvione – prosegue -. Avevo tante sedi da scegliere ma erano tutte scomode e senza strada. Poco dopo, la svolta con la possibilità di lavorare a Rocca di Montecalvo, nel comune di Acquasanta Terme».

Scuole delle Piagge in esterna

 

Scelta decisiva, perché Liliana rimarrà lì per ben 23 anni. Fantascienza a pensarlo ora, in una realtà che parla di spopolamento e montagna che si va svuotando già da prima del fatidico terremoto del 2016, e che prima vedeva pullulare queste realtà di scuole, botteghe, circoli, osterie, serate da trascorrere insieme davanti all’unica tv.

 

«A scuola insieme a me c’erano altre due maestre e tanti bambini soprattutto nei primi tempi – va avanti -. Poi anche lì cominciò la “diaspora”, tra chi emigrava in America o in Canada e chi si spostava verso la città: quando sono andata via non c’era rimasto più nessuno, solo due bambini che andavano a scuola nella vicina Valle Castellana».

 

Nel 1981, dunque, si profila l’atteso ritorno a casa. Liliana fa rientro nella sua Piagge, dove alla fine negli anni ’50 è stata edificata una nuova scuola. Resterà lì fino alla pensione.

 

«La scuola era bella, oserei dire all’avanguardia per quei tempi, c’era molta collaborazione tra insegnanti e genitori, non ricordo dissidi o dissapori, si collaborava tanto, molti genitori si davano da fare per la scuola, tra cui ricordo Faini e Crescenzi – dice ancora Liliana -. Eravamo una decina di maestri, tutti bravissimi, l’orario era a tempo pieno ed ogni cosa funzionava bene dal punto di vista didattico e non solo, c’era anche una cucina per la mensa, io insegnavo italiano o matematica in base alle annate. Avevamo 15/20 bimbi per classe che arrivavano dal paese e dal circondario, da Carpineto e San Pietro ma anche da Ascoli». 

 

Annate che vedono in cattedra maestri storici, che i bimbi chiamano ovviamente solo per nome ed a cui non si può non affezionarsi: Maria Adele, Enrico, Fiorella, Maria Pia, Marisa. E poi Rosina la cuoca e Lisa, che da sola si prendeva cura di quel mondo colorato e vivace, pieno di fiori, fatto anche di attività all’aperto, passeggiate nel bosco, lavori di manualità che a pensarci oggi verrebbero messi all’indice, recite, feste di Carnevale e di fine anno, canti, merende senza stupide tabelle nutrizionali. Senza app o chat dei genitori.

 

Liliana resta lì fino a metà anni novanta, poco prima che anche la scuola di Piagge cedesse al tempo ed alla “diaspora”, chiudendo definitivamente i battenti nel 1995, sancendo di fatto la fine di un’epoca.

La scuola dopo la chiusura

 

«Oggi la scuola è cambiata, molto probabilmente in peggio, anche la figura della maestra era diversa, era un punto di riferimento per le piccole comunità insieme al parroco. Prima c’era più umanità, sì», conclude Liliana.

Durante la recente demolizione, un arcobaleno ha fatto capolino

 

Dopo la chiusura, la mitica scuola di Piagge ha vissuto periodi alterni, ma grazie alla determinazione dei residenti e dei giovani rimasti ha ospitato per anni la sede del circolo. Qui, qualche anno fa, uno degli alunni prediletti, Dario Faini, tenne uno dei suoi ultimi concerti piano e voce, prima di dare il via all’avventura musicale di Dardust che lo avrebbe incoronato a livello mondiale. Una serata magica, soprattutto per chi quegli spazi li ha frequentati e vissuti.

 

Oggi la scuola è stata demolita. Con malinconia, portando via con sé momenti magici. Farà mestamente posto ad una serie di appartamenti. Ma i ragazzi delle Piagge hanno preteso che in quel complesso resti vivo uno spazio per loro, dove conservare i tanti oggetti che hanno ritrovato prima che la gru intervenisse: registri e consigli di classe scritti a mano o a macchina, cartine geografiche, cerchi di legno per la ginnastica, macchine da scrivere e tutta una serie di “reperti” che adesso vengono definiti “d’epoca”. Ma che hanno lasciato a tutti noi, quelli nati prima della rivoluzione digitale, una serie di ricordi indelebili.

 

Feste di Carnevale

 


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