La vicenda di Monte Piselli continua ad alimentare discussioni e fraintendimenti, anche perché negli ultimi mesi nel dibattito pubblico si sono frequentemente sovrapposte le tematiche che hanno originato le varie polemiche. Da una parte c’è il mancato avvio della stagione sciistica 2025-2026, dall’altra il percorso ancora in divenire per la realizzazione del nuovo impianto da San Giacomo alla vetta. Si tratta di questioni distinte, che hanno cause e tempistiche diverse, ma che spesso vengono confuse.
La mancata apertura della stagione invernale non è legata al progetto della futura cabinovia. Il motivo è molto più semplice: l’attuale seggiovia ha esaurito la vita tecnica e l’agenzia Ansfisa aveva richiesto interventi per circa 150mila euro, necessari a concedere una proroga annuale di esercizio che coprisse la stagione ’25/’26.
Poiché nessuno, tra il Cotuge e e gli enti soci, si è reso disponibile a garantire il finanziamento, questi lavori non sono stati realizzati, la proroga non è arrivata e l’impianto non ha potuto riaprire. Mentre altre stazioni dell’Appennino hanno avviato le proprie attività, a Monte Piselli è rimasto tutto fermo.
Diverso è il discorso sul nuovo impianto, per il quale sono già disponibili 12 milioni di euro: 5 milioni dal Contratto istituzionale di sviluppo dedicato al sisma risalente al 2021 e 7 dall’ordinanza commissariale 137 del marzo 2023. L’obiettivo condiviso e dichiarato da Marche e Abruzzo è sempre stato quello di una cabinovia, e non di una nuova seggiovia, sia per ragioni climatiche sia per la volontà di costruire un impianto capace di funzionare tutto l’anno, indipendentemente dall’innevamento. L’idea è quella di una montagna fruibile da famiglie, escursionisti e persone con disabilità, con un utilizzo continuativo che non si limiti ai mesi invernali in cui la neve scarseggia sempre di più.
Il progetto di fattibilità presentato dal Cotuge ha però evidenziato un costo superiore alle risorse disponibili, circa 14 milioni complessivi. Mancano dunque almeno 2 milioni che si è pensato potessero essere coperti tramite un partenariato con i privati.
In questo scenario l’aggiudicatario della gara si farebbe carico della quota mancante, occupandosi del recupero dei due rifugi di San Giacomo e Tre Caciare, e di gestire l’intero comprensorio in concessione per un numero di anni corrispondenti al recupero dell’investimento. L’ipotesi è stata valutata positivamente in un confronto tra il sindaco di Ascoli Fioravanti, il commissario alla Ricostruzione Castelli e Ufficio Speciale Ricostruzione Marche.
Questo indirizzo è stato formulato dopo che è emerso il nodo del soggetto attuatore. Il Cotuge non può infatti avere questo ruolo, perché non rientra tra gli enti previsti dalla normativa che regola l’utilizzo dei fondi della ricostruzione.
La decisione concordata tra Fioravanti e Castelli dovrebbe essere formalizzata da un’ordinanza commissariale da adottare nei prossimi giorni. Dopo la burrascosa riunione dell’assemblea del Cotuge, tuttavia, Castelli ha deciso di inviare ai soci una lettera formale, con la quale ha ricostruito lo stato delle procedure, ricordato la necessità di evitare equivoci e chiesto un incontro dedicato prima dell’adozione dell’ordinanza che dovrà individuare l’ente incaricato a tutti gli effetti.
Proprio le tensioni politiche hanno contribuito a complicare ulteriormente il quadro. Dopo l’assemblea di fine novembre, il presidente del Cotuge Fioravanti ha dichiarato che l’intero progetto andrà ripensato e che a marzo sarà necessario riconvocare i soci per ridefinire la strategia complessiva (leggi qui).
Le sue parole hanno suscitato la reazione del presidente della Provincia di Teramo, Camillo D’Angelo, che ha criticato l’andamento dei lavori precisando che la proposta di Ascoli (progetto entro marzo) era irrealistico, ricevendo a sua volta una replica altrettanto decisa da Fioravanti (leggi qui). Il clima è diventato rapidamente incandescente, al punto da rendere necessario un confronto pubblico annunciato per il 18 dicembre.
Nel frattempo, crescono l’inquietudine e la frustrazione tra maestri di sci e operatori della montagna, preoccupati che l’assenza prolungata di attività sciistica possa compromettere una tradizione radicata e mettere in difficoltà le scuole di sci. In questi giorni sono arrivate richieste esplicite di essere coinvolti nei tavoli decisionali e di poter continuare almeno le attività formative, anche attraverso i mezzi tecnici già presenti in loco.
Oggi la situazione resta sospesa. Non si scia perché l’impianto esistente non ha ricevuto la proroga tecnica; il nuovo impianto dispone di fondi importanti, ma insufficienti; la questione del soggetto attuatore sembra ancora aperta; e il confronto politico tra i principali enti coinvolti rischia di rallentare ulteriormente il percorso. Prossimo appuntamento, l’incontro pubblico del 18 dicembre. Monte Piselli, intanto, resta in attesa di una soluzione che possa restituire continuità alla sua storia e offrire un futuro credibile alla montagna.
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