La rivalità tra Ascoli e San Benedetto, storica, accesa ed (una volta) anche affascinante, quest’anno è tornata a farsi sentire con maggiore intensità, diciamo così. Dando spesso sfogo a episodi spiacevoli, simbolo del vuoto mentale che ci circonda. Dalle scritte offensive che vanno ben oltre lo sfottò agli adesivi inneggianti all’Olocausto, il cattivo gusto è di moda. Da ambo le parti, e senza sconti per nessuno, è bene specificarlo per la milionesima volta.

il derby andato in scena al “Del Duca” di Ascoli (foto Giorgi)
Il doppio derby dopo quarant’anni – prima in campionato e poi in Coppa Italia – ha dunque riacceso un campanilismo che, pur legato al calcio, spesso travalica i confini della sana sfida sportiva. E non sempre con conseguenze leggere.
L’ultima vicenda arriva da Ascoli. Una famiglia – padre, madre e due figli adolescenti – ha deciso, dopo tanti anni, di rinunciare alle vacanze in Riviera. Una decisione maturata in silenzio, con dispiacere, perché da tempo quella casa affittata a Porto d’Ascoli rappresenta un appuntamento fisso: mare, chalet, lungomare, gli amici di sempre sotto lo stesso ombrellone.
«Preferiamo rimanere anonimi – spiega il padre -. Non vogliamo alimentare polemiche, ma semplicemente raccontare perché quest’anno non torneremo».
La motivazione è semplice e complessa allo stesso tempo: la tranquillità dei figli. «Già dalla scorsa estate – racconta – avevamo iniziato a percepire un clima diverso, più pesante. Battutine, atteggiamenti ostili, sguardi in tralice. Niente di clamoroso, sia chiaro, ma abbastanza per farci riflettere. Quando hai due figli adolescenti, non puoi far finta di non vedere».

Il lungomare di San Benedetto
Il padre ricorda alcuni episodi. Un ragazzino apostrofato in spiaggia solo perché indossava dei pantaloncini dell’Ascoli. Un paio di situazioni borderline nate durante partitelle tra coetanei, poi rientrate grazie al buon senso dei presenti.
«Siamo persone tranquille – sottolinea –. Io tifo Ascoli, certo, ma sono ragionevole. Mi è capitato di incontrare ragazzi o famiglie con la tuta della Samb anche nella mia città. Non mi sognerei mai di dire loro qualcosa, figuriamoci aggredire un minorenne. Ma purtroppo non tutti ragionano così».
«Quella – dice – è stata la goccia. Non perché pensiamo che la città sia pericolosa, ci mancherebbe. San Benedetto è magnifica e piena di persone splendide, abbiamo amicizie sincere. Ma tra le tante persone a modo, ce ne sono altre che ti guardano di traverso solo perché sei ascolano. O perché tuo figlio indossa una maglietta bianca e nera. È assurdo, ma succede».
Da qui la decisione di interrompere una tradizione estiva lunga anni. Forse troppo “drastica“? Come, ad esempio, la vecchia storia di famiglie ascolane con seconda casa in Riviera che si portavano anche il pane da casa per non comprare niente a San Benedetto? Roba davvero eccessiva, che però non sembra c’entrare nulla.
«Non è stato difficile scegliere – ammette – ma è stato triste. Era la nostra routine famigliare, la nostra estate. Però le vacanze devono essere un momento di serenità. E se c’è anche solo il dubbio che un figlio si possa trovare nel posto sbagliato al momento sbagliato per la stupidità di qualcuno… beh, allora meglio cambiare aria».
Il padre non cerca il caso, né vuole generalizzare. Anzi, tiene a ribadirlo: «Le persone che fanno certe cose sono poche, da una parte e dall’altra. Non rappresentano nessuno. Ma basta una persona sbagliata per rovinare una giornata, o peggio. E io non voglio correre rischi inutili».
Lu.ca.
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