Gli assessori Monia Vallesi e Donatella Ferretti, Leopoldo Tomassini e Stefano Papetti
di Giorgio Tabani
«La Sibilla resta la maliarda, maga, strega, regina. Amore e Morte, seduzione duplice del mistero “donna”…a illuminare col suo torbido fascino romantico la catena che da lei si chiama dei Sibillini». Così la poetessa Rosa Berti Sabbieti ha definito il mito della Sibilla Appenninica. Proprio questo sarà il tema della mostra itinerante presentata stamane nella sala De Carolis e Ferri di Palazzo dell’Arengo.
“Rivelazioni. Il mito della Sibilla Appenninica” raccoglie le opere dell’artista Leopoldo Tomassini, presente alla conferenza stampa insieme al direttore dei Musei civici Stefano Papetti, all’assessore alla Cultura Donatella Ferretti e all’assessore agli Eventi Monia Vallesi. La prima tappa dell’esposizione sarà l’area archeologica di Palazzo dei Capitani dal 13 al 25 luglio, con l’inaugurazione fissata per sabato 13 alle ore 17. La seconda tappa si avvicinerà, invece, ai luoghi natii della Sibilla in quanto sarà ospitata nella chiesa di San Michele di Montemonaco dal 28 luglio al 4 agosto.
La mostra, ha spiegato Tomassini, si articolerà in quattro momenti, corrispondenti a quattro “rivelazioni”. «La prima è quella della Sibilla, che forza la conoscenza del futuro vincendo il nascondimento a cui l’uomo è condannato». Il secondo momento è invece dedicato al saltimbanco, l’acrobata e giocoliere che si esibisce in pubblico eseguendo numeri fra abilità e magia, nascondendosi dietro la maschera. La terza “rivelazione” ha a che fare con la scoperta del creato e delle sue leggi, perché come diceva Albert Einstein: «Ogni cosa che puoi immaginare, la natura l’ha già creata». La conclusione è infine dedicata alla fede, che dalla crocifissione arriva al momento della resurrezione.
«La Sibilla, nell’antichità classica – ha spiegato la Ferretti – rappresenta fin dal periodo arcaico della Grecia, un particolare tipo di figura femminile virginale che parla quando e dove è ispirata, secondo una “possessione” divina. Si inizierà poi via via ad alludere alla presenza di più sibille: esseri leggendari, mediatrici tra uomo e divinità, spesso sono state concepite come figlie di dei e di ninfe e dee esse stesse, non immortali ma di lunghissima vita».
«Le sibille – ha aggiunto Papetti – rappresentate autonomamente o associate ai profeti, per le loro qualità divinatorie furono interpretate come profetesse dell’avvento di Cristo nel mondo pagano. Le rappresentazioni di singole sibille ebbero fortuna fin dal Medioevo, ma massimamente con l’avvento del Rinascimento. Il fascino di questo mito, così forte nel nostro territorio, arriva fino a Osvaldo Licini e affascina ancora nell’ambito delle varie leggende che comprendono l’Antro della Sibilla o il lago di Pilato».
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