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Desertificazione bancaria
«Colpito soprattutto il cratere
nell’indifferenza generale»

MARCHE - Le segreterie regionali Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca e Unisin lanciano l’allarme: «Intesa ha chiuso 40 sportelli in 8 mesi. Intervengano istituzioni e associazioni di categoria»
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Chiusura di sportelli bancari, soprattutto nelle zone del cratere. Le segreterie regionali Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca e Unisin, esprimono forte preoccupazione in merito all’estensione del fenomeno della cosiddetta desertificazione bancaria nelle Marche e della massiccia chiusura di sportelli operata da Intesa Sanpaolo nella regione Marche, dopo l’acquisizione di Ubi Banca.

«A dicembre  – dicono– si conteranno in questa banca oltre 40 chiusure di sportelli effettuate in soli 8 mesi. Le Marche hanno visto diminuire la rete degli sportelli bancari di un terzo negli ultimi 10 anni passando da 1194 sportelli del 2011 ai 790 presenti al 31dicembre 2020; mentre il numero dei comuni serviti da banche è sceso da 212 a 184. E, prossimamente, il numero potrebbe aumentare (per operazioni in quella banca ed in altre (es. Credit-Agricole/Creval ecc), malgrado la Costituzione tuteli il risparmio e il diritto al credito, così come la Legge abbia da tempo stabilito che le banche svolgono un servizio pubblico essenziale».

I sindacati definiscono sconcertante il fatto che queste scelte non tengano minimamente conto delle distanze intercorrenti tra sportelli e delle difficoltà legate alla viabilità.

«Rammarica  – proseguono – anche il fatto che molte chiusure andranno ad insistere in zone già fortemente provate dal sisma che ha colpito la nostra Regione: la zona del cratere del sisma del 2016 è tra quelle maggiormente interessate dalla riduzione degli sportelli. Purtroppo il prezzo di questa politica di disimpegno sarà pagato dai più fragili e dagli anziani, che incontreranno sempre maggiori difficoltà anche solo per raggiungere un bancomat e che quando riusciranno a recarsi in banca troveranno file sempre più lunghe determinate dalla concentrazione di clienti in pochi punti operativi. Sarà pagato dalla fasce più fragili della popolazione e dal tessuto economico e delle imprese che hanno mostrato forte resilienza nel mantenere vive le attività, contrastando la desertificazione dei territori, con il rischio di rendere più difficoltosa la ripresa».

I sindacati ricordano anche che le banche sono considerate servizio pubblico essenziale. «Può essere reso prioritariamente  – scrivono – con la vicinanza fisica al territorio, specie se maggiormente svantaggiato, senza per questo pregiudicare il programma di evoluzione digitale. Ai disagi subiti dai clienti, si aggiungeranno le inevitabili ripercussioni per i dipendenti che, già profondamente provati da una impegnativa fusione di fatto tutt’altro che superata, vedranno stravolti percorsi professionali e ridursi le opportunità lavorative. Riteniamo che anche la politica regionale e le associazioni di categoria debbano esprimere il proprio dissenso e la propria contrarietà rispetto a certe scelte prese in sedi troppo distanti dal nostro territorio, dalle sue esigenze e dalle sue peculiarità. Nelle Marche, dopo aver assistito all’azzeramento di due realtà profondamente autoctone (Banca Marche e Banca Popolare di Ancona), abbiamo visto scomparire funzioni delle direzioni territoriali e decisionali di Ubi Banca nella pressoché generale indifferenza. Purtroppo dal 12 aprile – data di incorporazione di UBI in Intesa Sanpaolo – ad oggi, tante sono state le criticità vissute dalla clientela e dai dipendenti: auspichiamo che Intesa Sanpaolo, dimostri concretamente il rapporto di attenzione e collaborazione con l’economia locale che, solo a parole, l’acquisizione di Ubi avrebbe dovuto favorire».

 

 

 


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