Frode fiscale internazionale: azienda picena mette in piedi una ragnatela di società, denunciati i due amministratori (Video)

VENTO DALL'EST è l'operazione portata a termine dalla Guardia di Finanza di Ascoli. Le società riconducibili tutte a un unico nucleo familiare del Fermano. Diminuire il carico fiscale nazionale sfruttando legislazioni estere più favorevoli, era l'obiettivo di un noto brand del settore calzaturiero marchigiano. Omessa la presentazione delle dichiarazioni dal 2013 al 2018: un reddito imponibile non dichiarato per oltre 114 milioni di euro e un'imposta evasa di oltre 29 milioni di euro
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La Guardia di Finanza di Ascoli ha scoperto una frode fiscale internazionale messa su da un noto brand del settore calzaturiero marchigiano con l’obiettivo primario di diminuire il carico fiscale nazionale sfruttando le legislazioni estere più favorevoli.

Costituire un’attività economica in Romania allo scopo di canalizzare i flussi commerciali di un’impresa italiana e quindi sottrarre reddito al fisco, è un sistema adottato in particolare dalle medie compagnie che, a differenza dei piccoli artigiani e dei commercianti al minuto, non possono evadere le imposte con sistemi più classici come l’omesso rilascio dello scontrino o della ricevuta.

Il fenomeno della “esterovestizione” societaria nasce dalla prassi, in uso presso numerose realtà imprenditoriali, di collocare una o più società, riconducibili allo stesso soggetto economico, al di fuori del territorio nazionale. Obiettivo usufruire di forme agevolate di tassazione, ma la questione diviene fiscalmente rilevante nell’ipotesi, piuttosto frequente, in cui la ditta costituita all’estero sia di fatto amministrata in Italia.

“Vento dall’Est” è il nome dell’operazione delle Fiamme Gialle, scaturita da una verifica fiscale eseguita nei confronti di una azienda della provincia di Ascoli, che ha scoperchiato una complessa ragnatela di società (anche di diritto rumeno) di fatto amministrate e riconducibili a un nucleo familiare residente in provincia di Fermo, che intrattenevano rapporti commerciali tra loro.

La società che si occupava del ciclo produttivo della calzatura, mediante l’interposizione di una Fondazione non avente scopo di lucro, era stata simulatamente delocalizzata in Romania al solo fine di sfruttare illecitamente i vantaggi derivanti dal minor costo della mano d’opera e della minore tassazione applicata in quello Stato, in violazione delle vigenti norme nazionali e internazionali in materia fiscale.

Grazie a mirate analisi di rischio e all’utilizzo delle nuove tecnologie informatiche per la tracciabilità e il controllo delle transazioni, i finanzieri hanno evidenziato una serie di indizi gravi, precisi e concordanti a comprova del fatto che la società straniera veniva gestita, sotto il profilo contabile, finanziario e decisionale dall’Italia.

Infatti, “l’influenza dominante” sull’azienda rumena si è concretizzata con l’assenza di una propria autonoma struttura decisionale, attraverso la redazione di contratti ad hoc con le imprese italiane e flussi finanziari limitati ad alimentare le strette necessità aziendali nonché con una pianificata emissione di fatture, anche allo scopo di “aggiustare” la situazione economico-patrimoniale della società italiana.

In definitiva, attraverso dei veri e propri “schermi” giuridici, dall’Italia veniva gestita tutta la fabbricazione e la vendita delle calzature da parte della ditta straniera, motivo per cui i redditi conseguiti dovevano essere sottoposti ad imposta in Italia, stato di “direzione” e non, come è accaduto, in quello di “produzione”.

La meticolosa ricostruzione delle operazioni economico-commerciali intercorse tra le imprese coinvolte, ha permesso ai finanzieri di Ascoli di constatare un reddito imponibile non dichiarato per oltre 114 milioni di euro e un’imposta evasa di oltre 29 milioni di euro.

Nel rispetto dei diritti delle persone indagate, da ritenersi presunti innocenti in considerazione dell’attuale fase del procedimento (indagini preliminari) fino ad un definitivo accertamento di colpevolezza con sentenza irrevocabile ed al fine di assicurare il diritto di cronaca costituzionalmente garantito, sono stati denunciati alla Procura della Repubblica i due amministratori di fatto per omessa presentazione delle dichiarazioni dal 2013 al 2018. Reato che prevede una pena da due a cinque anni.


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