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Covid-19, infamie e paradossi:
la gogna mediatica
fa più danni del virus

LA PRIMA EMERGENZA sanitaria mondiale della Storia, che sta sconvolgendo le nostre vite, non porta solo lutti e angosce. Riempie giorni, giornali, televisioni e web anche di nefandezze e contraddizioni. La vicenda del figlio untore additato da molti organi di informazione come responsabile unico e certo della morte dell'anziano padre
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di Walter Luzi

Coronavirus, infamie e paradossi. La prima emergenza sanitaria mondiale della Storia, che sta sconvolgendo le nostre vite, non porta solo lutti e angosce. Riempie giorni, giornali, televisioni e web anche di nefandezze e contraddizioni. La gogna mediatica è in funzione h 24, gli osannati social si rivelano (o confermano?) autentica piaga sociale.

I molti, troppi intransigenti e spietati censori post-compulsivi dovrebbero riflettere a lungo sulla vicenda del figlio untore additato da molti organi di informazione come responsabile unico e certo della morte dell’anziano padre. Una storia emblematica. Un contagio cinico, irresponsabile, colpevole, si sostiene convinti fin dal primo momento, il suo. I social diventano armi di distruzione di reputazione, moltiplicatori di infamia. Rispetto ad altre epoche, ricche anch’esse di paure ed ignoranza, l’unica differenza è che oggi non si può più utilizzare il rogo. Che peccato, andrebbe reintrodotto. Ma stampa e rete è come se lo avessero già legato al palo il malcapitato, e subito dopo dato fuoco alla pira, nell’eccitazione generale.
Solo che, si scopre oggi, il mostro sbattuto in prima pagina, il vile untore prontamente arso vivo da web e giornali, sia negativo al tampone. Non solo. Amava straordinariamente, insieme al fratello, quell’anziano e sofferente padre, accudito con troppo amore. Un dolore immenso quella perdita, a cui si sommano rabbia e sdegno per l’ingiusta, infamante lapidazione mediatica patita. Ne uccide più la psicosi collettiva del virus. Ma basta un clic, e la frettolosa esecuzione sommaria è già finita nel cestino. Resettata. Sotto a chi tocca.

Il personale sanitario al lavoro senza tregua

C’è l’anziano prontamente rispedito a casa dalle forze dell’ordine che, pensa l’incoscienza, era uscito per innaffiare il suo orticello, in perfetta, beata e invidiabile solitudine, in campagna. Dategli l’ergastolo a quel criminale, tuona all’unisono il web. Mentre a Milano, dove si muore davvero, le poche carrozze della metropolitana si affollano come sempre, perchè chi è costretto ad andarci al lavoro si vede, per una formidabile genialata burocratica, ridurre le corse. Siamo così. Funziona così. Nessun premio per gli onesti, nessuna punizione vera per i veri colpevoli. Che futuro possiamo aspettarci. In Lombardia il principale veicolo di contagio potrebbe essere stato lo smog. Altro che untori. Ai quali la caccia mediatica è sempre aperta.

Il cretino che continua a fare jogging spaventa più della inquietante e vergognosa carenza di mascherine e respiratori negli ospedali. Non siamo pronti ad un emergenza di questo tipo. Si sapeva. Ma saremo pronti mai, se non si torna a destinare risorse economiche ed umane adeguate alla sanità pubblica? Vorremmo saperlo. Vorremmo essere informati. Correttamente. Non terrorizzati dalla mattina alla sera. Giornali e tv cavalcano invece la grande onda ansiogena. Se la brutta notizia oggi non c’è, dobbiamo trovarne una. La buona notizia, quella incoraggiante, non tira, almeno per ora. Il sensazionalismo sadomaso impera nelle redazioni.

Il primo paziente estubato delle Marche

Mettiamo allora l’altro disco preferito dal pubblico bue. L’idolo che ama così tanto. Alla pari dell’uomo forte solo al comando, il martire. Parliamo degli eroi del momento: medici e infermieri. I vigili del fuoco quest’anno non vanno più di moda. E chi se li ricorda più, con i loro soliti, noiosi e irrisolti problemi. Stipendi da facchini e organici ridotti all’osso. Se ne riparlerà, sicuro, ma alla prossima catastrofe. Ora glorifichiamo i camici bianchi. Sono quelli che abbiamo dileggiato e insultato nelle corsie, perchè sono cinque minuti che abbiamo suonato il campanello del nostro letto ma ancora non si vede nessuno. Ma ci scordiamo che sono solo in due le infermiere in quel reparto ad assistere trentacinque degenti, rassegnate alla quotidiana emergenza anche senza Covid-19. Sono quelli che abbiamo minacciato e malmenato nei pronto soccorso fino a ieri, perchè ci siamo stufati di aspettare i loro “comodi”. E ci sfugge il particolare che le diagnostiche in funzione sono sempre troppo poche e che il personale scarseggia, solo perchè la politica, tutta la politica, ora tutta dello stesso, uniforme, grigio e insopportabile colore, abbia provveduto lei nell’ultimo ventennio a ridurre la sanità pubblica ai minimi termini incentivando invece, generosamente, quella privata. Medici e infermieri sono anche gli stessi che corriamo a denunciare in Procura per presunti danni, anche minimi, subiti negli ospedali, sosteniamo convinti noi tutti, brillantemente laureati alla Google University, a causa della loro incapacità. Questi macellai. Trascinati nei Tribunali anche quando è stata la fatalità, e non la negligenza, a mortificarne il valore e l’impegno. Ora li applaudiamo dai balconi mentre danno l’anima, spesso, purtroppo, anche nel senso letterale del termine, nei nostri ospedali.
E che fine hanno fatto i sapienti e irriducibili nemici dei vaccini, ora che, piagnucolando, ne imploriamo, alla Scienza, e a Maria Vergine, subito uno che ci salvi dal Coronavirus. Armiamoci e partite è sempre stato il nostro motto preferito. Noi abbiamo già il nostro daffare a restare tappati in casa. Drammaticamente divisi fra il saccheggio del frigo e il cazzeggio su Facebook.

“Restate a casa”, giorno due Arriva il contagio ma si resiste Il sogno: quarantena per i social


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