Restate nelle vostre case. Questo l’invito che da più parti viene fatto ai cittadini di tutta Italia, e non solo. Un invito che può stare stretto a tanti, ma che diventa una vera e propria condanna per chi convive, tra le mura di casa, con la violenza.
«Parliamo della violenza domestica – spiega Patrizia Peroni, capo della Squadra Mobile della Questura di Ascoli ai microfoni di Radio Ascoli – e, a farne le spese, sono spesso le donne. Uno dei risvolti di questa esigenza di stare in casa, in questo momento, può essere che situazioni già difficili prima ora possano esplodere in forme vere e proprie di violenza. Quello che noi stiamo cercando di portare avanti, come Polizia di Stato, è l’essere comunque presenti sul territorio. Quello che ci preoccupa è che assistiamo, purtroppo, ad un minor numero di segnalazioni di violenza domestica: abbiamo meno chiamate al 113 e abbiamo pochissime denunce. In questo momento ci tengo a dire che polizia di stato è sempre aperta al pubblico per questo genere di denunce e che, di fianco alle segnalazioni classiche (telefonica e la denuncia nei nostri uffici), adesso abbiamo un’applicazione che fino a qualche tempo fa veniva utilizzata per i reati inerenti gli stupefacenti e per il bullismo e che, adesso, è stata aperta anche per le segnalazioni di violenza domestica: YouPol. Infatti, ci siamo resi conto di quanto possa essere difficile per una donna riuscire a fare anche una semplice telefonata quando convive sotto lo stesso tetto con un maltrattante; con Youpol le donne schiacciando un tasto possono mettersi in contatto direttamente con le sale operative oppure mandare un messaggio che noi leggiamo comunque nelle sale operative. E da qui, poi, scatta tutta quella rete di sostegno che comunque mettiamo in campo in questi casi».
Scaricabile su tutti i telefoni cellulari, YouPol permette anche di fare segnalazione anonime. «Fondamentale il fatto che le segnalazioni possano essere fatte anche in forma anonima – spiega Patrizia Peroni – perché è importante che anche quei vicini di casa che sentano che nell’abitazione di fianco si sta consumando una violenta lite in famiglia si sentano libero di segnalarlo. Inoltre, è necessario dire che c’è anche la possibilità di geolocalizzarsi; questo consente a quelle donne che vivono in contesti estremamente violenti, al momento della segnalazione, di permettere alla sala operativa, quindi alla pattuglia, di rintracciare più agevolmente dove sia l’abitazione nella si sta consumando questa lite e di intervenire in maniera tempestiva, anche senza la telefonata. Con questa applicazione – conclude – aiutiamo le vittime di violenza di genere ad uscire allo scoperto soprattutto in un momento, come questo nel quale stiamo vivendo, dove tutto sembra avvolto nel silenzio. Un silenzio tra quattro mura dove, però, spesso si consumano queste violenze non solo nei confronti delle donne, ma molto spesso anche nei confronti dei bambini, che a volte assistono e a volte sono vittime dirette di queste violenze. Sollecitiamo tutti ad essere più attenti. Anche i nostri operatori delle sale operative sono stati formati; in questo momento li abbiamo richiamati a una maggiore attenzione anche alle telefonate “nude”, che dobbiamo declinare come richieste di aiuto.».
Dopo la denuncia, scatta una rete a protezione delle vittime. «Dopo la denuncia mettiamo in capo una tutela fatta con una rete interistituzionale – chiarisce la Peroni – insieme ai centri antiviolenza, con la prefettura che fa la cabina di regia, con tutti i presidi che abbiamo sul territorio che in questo momento, probabilmente, sembrano più difficilmente raggiungibili. Ma non ci stiamo attivando, per esempio, anche per trovare delle nuove collocazioni per le vittime di violenza domestica. Ovviamente, noi della Polizia nel momento in cui entriamo in abitazione per intervenire in un caso di violenza domestica mettiamo in campo gli standard operativi di intervento: cerchiamo di isolare i minori e di mettere in sicurezza le donne, facciamo intervenire l’ambulanza se c’è bisogno di aiuto sanitario, dopodiché – conclude – ci attiviamo per collocare queste donne in alcune strutture protette e ci rapportiamo con l’autorità giudiziaria per cercare di trovare gli strumenti giuridici più utili per il contenimento di questa violenza».
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