Non si esclude nessuna pista che possa condurre a trovare chi ha ucciso a sangue freddo Antonio Cianfrone, il 3 giugno mentre passeggiava sulla ciclopedonale di Spinetoli, e perchè.
Tranne una, secondo il penalista ascolano Nazario Agostini, difensore dell’ex vice comandante dei Carabinieri della Stazione di Monsampolo, dopo l’arresto, nel 2015, ed il conseguente allontanamento temporaneo dall’Arma.
«E’ escluso in radice che la tragica fine di Cianfrone sia correlata con quella vicenda giudiziaria», afferma Agostini, aggiungendo: «Si tratta di una “misera cosa”, che Cianfrone stava affrontando con estrema serenità e fiducia nella giustizia».
Linea condivisa dagli investigatori che, fin dalle prime ore successive all’omicidio, hanno tenute ben separate le due vicende.
Il processo è ancora in corso, ma nella prossima udienza che si terrà in autunno si estinguerà per sopraggiunto decesso dell’imputato.
L’arresto, deciso dal Gip del tribunale di Ascoli Giuliana Filippello, risale al maggio del 2015.
Le accuse: concussione, abuso e omissione d’atti d’ufficio.
Che si possono riassumere – tramite le parole dell’avvocato – nell’ipotesi di reato di aver chiuso un occhio, su questione amministrative nei confronti di titolari asiatici di un’attività commerciale, «in cambio di prodotti come 100 litri di olio d’oliva».
La prossima settimana sarà effettuata l’autopsia sul corpo dell’ex carabiniere.
Nel frattempo sul luogo del delitto si stanno rintracciando i bossoli esplosi dalla pistola che lo ha ucciso.
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