Biodigestore in Valdaso,
botta e risposta tra ditta e comitati:
«L’impianto è sicuro»
«Non è vero, faremo ricorso»
(Il video)

FORCE - Confronto radiofonico tra Simone Autuori, amministratore delegato della 4R, e Luigino Sciamanna, presidente dell’Associazione di Tutela e Valorizzazione della Valdaso. Al centro del dibattito l'impianto per il trattamento dei rifiuti umidi da realizzare nella frazione di San Salvatore
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di Andrea Braconi

 

Calma e serietà, da entrambe le parti, per un confronto costruttivo su un tema caldo e profondamente divisivo. Radio FM1 ha ospitato Simone Autuori, amministratore delegato della società 4R, e Luigino Sciamanna, presidente dell’Associazione di Tutela e Valorizzazione della Valdaso, per riaccendere i riflettori sul progetto per la realizzazione di un biodigestore in contrada San Salvatore, nel comune di Force (GUARDA IL VIDEO)

Autuori ha spiegato come si tratti di un impianto industriale necessario alla chiusura del ciclo dei rifiuti, nello specifico riferibile alla parte organica, suddiviso in 2 distinte sezioni: da un lato quella per la produzione di metano, dall’altro di fertilizzante: «Il progetto ha una capacità di 50.000 tonnellate di Forsu. Nelle Marche ne vengono raccolte ogni anno 250.000, quindi hai bisogno di 5 impianti di questa taglia. E questo impianto serve in parte al fabbisogno della regione».

L’amministratore delegato della 4R Simone Autuori

Ma perché proprio a Force, all’interno di una vallata con una ben definita vocazione agricola e turistica?

«In realtà questi impianti servono in tutto il centro Italia -continua-. Quello di Force è il sito che abbiamo ritenuto interessante ed idoneo perché area industriale, quindi già vocata ad ospitare impianti di questa natura. E ha una logistica tutto sommato non sfavorevole, distante dai centri abitati e quindi non troppo antropizzati».

Uno dei criteri di scelta dei siti è quello di zone dove servono, ha precisato. «Non l’abbiamo presentato in Lombardia o Veneto dove ci sono molti impianti, anzi, dove c’è una capacità superiore rispetto alle necessità dei territori -va avanti Autuori-. Sappiamo che l’umido del centro Italia viaggia su camion per andare proprio in questi impianti. Quindi, un sistema di recupero dell’umido serve: ci sono sistemi industriali e non industriali, tra quelli industriali il più avanzato è quello che abbiamo proposto».

Da mesi i cittadini della valle, a partire dall’associazione guidata da Sciamanna, stanno manifestando il loro dissenso e i dubbi sul progetto. «È arrivato come un colpo a ciel sereno sulla vita dell’intera valle, non è stata una cosa calata gradualmente -spiega lo stesso Sciamanna-. In passato abbiamo avuto situazioni identiche con una centrale turbogas ed un’altra a biomasse. Così i cittadini in risposta a questo mancato coinvolgimento hanno manifestato la loro avversità. Il problema dei rifiuti è indubbio, noi non soffriamo della sindrome di Nimby, tante aziende agricole hanno il compostaggio e andare al compostaggio di comunità è un aumentare quello che si sta già facendo».

Ma, per il presidente, questa impiantistica non convince. «Mancano alcuni passaggi: i rifiuti organici vengono sicuramente trattati in questo impianto, ma ancora oggi la tecnologia non ha raggiunto livelli di separazione tali che consentano di avere un prodotto di scarto di qualità. Così, spesso si riscontrano microparticelle di plastiche che finiscono nei terreni». Il cosiddetto digestato, quello cioè che esce dalla parte di digestione anaerobica per finire nel compostaggio.

«Il nostro progetto –ribadisce Autuori – ha avuto il via libera dalla Provincia di Ascoli. Noi abbiamo visto impianti con compost di qualità non eccellente e altri con compost di qualità decisamente superiore, e su quello ci siamo basati. Inoltre, c’è un decreto legge con parametri specifici che va rispettato e così faremo in maniera scrupolosa anche qui. È anche nostro interesse farlo. Inoltre, la tecnologia adottata è visitabile, ma capisco comunque la preoccupazione».

Luigino Sciamanna presidente Comitato Tutela Valdaso

Rassicurazioni che non convincono la cittadinanza. «È un impianto che ha altri aspetti, abbiamo analizzato l’intero progetto e sui 7 previsti nelle Marche questo è il secondo per grandezza dopo quello della Valfoglia, da 105.000 tonnellate –incalza Sciamanna -. E dobbiamo anche dire che sono 50.000 di Forsu più 18.000 di materiale verde, come sfalci di potatura ed altro, che ha una funzione propria all’interno della biodigestione».

A questo si aggiunge la logistica e la scelta del punto più stretto della valle. «Non è una grandissima zona industriale, a poca distanza c’è una ditta agroalimentare e c’è un mulino che macina farina -cofnerma-. Questo impianto di Force, pur molto protetto, ha però un biofiltro che rilascia nell’aria 1.700 metri cubi all’ora di acidi e sostanze comunque irritanti. C’è grande preoccupazione per l’impatto ambientale».

Immediata la risposta della 4R. «Non ho chiesto io quell’area industriale, c’era già –sottolinea Autuori -. Non mi riconosco nella ricostruzione di Sciamanna sugli impatti: il nostro procedimento è stato valutato da tutti gli organi preposti, è stata fatta una valutazione piuttosto approfondita su odori ed esalazioni. Tutto l’impianto lavora in chiusura ermetica ed in depressione, l’obiettivo è far sì che l’aria non esca. Ripeto: la valutazione è stata fatta, i valori di inquinamento sono tutti sotto la normativa e su quei valori saremo assolutamente monitorati».

Uno scorcio della Valdaso

Sciamanna ribadisce come ci siano diversi tecnici, esperti della materia, che hanno manifestato posizioni non favorevoli a questo impianto per l’impatto che può avere. E dentro la diffida presentata dall’associazione, con una perizia giurata è stata richiesta una nuova valutazione ambientale. Una ricostruzione smentita però da Autuori: «La prescrizione non nasce dalla perizia, ma dal fatto che inizialmente Arpam aveva un po’ imposto il software che bisogna utilizzare. Dopo chiarimenti è stata detto che quello utilizzato era idoneo. Noi abbiamo persino proposto la firma di un protocollo per il monitoraggio delle emissioni».

Ma per i cittadini la ricchezza di biodiversità all’interno della valle resta un nodo cruciale. «Questo impianto –prosegue Sciamanna – si potrebbe fare più piccolo o adeguato ad una risposta del territorio. Ma non è un progetto nato dalla partecipazione del territorio e deve esserci sempre un matrimonio per capire se si può andare insieme».

«Ci siamo preoccupati dell’aspetto della procedura amministrativa e non abbiamo curato questo aspetto –ammette Autuori -. Ma siamo gente molto rigorosa e chiedo scusa che non ci sia stata prima una condivisione. Mi farebbe piacere che il dibattito restasse civile e credo che con il tempo si possa capire che il biodigestore sul territorio ci sta bene e che questi impianti nascono in sinergia con l’agricoltura, con un compost che se è di qualità rimane sul territorio».

La zona dove dovrebbe sorgere l’impianto

«Purtroppo non sempre si riesce» ribatte Sciamanna. «La preoccupazione di un compost di qualità allinea i nostri interessi, siamo molto interessati altrimenti questo è un costo da smaltire» è la replica dell’amministratore delegato della ditta.

Altro botta e risposta sulla questione incentivi. Sciamanna ha spiegato come occorra analizzare questi impianti in un lasso di tempo ampio e legato anche agli incentivi che si ricevono dallo Stato, «in questo caso circa 2 milioni di euro all’anno per 10 anni» . «È incentivata la produzione di biometano», conferma Autuori.

«La paura sulla manutenzione dell’impiantistica c’è –riprende la parola Sciamanna, aggiungendo un ulteriore elemento alla discussione – considerato che in alcune situazioni questo passaggio è stato scarso e considerata la presenza di falde acquifere. Qualora l’acqua venisse inquinata metterebbe in difficoltà altre realtà. C’è anche il fiume, che fa funzionare 5 o 6 centrali lungo la valle e che consente di irrigare lungo tutta la sua lunghezza. Se dovessi scegliere, io sceglierei di collocarmi ad una distanza tale da un fiume almeno di un paio di chilometri» .

«Non prendiamo acqua dal fiume, non mettiamo acqua in falda –sentenzia l’ad della 4R -. La prendiamo da pioggia e da autobotti se dovesse servire» .

Ma è possibile arrivare ad una soluzione che metta tutti d’accordo? «Lo auspico, sono sempre disponibile – afferma Autuori -. Le informazioni e le discussioni civili sono qualcosa per cui sarò sempre disponibile» .

«Nel pieno rispetto dell’attività imprenditoriale di un’azienda – conclude Sciamanna – bisogna tenere conto di quello che abbiamo intorno, cioè altri imprenditori che vanno ascoltati e con i quali ci stiamo incamminando verso un ricorso. Se si fosse percorsa un’altra strada sarebbe stato diverso, ma per noi oramai la posizione è presa. Il ricorso non è l’ultimo tentativo, non ci fermeremo perché amiamo la nostra valle. Non dimentichiamo che qui c’è contratto di fiume, con un forte impegno degli agricoltori, e che riguarda anche il turismo» .


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